Nei primi minuti del film le atmosfere originarie del manga di Shiro Masamune sono riprodotte fedelmente in un credibile universo cyberpunk.
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Un cervello, un corpo, la creazione di una nuova vita sintetica. Così cominciano i 14 minuti - essenzialmente estratti dall'incipit del film - di Ghost in the Shell, visti in anteprima, come preview dell'evento che verrà.
La travolgente sequenza iniziale di Ghost in the Shell impressiona. Non è un verbo che oggigiorno si possa spendere invano, considerato il livello di abitudine delle nostre retine alle meraviglie tecnologiche. Ma da quanto visto sin qui sembra di poter affermare che quel gap avvertito negli '80 di Blade Runner o alla fine dei '90 con Matrix possa appartenere a Ghost in the Shell, specie se saprà fornire anche un'ossatura narrativa all'altezza e un ritmo adeguato al compito. Lo spirito della lanterna magica, del cinema sci-fi come stupore e come visione di quel che ancora la contemporaneità non contempla, sembra preservato, ad uso e consumo di moltitudini che auspicabilmente affolleranno multisale tecnologicamente attrezzate allo scopo.
Per ora Rupert Sanders ha mostrato i muscoli e l'effetto desiderato è stato ottenuto. A stupire sono soprattutto il senso di profondità e la capacità di gestire gli spazi e la tridimensionalità. L'Imax 3D, sfruttato in tutta la sua gloria nei movimenti di macchina che seguono i tuffi di Major o nella soggettiva a spasso per la città, sembra da subito la visione obbligata per il film. Assaggiato questo incipit in Imax 3D, è difficile immaginare un'altra visione. Quanto al discusso cast, per i pochi frammenti a loro concessi Kitano Takeshi e Juliette Binoche paiono perfettamente in parte, e i cinefili cult avranno il piacere di rivedere - benché in un ruolo minore - il volto iconico di Michael Wincott, villain gettonato nei Novanta (Il corvo, Strange Days). Sulla Johansson, e su Motoko Kusnagi che diviene Mira, si sono sprecati fiumi di inchiostro e i dubbi sono tutt'altro che fugati, ma il lavoro sulla fisicità dell'attrice sembra notevole. D'altronde Luc Besson ne aveva intuito il potenziale action in Lucy: poi, considerata l'alternativa possibile, ovvero Margot Robbie, non ci si può lamentare di come sia andata.