Dal Nordic Noir al London Noir alla Luther con Marcella. Il creatore del cupo The Bridge - La serie originale, lo svedese Hans Rosenfeldt, riesce efficacemente a tradurre lo stile che caratterizza i popolari crime drama scandinavi in un prodotto altrettanto destabilizzante e distaccato con Marcella.
Marcella Backland si aggiunge alla schiera di detective donna che dominano la scena seriale britannica - la Ellie Miller di Broadchurch (in Italia su Giallo), la Caroline Cawood di Happy Valley (Netflix), Kate Fleming e Lindsay Denton di Line of Duty, Jackie Stevenson di River (Netflix), Scott & Bailey (Foxlife) del poliziesco che porta il loro nome -, tutti personaggi femminili complessi, sfuggenti, "danneggiati", ma resilienti.
Marcella è sì come le colleghe menzionate, ma senza il conforto della fiducia di se stessa, nelle proprie azioni, nella percezione della propria moralità: c'è da perdere la ragione, da sprofondare nella paranoia, mentre la lucidità scivola via. La donna, ex detective della polizia londinese, soffre infatti di blackout e amnesie, e il noir britannico in otto puntate affida le prime immagini alla protagonista eponima nuda (ma di solito indossa orripilanti maglioni), sporca di sangue, immemore e in stato di shock nella vasca di casa.
Una serie di omicidi che replicano il modus operandi dell'ultimo caso di cui si era occupata Marcella dieci anni prima - quello di un killer che soffoca i malcapitati con un sacchetto - è l'occasione per la protagonista per tornare al lavoro e scoprire - eventualmente insabbiare - i dettagli della dipartita della rivale.
Se il Nordic noir ricorre a un'atmosfera plumbea, piovosa e opprimente per rinforzare una narrazione tipicamente antiemotiva e psicologicamente perturbante - valga l'esempio di serie come The Killing - per Marcella Rosenfeldt sceglie di tradurre il linguaggio del genere secondo un modello più consono all'ambientazione londinese e alla cultura inglese: l'ambientazione metropolitana è vivida, pulsante, perennemente illuminata da luci artificiali.
Come nel Nordic, la telecamera indugia sulla violenza, sull'efferatezza dei delitti, sfruttando il potere ipnotico del voyerismo della morte. Una scelta abbastanza coraggiosa è quella di accostare un personaggio vulnerabile e guidato principalmente dalle emozioni ("Sono queste piuttosto che la logica a informare le sue mosse" ha dichiarato Rosenfeldt circa Marcella) come la protagonista a comprimari che come lei mancano completamente della volontà di rendersi amabili agli occhi del pubblico.
L'attenzione così si concentra sul mosaico di indizi da mettere insieme, ingaggiando l'intelligenza più delle emozioni, e sulla resa di un cast rimarchevole (nel quale spicca, oltre all'ottima protagonista Anna Friel di Pushing Daisies, Laura Carmichael di Downton Abbey, Harry Lloyd di Il Trono di spade, Jamie Bamber di Battlestar Galactica e Sinéad Cusack di La promessa dell'assassino) che sa catalizzare l'interesse nonostante il creatore della serie, privandolo della carta dell'empatia, gliela rende difficile.
Al pubblico non resta che appassionarsi alla caccia alla verità e all'assassino - tutti sono sospettabili -, sebbene svantaggiato dal fatto che il punto di vista (quello di Marcella) è inaffidabile, precipitato in un'atmosfera onirica - la realtà si mischia a frammenti di ricordi che sono chiari quanto lo può essere un'immagine vista dietro un vetro bagnato dalla pioggia. Alla fine, il puzzle si ricompone anche senza qualche pezzo, finito sotto al tappeto: salterà fuori nella stagione successiva di Marcella, serie alla quale ci si affeziona con il cervello, piuttosto che con il cuore.