JT + THE TENNESSEE KIDS, L'INNOCENZA DEL DIAVOLO

Con uno sguardo cinematografico, Jonathan Demme costruisce un onesto one man show su Justin Timberlake, il ragazzo bianco che gioca a fare il nero.

Emanuele Sacchi, mercoledì 19 ottobre 2016 - Netflix

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Se ci si chiede perché il nome di Jonathan Demme figuri nei titoli di testa di Justin Timberlake + The Tennessee Kids significa che ancora si ignora la considerazione di cui gode la pop star di Memphis nel mondo dello spettacolo. Una reputazione che Timberlake si è guadagnato mettendosi al servizio dei produttori più prestigiosi di soul e R&B, trovando il coraggio di reinventarsi, e probabilmente superando un numero imprecisato di sfottò per il suo passato in una boy band.

Con la stessa limpida onestà che caratterizza i suoi personaggi sul grande schermo, JT non nasconde nulla. Si dà al 100%, tra falsetti, piroette, mimiche provocanti o autoironiche e si arrangia pure alla chitarra, come dimostra in Drink You Away.
Emanuele Sacchi

Ha tutto quello che si possa desiderare da uno showman che si esibisce a Las Vegas, ma ha abbastanza per accontentare anche chi il mainstream pop e la sua vuota professionalità non le sopporta.
È l'onestà dell'operazione, probabilmente, a suscitare l'attenzione di Jonathan Demme e a spingerlo a regalare a Timberlake un onore finora riservato a due intoccabili come David Byrne e Neil Young. E, prima di immergersi nelle atmosfere inevitabilmente sfarzose ed eccessive di Las Vegas, Demme fa subito sentire la propria mano. In un insolito incipit, ogni singolo musicista, ballerino o individuo in qualche modo associato allo spettacolo si racconta sinteticamente davanti alla macchina da presa. In un colpo solo Demme rende l'idea di quanto sia corale lo sforzo di JT e dei suoi Tennessee Kids. E di che tipo di volti si nascondano dietro a qualcosa che potrebbe apparire di plastica. Facce gioiose e spontanee di sessionman a cui il regista regala un momento di insperata notorietà. Poi i riflettori sono tutti per JT, in un allestimento a metà tra una chiesa consacrata al gospel e un laicissimo tempio della trasgressione, che si snoda di fronte a un alveare dalle trame esagonali. Un'ora e mezza di show impeccabile, alla fine del quale anche il più irriducibile nemico di JT sarà tentato di fischiettare qualcosa tra Mirrors e Rock Your Body, c'è da giurarci.

L'ambizione è quella del classico show man totale americano, l'artista-intrattenitore completo e poliedrico, capace di controllare i propri sforzi vocali e fisici per evitare dei cali di tensione.

Dedito a un miglioramento di se stesso costante e inatteso, senza dimenticare le proprie radici JT, il più nero dei bianchi, omaggia alcuni mostri sacri della black music.
Emanuele Sacchi

Chi esplicitamente - Michael Jackson con Human Nature - chi in maniera più sottile, come Prince - con l'arrangiamento di My Love, degno di New Power Generation - o Lionel Ritchie, con una Let the Groove Get in, quasi trasformata in una cover della classica All Night Long.

Il Timberlake che balla su Poison di Bell Biv DeVoe, ridendo, sembra quasi fare il verso ai suoi inizi di carriera tra Disney e N'Sync, quelli che hanno regalato al mondo dello spettacolo talenti poliedrici come il suo o quello di Ryan Gosling (che ha ritrovato le sue origini danzerecce in La La Land).

Anche l'autoironia può diventare una lezione di stile, e convivere con la Suit & Tie dell'uomo che oggi conquista Vegas e veste Tom Ford.
Emanuele Sacchi

Gli abiti costruiti su misura per questo show disegnano un performer a metà strada tra l'allure di James Bond e la fisicità da Uomo in Nero di Johnny Cash. Una sommatoria di maschi alfa per un risultato quasi all'altezza degli addendi.

Demme non gira Stop Making Sense o Hearts of Gold. Non avrebbe senso per nessuno stabilire paragoni tra termini inaccostabili tra loro.

Il regista riesce ad adattarsi a un contesto differente e a raccontare una storia, anzi più di una.
Emanuele Sacchi

Detto dei Tennessee Kids, anche i lavoratori che montano il palcosenico o il barista che osserva il concerto durante Human Nature trovano uno spazio e una parola, come mai capita in un format di questo genere. Merito di uno sguardo evidentemente cinematografico e delle angolazioni curiose e inconsuete che Jonathan Demme applica, quasi reinventando il modo di riprendere uno show. Il film-concerto da oggi deve fare i conti con Justin Timberlake + The Tennessee Kids.

Quella ripresa da Demme è l'ultima di 134 date di un tour durato più di un anno, che ha attirato qualcosa come due milioni di spettatori.

Justin Timberlake + The Tennessee Kids dura 90 minuti e propone 15 canzoni delle 30 eseguite dalla band durante la serata.
Emanuele Sacchi

Uno sforzo incredibile, dopo il quale paiono impossibili l'energia e la serenità con cui JT e i suoi chiudono lo show. E lo fanno con Mirrors, peraltro una delle performance migliori. Il concerto come maratona, quando non come una pista da ballo o un esercizio ginnico: nel terzo millennio costruire uno show è anche questo. Lo sa bene Beyoncé, lo sa benissimo Kanye West. Ma lo sa anche Justin T., con la sua umiltà di ragazzo bianco che gioca a fare il nero.

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