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Il cinema in movimento

Il cinema a chilometro zero.
di Roy Menarini


lunedì 18 marzo 2013 - Focus

Che cosa è Il cinema in movimento? Una rubrica dedicata alle trasformazioni del cinema nell'epoca dei new media e alle riflessioni che si possono trarre dalle novità in atto.

Inutile fingere: una parte del cinema contemporaneo, per arginare la spinta inglobante delle nuove tecnologie, tende alla conservazione. Il tema è legittimo, sia chiaro e la difesa del cinema come esperienza classica e genuina, altrettanto. Un film come La cuoca del Presidente, per esempio, la dice lunga su come desidera autorappresentarsi la cultura europea, e quella francese in particolare. La cuoca di Mitterand è una donna brusca, non facile, dalle idee al tempo stesso tradizionali e innovative, eppure trae la propria integrità dal rispetto delle materie prime e dall'indipendenza rispetto alla tecnocrazia delle cucine presidenziali. L'argomento gastronomico non è certo cosa nuova al cinema, ma - visto il successo clamoroso di tutto il reparto "cibo e cucina" nella nostra società di questi anni - sembra vibrare di accenti più profondi. L'impressione è che, per esempio in questo caso, la salvaguardia della gastronomia slow si accordi simbolicamente con quella di un cinema mondiale sempre più rapido e fagocitante o, ancor più chiaramente, con l'idea che i nuovi media stiano sbriciolando il tessuto connettivo del cinema tradizionale. Difesa del cibo tradizionale e difesa del cinema d'antan andrebbero insomma a braccetto.

Fortunatamente, le nicchie del cinema indipendente e del documentarismo stanno ragionando con minori preoccupazioni e anzi sfruttano al meglio questa nuova dimensione geopolitica. Chiamiamo allora "cinema a chilometro zero" quelle produzioni che costruiscono davvero con caparbietà e senza snobismi il proprio percorso realizzativo e distributivo. L'ultimo esempio proviene da God Save the Green dei due brillanti documentaristi Michele Mellara e Alessandro Rossi, dedicato agli orti urbani in giro per il mondo, alla ricerca di spazi ecologici e verdi in contesti metropolitani o periferici. Si tratta di un documentario dal tema innovativo e dalla veste narrativa tutto sommato tradizionale, che tuttavia ha sfruttato i mezzi del crowd funding per reperire i finanziamenti necessari alla produzione del film, e che ha sfruttato al meglio la dimensione partecipativa e sociale dei network informatici per creare una sorta di crescendo (o di marketing virale) rispetto al prodotto. In buona sostanza, i contenuti del film e l'integrità con cui è stato girato si armonizzano, mentre - distributivamente parlando - God Save the Green viene contemporaneamente proposto in dvd (con libro) alla vendita e in proiezione nella forma del tour nelle varie città. Di queste esperienze, italiane e non solo, ne esistono molte altre e stanno cambiando il modo in cui il cinema più piccolo sa rilanciarsi su mercati alternativi, senza cercare di arginare la contemporaneità o cantare banalmente le lodi dei bei tempi andati.

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