In una serata carica di tensione, quattro soci in affari devono decidere chi pagherà per un crimine commesso.
I soci fondatori di un'azienda di software applicativi di grande successo vengono a sapere che il fisco ha messo gli occhi sul loro conto segreto in Svizzera, su cui hanno depositato una grossa somma di denaro non dichiarato.
Una decisione talmente difficile da prendere che richiede l'intervento di un mediatore esterno, che ascolti le ragioni di tutti e li inviti a trovare una soluzione.
Un kammerspiel classico, degno di una pièce teatrale, è il soggetto scelto per la prima produzione in Spagna di Netflix. Guardando a una lunga tradizione di drammi rivelatori, girati in una sola stanza, 7 años poggia interamente sulle spalle di un cast micidiale, che trascina in pochi minuti in una realtà di cui si conoscono poche informazioni e sconvolge in continuazione il punto di vista dello spettatore.
È la situazione a far emergere il reale carattere dei personaggi coinvolti, i rancori e i segreti a lungo sopiti. A rivelare la fragilità di una società di quattro uomini, dapprima uniti dalla convenienza e poi divisi dalla stessa. A far riflettere ancora una volta sulla natura umana e su come il "dinero negro" possa alterare gli equilibri più basilari fondati su amicizia e solidarietà.
Roger Gual (Smoking Room) gira un kammerspiel, ma lo affronta con la tecnica del cinema di genere.
Una tecnica che pare quasi attingere da registi come David Fincher e da Johnnie To, chirurghi della natura umana e cesellatori dell'immagine.
Volti iconici quelli dei quattro soci e del mediatore, in un cast selezionato ottimamente da Gual. Juan Pablo Raba, attore colombiano visto in Narcos, è il commerciale dell'azienda, guascone e un po' ruffiano; Paco León, regista e attore di soap opera, è Luis, l'impacciato ideatore del software, in bilico tra genio e insicurezza; Alex Brendemühl, caratterista di pregio, è il CEO Marcel, colui che ha in mano la strategia aziendale e la visione di lungo periodo; Juana Acosta (Bienvenido a casa), infine, è la contabile, attenta a ogni dettaglio ma più vulnerabile di quanto la sua sicumera lasci credere. Ma su tutti primeggia la recitazione silenziosa, invisibile ma determinante, di Manuel Morón, che veste i panni dell'astuto mediatore, prodigo di aneddoti.
Sebbene fresco e convincente, 7 años non rappresenta, e Roger Gual ne è perfettamente consapevole, un'esperienza del tutto inedita. Alcune eccellenti pagine di cinema sono state scritte su casi di questo tipo: sceneggiature che si basano su situazioni limite, in cui un gruppo di uomini è costretto a prendere decisioni estreme e rivelare lati insospettabili della propria natura.
Oppure Americani di James Foley e La parola ai giurati di Sidney Lumet, studi psicologici insuperati del cinema americano classico e moderno. Non stupirebbe, infatti, se proprio Hollywood si interessasse al copione di José Cabeza e Julia Fontana per farne un remake.