Nata oltre 100 anni fa e riportata in auge negli anni '50, la tecnologia 3D sta vivendo ora una nuova fortunata ondata grazie al digitale e alla precisione matematica della stereoscopia.
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La storicizzazione del cinema in 3 dimensioni è partita. È stato presentato alla 73. Mostra del Cinema di Venezia Viaggio nel cinema in 3D - Una storia vintage, calcio d'inizio della riflessione storica sul cinema della terza dimensione che non nasce certo in questa sua terza fase (quella che viviamo ora) ma parte già nel 1914, con un documentario sulle cascate del Niagara.
Riportata in auge negli anni '50, il periodo della prima concorrenza alla televisiva quello della nascita del cinemascope e dell'adozione massiccia del colore, grazie a film di seconda categoria, horror, cinema di genere e di exploitation, la terza dimensione ha sempre sofferto una tecnologia analogica non perfetta (che portava a fastidio e mal di testa). Solo con il digitale e la precisione matematica della stereoscopia ben calibrata e ben proiettata, ha consentito una nuova ondata, per l'appunto la terza, fatta di grandi blockbuster e film di autori come Wenders e Herzog. Perché paradossalmente la storia del cinema in 3D è anche la storia dell'abbattimento degli steccati tra cinema di serie A e serie B.
È l'adattamento del famoso arrivo del treno alla stazione di La Ciotat, mostrato 40 anni dopo l'originale sempre dai Lumiere ma stavolta in 3D per promuovere il proprio standard di terza dimensione. All'inizio infatti la stereoscopia era solo uno dei molti modi attraverso i quali si poteva raggiungere l'effetto di profondità.
Nella seconda ondata di cinema 3D, più concreta e alimentata dal business invece che dalla voglia di sperimentare, i film ad usare la profondità sono horror e thriller, sono le sensazioni forti quelle che devono essere ampliate. Così accade in questo classico del macabro con l'impagabile ed eterno Vincent Price nel ruolo dell'artista pazzo in seguito ad un incidente.
Il genio poco celebrato di Jack Arnold è la mente dietro a questo classico imbattibile che è riuscito a sopravvivere al proprio 3D. La notorietà del mostro della laguna nera, delle sue scene subacquee dell'idea molto slasher della sua ricerca di una donna, sono state d'ispirazione per tanto cinema moderno. Ma il 3D in pochi lo ricordano.
Quando c'era da fare soldi Hitchcock non si tirava mai indietro. Il delitto perfetto fu originariamente girato e distribuito in 3 dimensioni e ancora alcune scene con le mani o le forbici che vanno verso la macchina da presa lo ricordano. Anch'esso è sopravvissuto alla propria terza dimensione.
Gioiello d'exploitation canadese, il film è un horror in cui il protagonista, uno psichiatra, indossando una maschera (non diversa dagli occhialini 3D distribuiti in sala) ha visioni oniriche che, con il passare del tempo, cominciano a modificargli la personalità.
Primo dei due horror fantascientifici partoriti dalla mente di Andy Warhol, coprodotti con Carlo Ponti, girati in Italia da Paul Morrissey e interpretati da Udo Kier, questa versione di Frankenstein si avvale (in piena filosofia pop art) anche di alcune scene in 3D, girate da Antonio Margheriti.
Al terzo episodio della serie di horror con squali giganti, che aveva esaurito la vena già al secondo, viene iniettato a forza un 3D non particolarmente esaltante. Nemmeno più Roy Scheider è della partita. Il setting è un parco acquatico della Florida, i protagonisti i figli dello sceriffo Brody. Puro sfruttamento economico.
La terza era del 3D ha impressa a fuoco il marchio di James Cameron, portabandiera della coalizione di produttori e registi che ne hanno fomentato l'adozione. Con Avatar Cameron ha fatto segnare il più grande incasso di sempre e ha settato lo standard aureo di questa tecnologia. In un altro pianeta tutto ha un'altra profondità.
Nello stesso anno di Avatar Henry Selick, che già aveva messo a punto una versione tridimensionale del suo Nightmare before Christmas, porta nelle sale un film d'animazione gioiello. Questa fiaba nerissima ha mille occasioni per sfruttare la terza dimensione e sembra non perderne nemmeno una.
Wenders è il più grande appassionato di terza dimensione tra gli autori del cinema più blasonato. Con Pina 3D confeziona un documentario-omaggio alla danza di Pina Bausch, e lo pensa e gira tutto in tre dimensioni con il più grande stereografo in attività: Alain Derobe. Il risultato è lo stato dell'arte di questa tecnologia.