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Cinema, pelle e sudore

Il cinema in movimento di Roy Menarini.
di Roy Menarini

In foto una scena del film Whiplash, candidato a 5 nomination agli Oscar.
Miles Teller (Miles Alexander Teller) (37 anni) 20 febbraio 1987, Downingtown (Pennsylvania - USA) - Pesci. Interpreta Andrew Neyman nel film di Damien Chazelle Whiplash.

lunedì 16 febbraio 2015 - Approfondimenti

Uno dei punti di forza di Whiplash è rappresentato dalla sua fisicità. Se c'è uno strumento musicale in grado di evocare forza fisica e lotta con il mezzo, questa è la batteria. E infatti non sono mancati, anche in passato, film o passaggi narrativi legati all'arnese, e The Rocker - Il batterista nudo ne è un recente esempio. Ciò che Damien Chazelle però introduce è il legame con il jazz, mentre di solito la dimensione di impresa fisica veniva identificata con il rock, il metal o il punk. Chi si occupa di musica, invece, sa bene che molto spesso le tecniche più complesse e gli assoli più virtuosi appartengono ai tempi sincopati, in continua modificazione, del jazz più che alle strutture spesso routinarie della canzone rock.
Di qui, dunque, il primo slittamento di consuetudine. Il secondo sorprende ancora di più: ibridare la tradizione dell'addestramento militare (più Ufficiale e gentiluomo che Full Metal Jacket, a dire la verità) e dell'allenamento artistico (come in Saranno famosi). Infine, la precisione della sceneggiatura che - se da una parte complica la trama con una serie di svolte inattese - offre dall'altra una direttrice di scrittura forte e coerente, quella della sfida tra il giovane allievo e il maturo, spietato maestro. Compaiono a fatica una fidanzata e un padre, qualche rivale alla batteria, ma è come se non esistesse altro, o altri, nemmeno dentro l'ensemble nel quale di volta in volta il musicista si trova a operare. Spesso è interessante, in un film, osservare quello che (volutamente) manca, piuttosto di quello che c'è.
Whiplash, insomma, possiede idee chiare su quasi tutto ed è per questo motivo che ha assunto i contorni di un cult movie, via via che il passa parola - dal Sundance 2014 in poi - ha fatto il suo corso.
Tornando alla fisicità di cui sopra, ci sembra che sia un elemento imprescindibile per la riuscita del film. In un cinema sempre più digitalizzato, dall'aspetto virtuale, prima ancora che di presunta "verità", c'è bisogno di un movimento eguale e contrario di concretezza e di ritorno del corpo al centro della scena. Non solo la batteria è un fatto di "pelle" (letteralmente, visto che di pelli naturali, e oggi sintetiche, è fatta la superficie colpita dalle bacchette), ma il direttore d'orchestra - teso e muscoloso - assomiglia in tutto e per tutto a un body trainer professionista. Il sangue scorre dalle mani, e le piaghe sul palmo delle stesse testimoniano che sotto alla superficie di straordinari raggiungimenti artistici nelle composizioni jazz, si nasconde una fatica della malora.
Ecco, forse, il vero cinema alternativo, in questa epoca di immagini in movimento e migrazione verso nuovi confini e ulteriori configurazioni audiovisive: un film solido, vecchio stampo, duro come il legno, esperto di quel che racconta, fisico fino a fare male. Non c'è motivo in astratto di far guerra sui contenuti nobili del cinema d'essai contro i blockbuster pieni di effetti speciali. Bisogna solo comprendere il senso del cinema e proporre qualcosa di diverso, sorprendente e originale. Fosse facile.

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