COCO E LE AFFINITÀ ELETTIVE CON MIYAZAKI

Nel film Pixar il ragionamento sull'oblio sembra provenire dall'universo immaginifico del cineasta giapponese. Al cinema.

Jacopo Barbero, vincitore del Premio Scrivere di Cinema, lunedì 1 gennaio 2018 - Scrivere di Cinema

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Da tempo è noto come tra John Lasseter, dunque la Pixar, e il maestro dell'animazione giapponese Hayao Miyazaki corresse buon sangue. Reciproci ammiratori, hanno sviluppato una proficua e sincera amicizia. E se Totoro compariva in un "cameo" in Toy Story 3 - La grande fuga e in Monsters & Co., il museo Ghibli ospitò nel 2004 proprio una mostra dedicata alla casa di produzione americana. Ma non possiamo fermarci qui perché il legame tra questi due creatori di sogni è viscerale e profondo e tra i loro film ci sono splendide corrispondenze, vere e proprie affinità elettive.
Succedeva in Up, forse il film più miyazakiano della Pixar, che condivideva con le opere del maestro giapponese la dilatazione della narrazione e la tematica della vecchiaia. E in Coco (guarda la video recensione), diciannovesimo lungometraggio targato Pixar, queste corrispondenze vengono nuovamente e ulteriormente esaltate: la riflessione sulla morte e sulla famiglia, il ragionamento sull'oblio sembrano provenire direttamente dall'universo immaginifico di Miyazaki. Ma al di là di un'assonanza in termini tematici, è dal punto di vista visivo che il film ricorda più da vicino i capolavori dell'animatore nipponico, e tra i tanti, in particolare La città incantata.

La scena in cui il giovane protagonista Miguel scopre di trovarsi nel regno dei morti è simile, nello svolgimento e nelle scelte cromatiche, a quella in cui la piccola Chihiro de La città incantata si ritrovava circondata dagli spiriti e gridava di fronte alla mostruosa trasformazione dei genitori in maiali.
Jacopo Barbero, vincitore del Premio Scrivere di Cinema

È una gioia per lo spettatore scoprire tali confluenze, in uno dei film più maturi, ricchi e politici della storia della Pixar. Infine non si può non parlare dei kodama, spiriti che abitano gli alberi in Principessa Mononoke, o degli alebrije, bizzarri spiritelli multicolore messicani del regno dei morti di Coco. Perché è proprio l'ecosistema fantastico, inteso nel suo inarrestabile dinamismo vitale, ad accomunare Ghibli e Pixar. Oggetti, animali, esseri magici, alberi e fiori. Nelle opere di entrambe le case di produzione è come se tutto ciò che nella realtà è inerte o muto volesse palesarsi, muoversi, esprimere i propri sentimenti. Semplicemente, vivere.

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