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La politica degli autori: Kim Dong-ho

Stasera al FEFF riceverà il gelso d'oro alla carriera.
di Mauro Gervasini

In foto Kim Dong-ho.
Kim Dong-ho .

venerdì 19 aprile 2013 - News

Il Far East Film Festival, al via questa sera con la sua quindicesima edizione, assegnerà il premio alla carriera a Kim Dong-ho. E per rendere omaggio a lui, pure noi dedichiamo all'illustre personaggio coreano la nostra politica degli autori, unica nel suo genere perché non rivolta a un regista, neanche a un produttore o a un attore, ma appunto a un organizzatore di festival. Meglio sarebbe dire un intellettuale, semplicemente, dando al termine tutta la nobile accezione che si merita, perché il signor Kim Dong-ho, classe 1937, è cinefilo raffinato, scrittore ed è stato vice ministro della cultura a Seul negli anni 90. In questa veste ha caparbiamente lottato con un sistema produttivo certamente non all'altezza delle sue sfide rilanciando il cinema della Corea del Sud. Sfide stravinte. Se oggi Spike Lee a Hollywood gira il remake di Old Boy e Park Chan-wook porta in giro un film con Nicole Kidman (Stoker) lo si deve al signor Kim Dong-ho, che anni fa bussò alle porte dell'Occidente, ma anche a quelle più vicine di Tokyo e Hong Kong, dicendo: «Eccoci qua!».

Sotto il 38° parallelo, reso famoso e famigerato da una guerra che secondo Gunny Highway sudcoreani e yankee hanno solo pareggiato, costringendo la Corea a spaccarsi in due con le conseguenze atomicamente minacciose che anche oggi sono sotto i nostri occhi, ferve una cinematografia vivacissima. Kim Dong-ho l'ha favorita con iniziative finanziarie (da vice ministro ha istituito un corrispettivo del tax credit europeo), prima di tutto lavorando sulla proposta interna (a lui si deve la costruzione del principale multiplex di Seul) e arrivando poi a un marketing internazionale di sopraffina intelligenza e indiscutibile efficacia. Nel 1996 ha fondato il Festival di Busan (BIFF), che qualcuno definisce la Cannes d'oriente. E ha lavorato su due fronti: da una parte ha girato oltre confine in lungo e in largo come "ministro degli esteri" della cinematografia nazionale; dall'altra ha creato attraverso la manifestazione un terreno di incontro tra la Corea e il resto del mondo, ma anche viceversa, favorendo la stagione strepitosa del cinema coreano, capace di primeggiare da anni sia nella sua declinazione "d'autore" che nel versante più commerciale e di genere. Il successo tutto sommato repentino di Busan dimostra quanto i festival siano ancora l'occasione migliore per visioni alternative, oltre che irrinunciabili spazi di socializzazione e anche, perché no, di scambio economico. Nel 2010, Kim Dong-ho ha lasciato la direzione di Busan restando però il principale ispiratore di una manifestazione in continua crescita, ma non è andato in pensione. Anzi, ha realizzato un cortometraggio intitolato Jury (2010) ed è direttore di una scuola per registi e sceneggiatori, senza peraltro avere mai abdicato al ruolo di ambasciatore della via coreana al cinema.

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