Il film di Maysaloun Hamoud segna un importante traguardo nel contesto della cinematografia araba. Ma anche di quella israeliana. Dal 6 aprile al cinema.
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Libere disobbedienti innamorate - In Between è, senza ombra di dubbio, un film che segna un importante traguardo nel contesto del cinema che, avendo al centro il mondo arabo, riesce a raggiungere i nostri schermi. Ma lo ha anche (e con grande evidenza) nell'ambito del cinema israeliano, seppur in coproduzione con la Francia.
Ciò che però i palestinesi sentivano come una deprivazione era il fatto che i capitali necessari per la realizzazione di queste opere provenissero da Israele e che i registi fossero sempre e comunque israeliani.
Hamoud non ha avuto alcuna remora in proposito: "Sì, lo Stato mi ha dato del denaro perché mi merito di fare film dato che a questo stato io pago le fottute tasse" ha dichiarato in un'intervista. "Non ho alcuna vergogna e dico che me ne meriterei di più. Avrei accettato denaro da altre fonti per evitare un boicottaggio ma nessuno si è fatto avanti. Così io lo prendo dallo Stato e il film verrà proiettato come un'opera israelo-francese benché sia fondamentalmente arabo-palestinese".
In questo atteggiamento si riassume la condizione produttiva locale ma anche il duplice coraggio (di Shlomi Alkabetz nelle vesti di produttore e della stessa Hamoud). Perché se i premi si sono moltiplicati (Haifa International Film Festival, San Sebastian, Toronto) le critiche dei fronti più integralisti non si sono fatte attendere. Roberto Faenza racconta che gruppi integralisti israeliani si rifiutarono di assistere alla proiezione ufficiale di Anita B. solo perché uno degli attori è Moni Ovadia da loro considerato un ebreo non osservante e sostenitore di posizioni politiche deprecabili. Questo può offrire al misura del contesto in cui si muove chi realizza film con uno sguardo aperto sulla società locale.
"Il film fa qualcosa di molto intelligente: non dico una sola parola negativa a proposito della religione. Ognuno ha la sua fede. Non è quello che gli integralisti dicono, ma anche tra di loro ci sono brave persone. Ci sono caratteri di cui ti puoi innamorare nella società conservatrice. Nours (una delle tre protagoniste) indossa la la hijab, non sta abbandonando la sua fede religiosa. Sì, sta cercando uno spazio di liberazione nel suo mondo - il mondo religioso, dei credenti- e quello è lo spazio che anch'io sto cercando."
Le protagoniste provengono da Nazareth, da Tarshiha e da Umm al-Fahm e tra gli abitanti di questi luoghi non sono mancati distinguo sdegnati neganti la rappresentazione che veniva fatta (in particolare delle due città minori). La descrizione di Tel Aviv (vista come luogo di perdizione dal fidanzato di Nours) aggiunge poi un'ulteriore nota di meritata attenzione al film. Hamoud non nasconde l'assunzione di droghe e di alcol da parte delle nuove generazioni di donne palestinesi considerando questo fase come analoga agli Anni Sessanta in Occidente ma ci dice anche che la città, pur non essendo la Berlino di Israele, gode di una vita notturna estremamente vivace.
Tutto ciò (e questo è un elemento di ulteriore attualità del lavoro di Maysaloun Hamoud) mentre l'amministrazione Trump sembra sempre più seriamente intenzionata a spostare l'ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme consumando così un atto politico gravido di conseguenze.