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Asian Film Awards, il trionfo di Blind Massage

Il film di Lou Ye vince il Premio come Miglior Film.
di Emanuele Sacchi


mercoledì 25 marzo 2015 - News

A Macao, nel regno delle scommesse e del gioco d'azzardo, è andata in scena la cerimonia della nona edizione degli Asian Film Awards. Manifestazione recente ma già prestigiosa: una sorta di Oscar del cinema asiatico, ideata dall'Hong Kong International Film Festival in collaborazione con il Busan International Film Festival e il Tokyo International Film Festival. Qualcosa che valorizzi, attraverso la tangibilità di un premio, lo sforzo intrapreso da un'industria cinematografica che negli anni più recenti è stata contraddistinta da una notevole ascesa, in termini di ambizioni e di evoluzione delle proprie infrastrutture (il Busan International Film Festival, oggi uno dei maggiori festival al mondo, ha meno di vent'anni alle spalle). Qualcosa che mescoli le due anime, apparentemente contrastanti, del cinema dell'Estremo Oriente: il cinema popolare ad alto budget, con velleità di competizione con il blockbuster americano, da un lato e il cinema d'autore dall'altro. Le nomination, che hanno confermato una netta prevalenza di titoli dell'Estremo Oriente rispetto al resto dell'Asia, vanno proprio in questa direzione, senza paraocchi né pregiudizi di sorta. È possibile così assistere a una competizione per il premio di Miglior Regista tra il filippino Lav Diaz, Pardo d'Oro a Locarno ed espressione del cinema d'autore più estremo e intransigente, e Vishal Bhardwaj, autore di una rielaborazione bollywoodiana dell'Amleto di Shakespeare.
A guidare le nomination era The Golden Era di Ann Hui, biografia della poetessa Xiao Hong e film di chiusura all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, con ben cinque candidature, seguito da Black Coal, Thin Ice di Diao Yinan, già Orso d'Oro a Berlino, e Blind Massage di Lou Ye, ambedue a quota quattro.
Il palmares ha più o meno equamente ripartito i premi tra i principali candidati, assegnando la massima onorificenza (Miglior Film), a sorpresa, a Blind Massage di Lou Ye. La storia toccante e insieme disturbante di un centro massaggi gestito da non vedenti, osservata con un approccio scevro da pregiudizi e facile retorica, ha avuto la meglio su un parco candidati di altissimo livello, capeggiato dal grande favorito Black Coal, Thin Ice.
Il gelido e spietato noir cinese, trionfatore ad ogni festival a cui ha partecipato sin qui, si accontenta di due premi prestigiosi come Miglior Sceneggiatura e Miglior Attore; quest'ultimo assegnato a Liao Fan, quando probabilmente già pregustava la vittoria Choi Min-sik, la star di Oldboy e Lucy, indimenticabile nel ruolo dell'ammiraglio Yi nel campione d'incassi Roaring Currents. Anche la categoria di Miglior Attrice vedeva una competizione spietata tra una veterana come l'intramontabile Gong Li (Lettere di uno sconosciuto) e i talenti emergenti di Tang Wei (The Golden Era) e Zhao Wei (Dearest): tra le tre bellezze cinesi ha avuto la meglio Bae Doo-na, una delle attrici più duttili del firmamento sudcoreano, grazie al ruolo sofferto e ultra-minimalista della poliziotta omosessuale di A Girl at My Door.
Più sbilanciata sul lato autoriale che su quello blockbuster la categoria di Miglior Regista, ricca di maestri celebrati che hanno donato prestigio al cinema asiatico negli ultimi decenni. Tsukamoto Shinya, Lav Diaz, Hong Sang-soo e infine la vincitrice, Ann Hui (A Simple Life): il suo premio, insieme a quello come Miglior Attore Non Protagonista per Wang Zhiwen, costituisce il magro bottino di The Golden Era, ovvero due premi su cinque candidature.
Nelle categorie tecniche trionfo dell'opulento blockbuster cinese Gone with the Bullets, che si aggiudica tre statuette: Migliori Effetti Speciali, Costumi e Scenografia. Strameritato infine il riconoscimento a The Raid 2 - Berandal per il Miglior Montaggio - un film di genere, ma che rappresenta già un punto di riferimento obbligato per chiunque oggi si appresti a girare qualunque cosa in ambito action - così come quello per la Miglior Attrice Non Protagonista a Ikewaki Chizuru (The Light Shines Only There): la figura tragica ma volitiva di Chinatsu, prigioniera di una famiglia sciagurata e di una società che ha calpestato ogni valore, è destinata a lasciare un segno indelebile.

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