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Italia paese triste e pessimista: e il cinema non aiuta

ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto James Stewart in una scena di Mister Smith va a Washington.
James Stewart (James Maitland Stewart) 20 maggio 1908, Indiana (Pennsylvania - USA) - 2 Luglio 1997, Los Angeles (California - USA). Interpreta Jefferson Smith nel film di Frank Capra Mister Smith va a Washington.

domenica 9 novembre 2014 - Focus

Sono all'ordine del giorno statistiche o classifiche che misurano lo stato delle nazioni. Le ricerche di questo o quell'istituto non ci danno mai buone notizie. Ci avvisano e ci allertano nella migliore delle ipotesi. Oppure ci bocciano. Adesso ci si è messo il cosiddetto "Prosperity Index 2014", pubblicato dal Legatum Institute. Secondo tale ricerca l'Italia, rispetto a un indice di prosperità, è al 37° posto, su 142 Paesi rilevati. Stralciando dalla ricerca alcune domande in prospettiva, in chiave di "speranza per il futuro", scendiamo al 132° posto. Gli italiani hanno misurato, drammaticamente, che l'oggi è peggio di ieri e non hanno dubbi che domani non sarà migliore di oggi. Non hanno più speranze, ottimismo, prospettive. Sintesi: non riescono neppure a sognare. Leopardi, che certo non era uno spirito allegro, ci ha insegnato che il sabato del villaggio è più felice della domenica. Da questo stato emergono, fra i molti, due concetti, due lemmi prevalenti: "crisi e depressione". Una formula che riconduce a un momento storico che molto assomiglierebbe a questo: la famosa crisi del ventinove. Quando il nodo dell'economia gonfiata e irreale venne al pettine e Wall Street saltò. La conseguenza fu il crollo del mercato e di tutto. La "grande depressione" si estese a tutto il mondo occidentale. L'America ne era responsabile e vittima. Eppure, in una contingenza così drammatica, l'America trovò le formule per reagire, per tornare ad essere il Paese guida dell'occidente, il paese del sogno. E qui arriva l'evasione, intesa come spettacolo, cultura, soprattutto cinema. Fu grazie all'azione di Hollywood, soprattutto, che gli americani furono sostenuti e incoraggiati, e accompagnati fuori dalla crisi. Washington diede al cinema, all'editoria, ai media, un'indicazione che era un ordine: producete qualcosa di buono che sia un deterrente a questo momento orribile, che però passerà. E così avvenne. Un eroe in quel senso fu Frank Capra che diresse alcuni dei suoi film più famosi, favole felici, ottimistiche che facevano accorrere la gente nelle sale. E così in Mr. Smith va a Washington il politico corrotto alla fine si pente e davanti al congresso urla "ebbene sì, sono un corrotto". Favola ottimistica appunto. Ma era bello poterci credere. I sette nani si alzavano all'alba, scavavano tutto il giorno, trovavano diamanti grandi come mele e già tagliati. Li rinchiudevano in una casamatta e Cucciolo la appendeva a un chiodo esterno. La sera tornavano nella loro povera casa, cantando. Erano i più ricchi del mondo, ma mostravano come si può vivere modestamente ed essere felici. E poi le storie d'amore, con l'immancabile lieto fine: Tyrone Power, Robert Taylor e Gary Cooper erano il sogno delle ragazze e delle donne; Rita Hayworth, Greta Garbo e Marlene Dietrich erano la fantasia dei maschi. Certo quella era l'America, un Paese che aveva le risorse e la storia per rigenerarsi. La speranza era ben riposta. Il sogno americano del cinema si trasferì dovunque, anche da noi, magari un po' più tardi. Finita la guerra eravamo, peraltro sconfitti, nella condizione di coltivare speranze neppure esili, astratte. Fummo aiutati dal Piano Marshall, in concreto, ma certo non bastava. Così ci soccorse quella cultura dell'ottimismo e della bellezza. Roba frivola, inutile, magari dannosa secondo certe letture dell'epoca, ma intanto un minimo di deterrente c'era, e si faceva sentire. Antonio Ricci, il "ladro di biciclette" di De Sica, fa l'attacchino e si trova a stendere un grande manifesto di Gilda-Rita. Ecco, vedere un film come quello... aiutava. Anna Magnani in Bellissima vede una scena con Burt Lancaster in un cinema all'aperto. E dice "quant'è bello quel Burt". Pochi anni dopo La Magnani avrà come partner proprio Lancaster ne La rosa tatuata che le farà vincere un Oscar. Dunque, personaggio e attrice: la metafora di un sogno doppio. Senza contare che noi eravamo allora titolari del cinema più bello del mondo. Adesso abbiamo i talk -ne ho già scritto- che certo non ci aiutano nella speranza e nell'ottimismo. Un promemoria: Quarto grado; Porta a porta; Quinta colonna, Matrix, Ballarò, Virus, Agorà, Faccia a faccia, DiciannoveEquaranta, Di martedì, Piazza pulita, La gabbia, L'aria che tira, Omnibus, In onda, Otto e mezzo, Servizio pubblico. E non ci sono neppure tutti. C'è di che impazzire. E nel cinema, sintesi fulminante, abbiamo Rocco Papaleo che troviamo in quasi tutti i film e quando non c'è lui c'è Neri Marcorè. Sono bravi attori e ottimi "caratteri". Ma... il sogno dov'è?

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