Fleischer sfrutta appieno la tecnologia 3D a disposizione per produrre effetti di sicura presa sugli spettatori.
Ci sono film che necessitano di una premessa per coloro che, pur non essendo amanti di uno specifico genere, vengono attratti dalla possibilità di vederli. È il caso di Amityville 3D. Perché alla base del ciclo, che vede al centro la cittadina del Long Island, ci sono una casa e una storia entrambe vere. Il 13 novembre 1974 Ronald Jr. De Feo uccise a colpi di fucile il padre, la madre, 2 sorelle e due fratelli. L'avvocato che ne accettò la difesa al processo pubblicò un libro in cui si dichiarava che la casa era infestata da spiriti malvagi essendo stata costruita violando un cimitero dei nativi americani. Da quel momento la casa al numero 112 di Ocean Avenue venne considerata la più infestata degli Usa.
Il cinema non poteva non impadronirsi della storia e lo fece nel 1979. Nel momento in cui Dino De Laurentiis però decise di mettere in produzione Amityville 3D (che esce nel 1983) sottoscrisse un accordo legale con la famiglia Lutz che andò ad abitare la casa un anno dopo il massacro e dopo soli 28 giorni fuggì a causa delle infestazioni di cui l'avvocato diede notizia nel libro citato. L'accordo prevedeva che nulla di quanto loro accaduto venisse citato nel film.
Ecco allora che Richard Fleischer (regista che aveva alle spalle successi come Barabba, 20.000 leghe sotto i mari e Tora! Tora! Tora!) si trova a lavorare su un copione di pura fiction in cui si immagina che la casa venga abitata da uno specialista nello smascherare finte presenze occulte. Sarà costretto a prendere atto che non si tratta di parti della fantasia. Rispetto ai film precedenti qui la pervasività delle forze maligne si espande oltre i limiti dell'edificio ma il soggetto rischia il deja-vu. Dove risiede allora l'interesse della visione? Nel fatto che la sceneggiatura di William Wales non nega le citazioni da Poltergeist o da Dopo la vita avendo però la consapevolezza di poterle esaltare grazie all'uso del 3D.
Il regista ha anche a disposizione dei buoni attori. Tony Roberts, che il grande pubblico conosceva soprattutto come spalla di Woody Allen in film come Provaci ancora, Sam e Io & Annie, sa come dare corpo allo scetticismo destinato a dissolversi del protagonista ma ciò che, a posteriori, colpisce maggiormente è la prestazione della poco più che debuttante Meg Ryan. L'allora ventenne attrice dimostra la veridicità di quanto affermava un maestro delle interpretazioni horror: Christopher Lee. Il quale diceva che, se si è veri professionisti con talento, si possono accettare anche parti che sono brevi ma non piccole.