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Habe(ba)mus Papam

La rinuncia al ruolo più importante della terra in un'epoca in cui nessuno rinuncia a niente.
di Pino Farinotti

In foto Papa Benedetto XVI.

martedì 12 febbraio 2013 - Focus

Il titolo può sembrare vagamente irriverente, ma non intende esserlo, semplicemente è un riferimento al film di Nanni Moretti. Quando affermo che il regista romano è una delle rarissime prove dell'esistenza in vita del cinema italiano, ecco che qui ne arriva l'ennesima conferma: l'intelligenza, la capacità di cogliere temi grandi e globali e di saperli rappresentare con un'alta cifra di scrittura. Il papa che si ritira, altro che grande tema. Naturalmente i casi sono diversi. Nel film Michel Piccoli, appena eletto papa, dichiara di non essere in grado "di sostenere il ruolo che gli è stato affidato." Una crisi di fede o qualcosa di simile. Benedetto XVI ha dichiarato di non avere più le forze del corpo e dello spirito, per assolvere al ministero che gli è stato affidato. Al di là di questa ragione annunciata, adesso si scatenano le cosiddette dietrologie. Tutto sarà detto e ridetto, e naturalmente non mi metto in fila. Non è la sede e non sono interessato. Solo due evidenti, normali considerazioni di carattere generale. È davvero possibile che un uomo visibilmente stanco, uno studioso assoluto, non se la sia sentita di continuare ad affrontare il degrado generale di tutto, Chiesa compresa. E poi mi piace indicare il grande esempio di Ratzinger, che rinuncia al ruolo più importante, persino sacro, della terra, in un'epoca in cui nessuno rinuncia a niente. Sappiamo.

Vicende
Detto questo cambio registro, entro nel personale, perché ci sono alcune vicende che mi legano a Benedetto XVI. Per cominciare un paio di dati normali, due coincidenze: ci uniscono il nome, Giuseppe, e il giorno e mese di nascita, 16 aprile. Arieti. Nell'aprile del 2005, la San Paolo, l'editore, puntava molto sul mio romanzo "7 km da Gerusalemme". Il cardinale Ratzinger aveva scritto sedici libri per quella casa. C'era un rapporto. Per la presentazione si pensò a lui. Gli venne spedito il libro. Rispose che avrebbe accettato volentieri, a meno di... impegni imprevisti. L'impegno ci fu, pochi giorni dopo divenne papa. Preferì il soglio pontificio alla presentazione. Comprensibile. Il libro divenne sceneggiatura, e poi produzione, col contributo dei Beni culturali e dalla Rai. Andammo a girare in Terra santa, a Palmyra in Siria, a Torino. Quando il film fu compiuto venne organizzata una presentazione in Vaticano, per i cardinali. Non se ne presentò nessuno. La ragione emerse: avevo rappresentato un Gesù -che torna ai nostri giorni per capire cos'è successo dopo tanto tempo- troppo umano e progressista, e critico nei confronti del sistema-chiesa. Naturalmente ci rimanemmo tutti male, i produttori, il regista Malaponti, il Ministero e la Rai.

Ma...
Ma qualche mese dopo mi arrivò una lettera dalla Segreteria di Stato. Era di Benedetto XVI. Mi scriveva, fra altri cenni personali, che si augurava che "la proposizione potesse accrescere l'amore verso Gesù Figlio di Dio e la conoscenza della ricchezza del suo messaggio, suscitando in tutti propositi di bene e di impegno cristiano." Pochi giorni dopo seguì un editoriale dell'Osservatore romano, che accreditava, in altri termini, l'immagine di questo Gesù moderno come modello buono e credibile.
Alla luce di quanto è successo, i segnali si danno una conferma. Una piccola vicenda come quella di un romanzo diventato il film provocava un divisione. Possiamo immaginare l'incidenza di altre vicende, abnormi. Uno degli assunti di queste ore è che il papa volesse svecchiare la Chiesa, toccare qualcosa di troppo radicato. Non ne aveva più la forza e lo spirito.

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