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ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti

Quando in Siria giravamo un film.
di Pino Farinotti

In foto la moschea degli Omayyadi, il minareto della sposa, a Damasco.

sabato 18 agosto 2012 - Focus

Assistendo, giorno per giorno, all'evoluzione, drammatica, anzi tragica, della crisi siriana, la assumo con dolore personale. Conosco, meglio conoscevo un po' la Siria, ho delle informazioni in prima persona a confermare il momento complesso, illeggibile, che attraversa quel Paese, dove la guerra civile si annoda e snoda, ora per ora con notizie che si contraddicono, con una situazione che non si riesce a decifrare. Salvo un fatto oggettivo: quel regime deve cadere, per molte ragioni, a cominciare dalle ragioni della storia. Da quelle parti tutte le dittature sono cadute. Con violenza. Non voglio entrare nel merito di queste valutazioni, non è la sede e ci sono gli specialisti, ma qualche anno fa sono stato là, ho conosciuto tanta gente, di ogni fascia. E dico che la gente siriana, il popolo, è migliore della sua classe dirigente, se vogliamo chiamarla così. Certo non è una novità, è quasi sempre stato così, dovunque. Lo è stato, e lo è, anche da noi.

Gruppo
Nel 2007 il gruppo produttivo di 7 km da Gerusalemme, il film tratto dal mio romanzo, si trasferì in Siria. Tecnici, attori, il regista Malaponti, e io. Se dico che fummo accolti dai siriani con entusiasmo, il concetto è persino riduttivo. Fummo introdotti a tale Nabil Toumeh, che si sarebbe rivelato personaggio importante, anzi decisivo. Era un imprenditore, editore della carta e della televisione, mille interessi, legami col "palazzo", naturalmente, patrimonio immenso. Due lauree conseguite a Berlino, in ingegneria e filosofia. Mise dei fondi personali nella produzione. La domanda –e ce la ponemmo- era: come mai un paese musulmano accoglie e investe in un film che racconta la vicenda, seppure non convenzionale, del dio cristiano e che reca nel titolo la parola "Gerusalemme"? Toumeh era un autentico umanista. Si definiva uomo di pace, così come "gente di pace" affermava "sono i siriani". Una volta, nel suo studio, presente tanta gente importante, funzionari del regime, gli ho detto: "Nabil, sei un vero occidentale". Palese, tattile era l'irrigidimento di quasi tutti, ma Nabil sorrise e disse: "Sì, deve essere vero."
Girammo a Damasco, Aleppo, e nella magnifica Palmyra, una vera Roma antica laggiù esportata. La produzione poté spingersi in zone fino allora off limits, come l'aeroporto. Comparse musulmane indossarono abiti israeliani, in un caso, da rabbino. 24 mezzi della produzione giravano per la Siria recando una grande locandina col titolo rappresentato anche in caratteri arabi e dove le bandiere italiana e siriana si integrano l'una nell'altra. Il 15 luglio del 2007 si tenne a Damasco la conferenza stampa. Il giorno dopo i maggiori quotidiani siriani ne riportavano in prima pagina immagini e contenuti. Due emittenti siriane, una libanese e quella degli emirati arabi ne trasmisero lunghi stralci. Durante la conferenza venni avvicinato da una donna che rappresentava Ahamed al Din Hassun, il gran Muftì, massima autorità religiosa della Siria. Mi disse che il Muftì aveva approvato la sceneggiatura con grande piacere e aggiunse queste parole "Gesù, profeta e uomo riconosciuto e onorato assunse, e assume in questa rappresentazione, la funzione di unire i popoli". Parole incredibili che ci lasciarono tutti sorpresi, magnificamente. Durante i giorni di ripresa erano presenti, sul set, mezzi dei servizi segreti, che laggiù sono molti. Un giorno, a Palmyra, venne anche Asma Assad, moglie del Presidente.

Damasco
Facevamo base a Damasco. La ricordo come una città piena di bella confusione, con gente allegra e disponibile, e curiosa. Un episodio: Alessandro Etrusco era l'attore che faceva Gesù, con tanto di costume tradizionale, una tunica di juta, cintura di corda, sandali e capelli lunghi, insomma il Gesù dei quadri. Si trovò a fare un tragitto, a piedi, in una delle grandi vie centrali. La gente gli si avvicinava, sorrideva, qualcuno lo toccò. Penso a cosa sarebbe successo al povero Etrusco in una via di Baghdad o di Teheran. Dico che Damasco mi dava un po' la sensazione di Napoli, magari di qualche decennio fa. Naturalmente parlai con tanta gente. Anche importante, "inserita". In embrione si prospettava quello che poi è successo. L'opinione condivisa era che Bashar Assad, il presidente, si fosse trovato quasi suo malgrado in quel ruolo. Se ne stava a Londra a fare i suoi studi di oftalmologia. Nel 1994, alla morte, in un incidente, del fratello maggiore Basil, venne richiamato dal padre Hafez per essere preparato al grande compito. Ma Bashar ha sempre dimostrato di non avere l'energia, e l'attitudine politica, e neppure la violenza innata, del padre. Già allora doveva rispondere a troppi: partiti, gruppi religiosi, tribù, potentati, militari, potenze straniere. L'evoluzione drammatica era segnalata, era nella Storia.

Tornati in Italia, Malaponti si stava dedicando al montaggio del film. Venne a Milano a trovarmi Toumeh. Mi disse che il suo governo avrebbe favorito un'azione di avvicinamento con l'Italia attraverso il film girato laggiù. 7 km da Gerusalemme sarebbe stato uno strumento, una sorta di ponte verso l'Occidente. L'idea era di organizzare un'azione mediatica in quel senso, attraverso le testate italiane più importanti, cartacee e della televisione. Fui invitato a Roma, al Senato da Marcello Pera, presidente, che aveva letto il libro, "apprezzandolo, molto, da credente".
Tutte queste azioni e premesse non hanno avuto un destino. La Siria era considerata un paese sospetto, addirittura "canaglia", per la sua ambiguità, le basi terroristiche eccetera. Così non si è voluto favorire quel tentativo di collaborazione e percorso comune, fra culture e religioni. È rimasto nell'intenzione di alcuni, in un certo momento. È rimasto irrisolto.
Adesso laggiù succede quello che sappiamo... o non sappiamo. I giochi li fanno i capi, le élite, l'ho detto all'inizio, la gente subisce, non solo, soffre e muore. Magari qualcuno che ho conosciuto, o che sorrideva vedendo il "Gesù" attraversare la strada, non c'è nemmeno più. Ho cercato, di recente, di avere notizie di Nabil Toumeh. Non sono riuscito a sapere niente. Vedo, nei servizi, palazzi distrutti, gente che fugge, morti per le strade di quelle città. La Siria di adesso. La Siria che si vede.

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