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ONDA&FUORIONDA

Grandi, storici classici nelle sale.
di Pino Farinotti

In foto una scena di Paura e desiderio di Stanley Kubrick.

domenica 4 agosto 2013 - News

Il primo è stato To Be Or no to Be (Vogliamo vivere) di Lubitsch, del 1942. È stato restaurato e distribuito nelle sale, con grande successo. Ne ho già scritto rilevando la differenza fra la qualità di quel titolo e quella generale del cinema contemporaneo. L'esperimento benemerito proseguirà col altri titoli classici oppure con degli inediti che abbiano certi requisiti, come Fear and Desire (Paura e desiderio). Il suo "requisito" certo importante è quello di portare la firma di Stanley Kubrick. La sua prima firma. Voglio fare una premessa singolare: non sono un innamorato di Kubrick, lo conosco, lo stimo, ma nessuno dei suoi film fa parte del mio culto personale. Se devo fare un titolo dico Spartacus, il meno "kubrickiano" dei suoi film, del resto molti dicono che quel titolo appartenga più a Kirk Douglas che lo produsse piuttosto che al regista che lo firmò. Trovo Kubrick un ricercatore cerebrale perfetto, che si pone a tavolino il compito del capolavoro e lo esegue senza sbagliare un'inquadratura, un tempo, un movimento, un'estetica. Cerebralmente perfetto, appunto. So bene che la mia posizione ha scarse condivisioni, presso gli addetti. Fear and Desire è il primo film di Kubrick, del 1953.
È la storia di una guerra ideale, la lingua è l'inglese, ma per convenzione, gli eserciti non appartengono ad alcun Paese. Quattro militari si trovano dispersi in territorio nemico. Il pericolo mortale li porta a confrontare le loro paure e le loro speranze. Alla prova del tempo il film risulta "non banale", lo stesso Kubrick lo sconfessò e lo fece sequestrare. Comunque, ribadisco, trattasi dell'opera prima di un autore beatificato. È un preciso dovere dei cinefili non ignorarlo, anzi, cercare di reperirvi dei significati che magari erano sfuggiti, all'autore stesso.

Vertigo
Un altro titolo che sarà restaurato e rimesso il circolo nelle sale è Vertigo (La donna che visse due volte) di Hitchcock, del 1958. In questo caso la riedizione non è solo un dovere cinefilo, ma un'iniziativa dovuta. Proprio quest'anno il magazine inglese Sight and Sound, che ogni dieci anni riaggiorna, contattando specialisti da tutto il mondo, la classifica dei capolavori del cinema, lo ha posto al vertice. Dopo anni di dominio di Welles col suo Quarto potere, Hitchcock si è conquistato l'"assoluto". C'è sempre qualcosa di sospetto e di arbitrario in queste classifiche, ma credo che Vertigo sia accettato se non da tutti-proprio-tutti, certo dalla maggioranza degli addetti. Soprattutto è accettato dal pubblico, ed è ciò che più conta. Altro titolo: Animal House, del 1978, di John Landis. Tre anni fa Landis venne a Milano a presentare il suo Ladri di cadaveri, nell'agenda dei molti impegni trovò il tempo di chiacchierare con me in un video e di presentare l'edizione 2011 del dizionario "Farinotti". Landis e io siamo della stessa generazione, significa che abbiamo visto i film in parallelo: adolescenza, giovinezza, maturità. E alla fine i suoi amori erano quasi sempre i miei amori. E quando gli ho chiesto un titolo, uno solo fra quelli firmati da lui, che pone al primo posto nella sua personale gerarchia del cuore, mi ha detto: te ne faccio due, Thriller e Animal House. Thriller, sappiamo, è il mitologico video con Michael Jackson che balla con gli zombi, primatista mondiale di gradimento. Animal House è un film "culto" che ha segnato il comportamento di una generazione e imposto modelli trasgressivi e "demenziali" da allora imprescindibili. Anche questa riproposta nelle sale è doverosa e sacrosanta. Nel programma c'è anche un film italiano, Per un pugno di dollari, di Sergio Leone, del 1964. Non c'è dubbio che quel titolo si ponga come modello importante, di svolta, nella storia del cinema, non solo italiano. Rileggendo il western Leone ha ridato vita a un magnifico genere dimenticato, costringendo autori della terra che quel genere aveva inventato, come Sam Peckinpah, a percorrere lo stesso sentiero. La considerazione ultima non può che essere l'auspicio che questa bella iniziativa diventi una regola, e che a fronte di un film contemporaneo ne venga proposto uno ... di qualità.

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