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27th Tokyo Film Festival, un programma equilibrato

Trovata la sintesi tra mercato e ricerca, intrattenimento e impegno.
di Paolo Bertolin


mercoledì 1 ottobre 2014 - News

Il programma integrale del 27° Festival Internazionale di Tokyo (23-31 ottobre) è stato svelato ieri e le attese rispetto alla buona tenuta nella programmazione della manifestazione nipponica sono state mantenute. Per molti anni sminuito da critiche e scetticismo della comunità cinematografica e cinefila dell'arcipelago, che non gli perdonavano la vanità di pose di grandeur che non corrispondevano all'effettiva rilevanza internazionale e alla qualità delle scelte artistiche, il festival della capitale giapponese ha difatti trovato, grazie alla sapienza curatoriale di Yatabe Yoshi e della sua squadra, un ottimo equilibrio tra istanze di mercato e ricerca, di intrattenimento e d'impegno, di apertura ai nuovi talenti asiatici e di sostegno alle variegate componenti del paesaggio cinematografico nazionale. E questo nonostante i tagli di budget seguiti al passaggio di redini dalla direzione dell'ineffabile Tom Yoda (celebre per aver introdotto il "tappeto verde" e una politica ambientalista di risparmio energetico durante il festival) all'attuale Presidente Shiina Yasushi.

Come già l'anno scorso, quando toccò a Captain Phillips - Attacco in mare aperto, ad aprire le danze sarà una prima a stelle e strisce: l'animazione Disney Big Hero 6 di Don Hall e Chris Williams (in Italia uscirà a Natale). Si tratta di una scelta insolita e a suo modo coraggiosa, visto che il Giappone è il regno degli anime. Ma è anche vero che quest'anno l'inarrestabile Frozen si è imposto anche nell'arcipelago come titolo Disney di più grande successo commerciale di sempre. E del resto, i colori della produzione locale sono ben difesi dalla chiusura con Parasyte, adattamento di un amatissimo manga firmato da Yamazaki Takashi (di cui il festival presenta pure la versione doppiata in inglese di Doraemon 3D, codiretto con Yagi Ryuichi) e da una nutrita pattuglia di prime e proiezioni speciali, tra cui spiccano proprio gli anime o le riletture live action di anime: dall'attesissimo Garm Wars: The Last Druid di Oshii Mamoru ad Appleseed Alpha di Aramaki Shinji, da Attack on Titan di Araki Tetsuro, da The Nutcracker di Sebastian Masuda alle prime immagini dell'intrigante Miss Hokusai di Hara Keiichi. Senza dimenticare poi un paio di drammi in costume come A Courtesan with Flowered Skin di Toyoshima Keisuke e Lady Maiko di Suo Masayuki, il celebrato autore dell'originale Shall We Dance? (rifatto a Hollywood con Richard Gere e Jennifer Lopez).

Nel concorso principale, quindici titoli si contendono il Sakura Grand Prize. Tra questi, cinque sono le prime mondiali: il difensore dei colori nazionali Pale Moon di Yoshida Daihachi (reduce dagli ampi consensi in patria per The Kirishima Thing), il francese Les Jours Venus di Romain Goupil (sempre ricordato per l'esordio Caméra d'Or cannense 1982 Mourir à 30 ans), il cinese River Road di Li Ruijun (negli Orizzonti di Venezia 2012 con Fly with the Crane), Ruined Heart del maverick filippino Khavn de la Cruz (con Asano Tadanobu e fotografia di Christopher Doyle) e River of Exploding Durians, esordio del cinese di Malaysia Edmund Yeo (film low budget apertamente politico e intriso di suggestioni di cinefilia sinofona potrebbe essere la rivelazione del festival). E poi, dritto da Roma, La foresta di ghiaccio di Claudio Noce, alla sua prima internazionale e alcuni titoli che approdano a Tokyo dalla selezione della Mostra di Venezia: Heaven Knows What dei fratelli Safdie, l'intenso debutto iraniano Melbourne di Nima Javidi e Nabat dell'azero Elchin Musaoglu. Completano la rosa dei concorrenti il nuovo film del norvegese Bent Hamer, 1001 Grams, La French di Cédric Jimenez con Jean Dujardin, il bulgaro The Lesson di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, molto apprezzato a Toronto e San Sebastián, il colombiano Los hongos di Oscar Ruiz Navia, già premiato a Locarno, il polacco The Mighty Angel di Wojciech Smarzowski e il russo Test di Alexander Kott.

Nata con il probabile intento di contrastare frontalmente il concorso New Currents del rivale Festival di Busan, la seconda linea competitiva, Asian Future, inaugurata con successo lo scorso anno e dedicata alle opere prime e seconde asiatiche, propone dieci titoli, di cui nove prime mondiali. Segnaliamo, tra le proposte che spaziano da Turchia a Iran, da Cambogia a Indonesia e da Cina a Malaysia e Singapore, l'opera prima della produttrice e attrice Sugino Kiki, Kyoto Elegy (per un'ironia della sorte, il suo secondo film, Taksu, fa la sua prima a Busan un paio di settimane prima dell'esordio), il coreano Made in China di Kim Dong-hoo, prodotto da Kim Ki-duk e Above the Clouds del filippino Pepe Diokno, il cui Engkwentro vinse il Leone del Futuro di Venezia 2009.

Tra le otto prime mondiali di Japanese Cinema Splash, il concorso riservato ai film indipendenti giapponesi, che l'anno scorso laureò il rigoroso Forma della discepola di Tsukamoto Sakamoto Ayumi (poi premiato dalla Fipresci al Forum di Berlino), spicca la presenza di Ecotherapy Getaway Holiday di Okita Shuichi. Il suo A Story of Yonosuke (2012) è senza dubbio uno dei più bei film giapponesi degli ultimi anni e la curiosità quindi ferve.

Trovano spazio nel panorama internazionale di World Focus le altre presenze italiane, Incompresa di Asia Argento e Hungry Hearts di Saverio Costanzo, reduce da Venezia, come pure le prime asiatiche dei film di Andersson, Konchalovsky, Bogdanovich, del Premio Speciale della Giuria Sivas di Kaan Müjdeci e del già cult movie Reality di Quentin Dupieux.

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