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Quando il cinema si occupa di casi giudiziari eclatanti non di rado sceglie una parte precisa da cui guardare. Altre volte non lo fa. Ma non basta questo per creare una distanza tra ciò che è valido e ciò che non lo è. Con le immagini, del resto, si possono e si devono fare ricostruzioni, approfondimenti, dando magari alla luce verità altrimenti sopite.
In sintesi, nel momento in cui un fatto acquisisce una grande consistenza mediatica, l'industria dello spettacolo, purtroppo non solo quello buono, si appropria dei fatti, per dire la sua. Da oggi su Netflix è disponibile Amanda Knox, un documentario firmato da Rod Blackhurst e Brian McGinn che appartiene di diritto alla parte buona cui si accennava.
L'omicidio di Perugia ha occupato la cronaca nera italiana per anni, quasi superfluo raccontarne i fatti. Di sicuro c'è che la sera del primo novembre 2007, la studentessa inglese Meredith Kercher è stata assassinata, con un taglio alla gola, nella casa che divideva con altri studenti. Due anni dopo, la Corte d'Assise di Perugia condanna in primo grado la statunitense Amanda Knox e l'italiano Raffaele Sollecito, fidanzati. Nel 2011, poi, i due vengono scarcerati per non aver commesso il fatto. Caso abbastanza raro e difficile da capire per chi non mastica un minimo di procedura penale, nel 2014, la Corte d'Assise d'Appello di Firenze sancisce di nuovo la colpevolezza dei due ragazzi. A marzo 2015, l'ultimo capitolo: la quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione annulla senza rinvio le condanne a Raffaele Sollecito e Amanda Knox, assolvendoli per non aver commesso il fatto. Caso chiuso.
Fatto sta che l'ombra lunga di un omicidio a tutt'oggi senza colpevoli certi, e di cui il solo condannato in via definitiva con rito abbreviato rimane il cittadino ivoriano Rudy Guede, continua ad attirare interpretazioni, speciali televisivi e film; è del 2011 il televisivo Amanda Knox: Murder on Trial in Italy, in cui Hayden Panettiere interpreta il ruolo principale, un filmetto che ha attirato critiche da tutte le parti, dalla protagonista dei fatti come dalla famiglia della vittima.
Il documentario Netflix, perché è di questo che si tratta, non sceglie nessuna drammatizzazione, combinando insieme filmati di repertorio e interviste inedite.
Che il lavoro dei due registi apra una nuova porta non è da escludere, tante sono state le svolte del delitto di Perugia. Di sicuro siamo più dalle parti di Rashomon che in quelle di uno dei mille (e spesso sciacalleschi) speciali televisivi.