THE SQUARE, FILM SULL'ARTE CONTEMPORANEA CHE È ESSO STESSO ARTE CONTEMPORANEA

Il film di Ruben Ostlund conosce così bene il proprio oggetto da provare a sfidarlo sul suo terreno. Al cinema.

Roy Menarini, sabato 11 novembre 2017 - Focus

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Terry Notary . Interpreta Oleg nel film di Ruben Östlund The Square.

C'è una dimensione apocalittica nel cinema d'autore europeo di questi anni. Non è un caso che - come negli anni Sessanta di Ferreri e Kubrick - torni la figura della scimmia come simbolo di primordiale esibizione di sé, in un mondo sempre più sospeso tra formalismo ed esplosioni di violenza. In Vi presento Toni Erdmann era proprio il costume da gorilla a riguadagnare papà e figlia all'affetto travolto dallo stress contemporaneo. Mentre in questo The Square il direttore del museo svedese, pronto a far l'amore con la bella giornalista straniera, improvvisamente vede comparire una scimmia, che caracolla per la stanza come se fosse a casa sua. Ma pensiamo anche all'arte contemporanea, gli scimmioni giganti di Damien Hirst nell'ormai celeberrima mostra Treasures from the Wreck, o alle scimmie di Jeff Koons, messe a fianco di celebrità e icone mediatiche. È come se alcuni autori, tra cui Ruben Östlund, tornassero a interrogare direttamente l'uomo e il suo posto nella società, se non nel mondo. O a studiarlo come un animale in cattività, in virtù di una oggettività quasi scientifica che permette la massima efficacia a costo di qualche rischio di freddezza.

Arte contemporanea e cinema d'autore, dunque. Sono due mondi che si parlano? Sono universi osmotici? O non c'entrano nulla l'uno con l'altro? Chissà. Certo è che il mondo delle esposizioni artistiche è sbarcato al cinema ormai da tempo, grazie a quei cosiddetti eventi che stanno salvando le sale cinematografiche nei giorni feriali (e non solo), come dimostra il recente caso di Loving Vincent.
Roy Menarini

The Square parla anche di questo, sebbene possa passare per una lunga e talvolta sfinente satira sulle ipocrisie del mondo dei musei e dell'arte d'élite. In verità, il progetto di Östlund è ben più ampio. Il ragionamento, se dovessimo riassumerlo un po' rozzamente, è questo: l'arte contemporanea è accusata di essere a uso e consumo di pochi, e di non sapersi esprimere universalmente di fronte a una comunità; per superare l'impasse è necessario far uscire le contraddizioni del nostro presente, e a provarci è proprio un film, che conosce così bene il proprio oggetto da provare a sfidarlo sul suo terreno.

In foto una scena del film.
In foto una scena del film.
In foto una scena del film.

Così come Il mio Godard è un film sulla nouvelle vague che diventa un'ipotesi di opera nouvelle vague oggi, anche The Square è un film sull'arte contemporanea che è anche un'ipotesi di arte contemporanea, nello stesso anno in cui anche l'incompreso Mother! di Darren Aronofsky si propone come installazione/performance cinematografica prima ancora che come lungometraggio tradizionale.

Östlund, come in Forza maggiore e nei suoi film precedenti, mostra il meglio di sé quando lavora sulla singola sequenza in forma di gag.
Roy Menarini

Naturalmente non si tratta di momenti comici nel senso tradizionale del termine, bensì di situazione tese e stranianti in cui ciò che accade diventa ridicolo nel contesto in cui accade: il dialogo tra il curatore e la giornalista con i rumori cacofonici di un'opera d'arte audiovisiva sullo sfondo; la cena con il performer che eccede; la conferenza stampa disturbata dallo spettatore con la sindrome di Tourette, e così via.

Ognuno di quei momenti potrebbe essere una piccola installazione surreale a sua volta, e per questo Östlund parla di arte contemporanea facendo un po' di video-arte ironica e intelligente attraverso il suo stesso film. Se questo cinema europeo, che pare aver trovato chiavi interessanti per commentare il presente, riuscirà a trovare anche un pubblico fuori dai festival, potremo parlare di momento davvero creativo per gli autori continentali.

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