Il rinnovamento dei grandi autori americani passa anche dalle serie tv.
di Boris Schumacher
Da qualche anno l'industria cinematografica di Hollywood è alla ricerca di una originalità e di un rinnovamento che tarda, a volte, a manifestarsi. A ciò sono dovuti i tanti remake, reboot, prequel e sequel che affollano le produzioni americane degli ultimi lustri. I produttori ricorrono sempre più spesso ai rifacimenti di pellicole del passato di grande successo, che non sempre bissano gli stessi incassi, per non parlare poi del confronto sul piano della riuscita artistica, che risulta spesso deficitario rispetto all'opera di partenza. Alla fine dell'estate passata, ad esempio, sono usciti negli States i remake di Cane di Paglia e di Conan il Barbaro, che si sono rivelati dei flop al botteghino e delle copie infelici e sbiadite rispetto ai film di Sam Peckinpah e di John Milius. Altra tendenza tutta americana è quella dell'instant-remake dei film stranieri. Si prende un film bello e di grande successo e lo si rifà a tempo di record, sperando di ottenere lo stesso ritorno economico. La lista è lunghissima ed aumenta ogni giorno, a volte sono talmente istantanei che escono a brevissima distanza dall'originale, come nel caso di Quarantena, remake del film horror [REC], uscito nemmeno un anno dopo la pellicola iberica.
Se l'industria del cinema palesa alcune difficoltà, le produzioni seriali americane vivono invece un momento felicissimo che dura ormai da più d'un decennio e che pare destinato a continuare ancora a lungo. La serialità permette ai suoi creatori e ai suoi sceneggiatori una maggiore libertà artistica ed una migliore e più approfondita caratterizzazione dei personaggi rispetto alle produzioni cinematografiche, dovuta all'ampio respiro reso possibile dal consistente numero d'episodi previsto per ogni stagione di una serie tv. Ovviamente anche questo settore è vincolato dagli ascolti, che decretano il prolungarsi o meno di una produzione televisiva, così come al cinema gli incassi determinano spesso e volentieri la possibilità o meno di mettere in cantiere dei seguiti. L'incredibile successo planetario di Lost, serie rivoluzionaria e spartiacque della nuova era televisiva, ha decretato la nascita di un nuovo autore di punta del cinema americano, J.J. Abrams, reduce dai successi di Super 8 e del reboot di Star Trek che avrà presto un seguito sempre diretto dal regista newyorkese. Nello stesso periodo Walter Hill produceva e dirigeva l'episodio pilota della notevole serie western Deadwood, scritta e ideata dal grande David Milch e trasmessa dal canale HBO, la migliore emittente televisiva americana per la qualità delle sue proposte seriali, come già ampiamente dimostrato negli anni precedenti da prodotti del calibro de I Soprano e The Wire.
Negli ultimi anni il fenomeno è andato in crescendo e la HBO ha sfornato capolavori a ripetizione, da Bored To Death a Boardwalk Empire, da Game of Thrones a Luck. La ventata di novità infatti ha stimolato e invogliato cineasti di prima grandezza a cimentarsi con produzioni televisive che consentissero loro di dipingere affreschi corali magniloquenti, avendo a disposizione tutto il tempo necessario per sviluppare a dovere i temi proposti, senza il freno e l'assillo del limitato minutaggio filmico. Martin Scorsese ha dato vita, insieme a Terence Winter, al sontuoso ed epocale Boardwalk Empire, firmando la regia dell'episodio pilota di una serie che ha già all'attivo due magnifiche stagioni, con una terza già in cantiere e abitata da un cast cinematografico da urlo composto da Steve Buscemi, Michael Pitt, Michael Shannon e molti altri. Un altro autore che non ha bisogno di presentazioni, Michael Mann, ha invece prodotto e diretto il pilota di Luck, serie ideata da David Milch, lo stesso di Deadwood. Se Scorsese ha scelto la strada dell'affresco storico per Boardwalk Empire ricostruendo l'Atlantic City degli anni del proibizionismo, Mann concentra la sua attenzione sulle corse dei cavalli e su tutta una serie di personaggi che orbitano intorno all'ippodromo in cui è ambientata la narrazione. In comune ci sono solo la coralità delle vicende con una gran quantità di personaggi presente in entrambe le serie e il ricco cast messo su per interpretarli che in Luck vede coinvolti addirittura i nomi di Dustin Hoffman e Nick Nolte, oltre ai bravissimi Dennis Farina, John Ortiz, Michael Gambon e tanti altri ancora.
Tra poco più di una settimana si concluderà invece, sempre su HBO, la seconda stagione di Game of Thrones, conosciuta da noi come Il trono di spade, che sta riscuotendo un enorme e meritato successo. La serie, epica e cruenta, è riuscita a dare credibilità in tv al genere fantasy e a non scontentare i numerosi fan di George R. R. Martin, l'autore di "Cronache del ghiaccio e del fuoco", ciclo di romanzi a cui è ispirata.
Di fronte al grande successo e all'altissimo livello di queste serie è facile prevedere che in un prossimo futuro vedremo altri grandi autori e interpreti percorrere la via della serialità, che rende ancora possibile sperimentare e innovare, al contrario di certe produzioni cinematografiche stritolate sempre più dalle rigide regole di mercato, dove il successo o la disfatta di un film viene deciso dai risultati al box office del primo weekend di programmazione.