A dieci anni dalla scomparsa, allo Spazio Oberdan di Milano un omaggio in sette film al maestro del cinema svedese.
Bengt Ekerot, chi era costui? Davvero non so in quanti risponderebbero a questa domanda, eppure trattasi di uno dei nomi più importanti della storia del cinema.
Una volta partecipavo a un convegno, qualcuno lanciò l'idea di scegliere un fotogramma, uno solo, che rappresentasse tutto il cinema. Di tutti i paesi, di tutte le epoche. Fra le tante proposte alla fine si impose l'immagine del Settimo sigillo in cui Max Von Sidow gioca a scacchi con la morte. Ebbene Ekerot è la morte. Parto dunque da quell'icona, dalla luce contrastata, suggestiva, espressionista, col mare, le nubi incombenti, gli scacchi bianchi e neri, le figure metafisiche dell'umano e del sovrumano. Dunque: Ingmar Bergman uno dei più grandi artisti, al di là del cinema, del novecento.
Bergman è trasversale rispetto a tutte le culture e ai Paesi e non c'è dubbio che sia stato riferimento dei registi più importanti. Insieme a un cartello di maestri che possono essere contati sulla dita di una sola mano. Una citazione: Woody Allen in Manhattan nel suo pronunciamento "vale la pena di vivere per.." cita i film svedesi che non possono che essere quelli di Bergman. Autore, di perfetta cultura nordica protestante, ha raccontato quel dolore, quel mistero e quel sentimento. Dove la felicità era un'opzione praticamente irraggiungibile. Lo svedese, longevo, vorace nella sua ricerca e con un'energia infinita, tutto ha affrontato e raccontato. Per ragioni di spazio sono costretto a sintesi estreme. Parto da due "assoluti", titoli che fanno parte di tutte le classifiche nobili del cinema: Il settimo sigillo è un caposaldo di rappresentazione epica e di calligrafia cinematografica. Il paesaggio, la morte, la storia, le battaglie perdute, il mito, il dubbio su dio, la paura che "dopo" tutto sarà annullato.
Bergman riusciva ad affrontare un tema così serio, quasi pericoloso, ricorrendo a qualche richiamo ironico contrapposto allo stile alto della tragedia, che bene aderisce alla storia, con tanto di ricerca linguistica che richiama la poesia solenne di quel tempo... "il sole percorre il suo alto arco nel cielo e io, Antonius Blok, gioco a scacchi con la morte...". Il posto delle fragole, raccontando il giubileo dell'insigne professor Borg presenta le fondamentali correnti della cultura della prima metà del ventesimo secolo.
Il denominatore della ricerca di Bergman è un'umanità che non trova la propria identità rapportandosi con una società ipocrita e nemica, dunque costretta a un pessimismo che l'artista cerca di compensare col lirismo. Nel procedere della ricerca e degli anni Bergman finisce per sfumare sull'esistenza di dio attraverso il dolore attonito del protagonista che è addirittura un pastore protestante (Luci d'inverno). Nel "Silenzio" il tentativo starebbe nella fuga nel rapporto lesbico e incestuoso, comunque frustrato. Ricerca infinita, del genio svedese.