Con diretto riferimento al quartiere dell'antica Roma dove senatori e gentaglia s'incontravano tra bordelli e taverne, Suburra è un noir metropolitano, mai l'aggettivo fu più calzante, dove l'attenzione storico-cronachistica e l'invenzione narrativa si mescolano in maniera invidiabile.
In senso stretto eppure lato, anche filosofico, se volete. Riflette precisamente sul momento in cui da sotto la città, suburra del resto sta per sub-urbe, il male (quello vero) non ne può più di ribollire in silenzio. Il countdown innescato all'inizio, sono sei i giorni che precedono l'Apocalisse (dal 5 al 12 novembre 2011), stringe la presa sulle vicende di un politico di maggioranza che crede di essere invincibile. Di ricatto in ricatto, di omicidio in omicidio, zingari romani, malavitosi di Ostia, tossici, prostitute, ex Nar immobilizzano Roma (e il Paese intero) e come se non bastasse le dimissioni del Papa e del presidente del consiglio contribuiscono ad un senso di insicurezza totale.
Sul punto di esplodere, con tanto di tombini che saltano e pioggia scrosciante, lo scenario cittadino è trasfigurato dalla fotografia di Paolo Carnera e dalla scenografia di Paki Meduri, che restituiscono un Urbe reale e, ugualmente, immaginaria, da inchiesta giornalistica così come da fumettone dark.
Come nello stretto genere di appartenenza, siamo dalle parti di quel neo-noir all'amatriciana che trova la sua pietra angolare nel Romanzo criminale di Michele Placido, le componenti, pur presentate a diverse gradazioni, sono le sparatorie e la droga, il sesso (la sequenza con le due escort alza di molto l'asticella del mostrabile in un film per tutti), l'avidità, la vigliaccheria, il kitsch; le cornici, invece, i palazzi del potere, dove i voti si comprano a suon di nomine, i ponti su un Tevere-Stige, gli specchi negli ascensori, le vetrate su un litorale ostiense che da lì a poco sarà totalmente diverso, perfino le sacre stanze vaticane.
Per fare soltanto un po' di psicologia spicciola, ai danni di un film che fortunatamente vuole intrattenere suggerendo spunti di riflessione, la mancanza di figure maschili di riferimento appare il centro, diciamo, tematico di tutto: dal presidente del consiglio al Papa, a livello macroscopico, fino al personaggio di Numero 8, che vive nell'ombra di un padre morto che non riesce ancora ad uccidere simbolicamente, non c'è spazio per la crescita e la responsabilità.
Che diventerà una serie Netflix, la prima originale prodotta in Italia, si sa già da tempo e c'è da augurarsi che quella fame di nuovi territori stilistici si confermi, sfruttando l'occasione della lunga serialità.