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ONDA&FUORIONDA

La televisione invade la letteratura con nuovi autori. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto il cantante e conduttore televisivo Pupo. Ora anche scrittore del romanzo "La confessione".

domenica 4 marzo 2012 - Focus

Sul Corriere di due giorni fa c'era una pagina dedicata a uno scrittore che non conoscevo, tale Enzo Ghinazzi. Confesso la mia incompetenza, anzi, me ne rammarico: non ho subito inteso che si trattasse di Pupo. Il conduttore&cantante&tutto televisivo ha scritto un romanzo. Un thriller che si rifà a Sanremo, una piattaforma che certo si presta a ogni plot, anche al thriller. Quel vasto spazio – ma ci sta, l'editore è Rizzoli - del quotidiano mi ha rattristato. Ecco un nuovo "scrittore" (pesanti virgolette) che non è scrittore.

Una digressione. Nel mio 7 km da Gerusalemme, libro e film, Alessandro Forte è un pubblicitario informato, conosce la comunicazione, è colto. Incrocia Ginevra, conduttrice televisiva. La donna ha grande audience, è ignorante e come tale non percepisce i propri limiti: "ho la fiducia del pubblico, è mio dovere guidarlo... che libri leggere, le scuole per i figli, cosa comprare... come votare". Alessandro è il suo consulente. Ginevra lo informa che ha intenzione di scrivere due libri, una raccolta di poesie e un'autobiografia. "Non farlo" gli dice Alessandro. "Perché?". "Perché non sei un poeta e non sei uno scrittore". "Ma io so parlare alla gente, ho un audience di dieci milioni". "Certo, sai parlare a quelli come te, agli ignoranti. Quella cultura, quella sensibilità, ti mancano, lasciali a chi li possiede. Sei una della televisione, non invadere, non appestare i libri, quelli veri". Ginevra si altera, attacca e offende Alessandro, che qui diventa davvero il mio alter ego, sempre in nome dell'audience. Il pubblicitario-testimonial-dell'autore dice che l'audience è un disastro. Alessandro chiude con un ultimo suggerimento "Non scrivere libri, Ginevra, te li pubblicherebbero". Eccolo il grande nodo. Gli editori che pubblicano i libri di Ginevra. Ma l'ho già detto più volte, è un nodo che non si può sciogliere. Ci si deve arrendere. Ma un racconto, una piccola rivendicazione, che ci venga permessa.

Una volta Pavese, Morante, Moravia; adesso Insinna, Parietti, Pupo
Pupo è un televisivo, uno dei tanti, che stanno invadendo l'area dei libri. Vado a memoria, probabilmente qualcuno sarà dimenticato: dunque Pupo (titolo "La confessione"); Martina Colombari ("La vita è una"); Alba Parietti ("Da qui non se ne va nessuno"); Veronica Pivetti ("Ho smesso di piangere"); Flavio Insinna ("Neanche con un morso all'orecchio"); Tiberio Timperi ("Nei tuoi occhi di bambino"); Benedetta Parodi ("Cotto e mangiato"); Carlo Verdone ("La casa sopra i portici"). Proprio non me la sento di affrontare un'esegesi rispetto a ciascun titolo. Diciamo che il libro della Parodi ha un'identità precisa e univoca, la cucina. Anche il volume di Verdone ha una sua ragione: si racconta di quella casa, frequentata negli anni da gente come De Sica e Fellini, oltre che dai Verdone, magnifica famiglia. Il resto della nuova letteratura narra di rapporti di figli con padri, del disagio del successo. Che è quello della Colombari che però, opportunamente, a casa deve subire il rimbrotto sociale del marito: "vallo a dire agli operai della Breda che sei stanca". Poi c'è la vicenda di una reginetta della chirurgia e della gamba accavallata che racconta della propria famiglia come modello sociale. Quella di chi ritiene che la propria depressione sia un segnale per la nazione. E così via.

Confesso che non ho letto, per intero, quei libri. Non volevo, per cominciare, portare altri soldi a chi già ne guadagna altrove. Però volevo prendere atto, capire, così sono andato in una libreria conosciuta, ho detto al titolare la mia intenzione e ho preso i libri dagli scaffali. Mi accredito di una discreta competenza in fatto di libri, ne ho scritti molti, saggi, dizionari, romanzi. E mi arrogo la capacità di cogliere al volo la qualità aprendo a campione le pagine. Certo l'incipit, poi altri stralci. Dico che la qualità dello scrittore non l'ho trovata. C'era superficialità, c'era velleità, e arroganza. Una fa la modella, o roba del genere, a un certo punto decide "faccio la scrittrice". Ma non è così semplice. Ribadisco: quella profondità, quella cultura, quell'attitudine... ci sono? Non si possono inventare, o improvvisare. La Scrittura (esse maiuscola) è qualcosa di terribilmente serio. Ed è faticosa e dolorosa, viene da lontano, da una dotazione che ti è stata affidata e che hai perfezionato in una vita. In chiave fiction, dunque con maggiore efficacia, l'ho spiegato sopra, con Ginevra. Estraggo un autore a caso: Insinna è stato un conduttore popolare. L'audience gli ha concesso un certo potere, subito esercitato nella fiction. Popolare è il concetto dominante. Funziona sul piccolo schermo, qualche volta sul grande. Ma se c'è di mezzo la scrittura il concetto dominante diventa "qualità" se non "nobiltà". Insinna irradia al mondo il suo tormento esistenziale, ma nella sua penna non c'è niente di nobile, non c'è letteratura. Non so chi accoglierà quel tormento per essere migliore.

Attitudine
Conosco giovani che posseggono le giusta attitudine e cultura, e genetica, scrittori veri. La letteratura sarebbe per loro, ma quello spazio viene invaso da avventizi estranei. Il talento si vede risucchiare quel già stretto angolo di vedibilità e di espressione da quegli invadenti senza qualità, senza scrittura, senza niente. Loro hanno avuto audience, hanno avuto la televisione. Possono garantire una promozione a tappeto, ospitate su tutti i programmi. Ti travolgono per concorrenza sleale. Avanzano impietosi come il blob verde del film di Yeaworth. Per i giovani, per gli scrittori una piccola possibilità esiste, un'alternativa esile, coatta, ma benemerita. Il sito ilmiolibro.it, è patrocinato da marchi importanti come Feltrinelli e Repubblica. Un autore manda il suo scritto, se ritenuto adeguato ne viene stampata una copia cartacea e viene messo on line il volume. Gli utenti possono leggerne stralci e decidere di comprarlo. Le copie cartacee corrisponderanno a quelle prevendute. È un'iniziativa povera, come ho detto, i numeri sono un millesimo rispetto a quelli dei "televisivi", ma è un tentativo. È l'eterna legge economica della cattiva moneta che espelle dal mercato quella buona. Regola che in questa chiave vale esponenzialmente. Che tristezza.
Certo, vale anche una considerazione, eccome se vale. Un editore potrebbe dirmi, "caro signore, lei mi sembra un po' matto, con la devastante crisi dell'editoria io dovrei rinunciare a una fetta così importante di mercato?" E come si potrebbe dargli torto? Dovrebbe rinunciare in nome della filologia o della difesa eroica di un'identità? È, lo dico ancora, l'eterno nodo fra mercato&audience e qualità&identità. E la soluzione non c'è. Questo mio intervento finisce per essere un sogno, un'utopia alla Cervantes. Come il pronunciamento di un editore: guadagno meno ma salvo la qualità e le coscienze.

Romanzo
Qualche anno fa un giovane scrittore, Leo Di Leo, aveva scritto un romanzo, di qualità, accettato dall'editore Sivegna. Dopo la canonica attesa, rilettura eccetera, era finalmente pronto il contratto. Di Leo era l'uomo più felice del mondo. Si era prefigurato tutto: il libro nelle vetrine, le presentazioni, le recensioni, le firme sulle copie, le vendite. Andò a firmare il contratto, un'assistente gli disse che l'editore voleva parlargli. E fu la tragedia: Sivegna stracciò il contratto, a favore del libro di una subrettina senza alcun talento, ma con passaggi televisivi e nei letti. Leo, furibondo, alterato, prese un tagliacarte sulla scrivania e colpì a morte l'editore. Seguì il processo e la condanna. Di Leo aveva ucciso un uomo, non poteva essere assolto, ma ebbe una pena minima, quasi simbolica.
Questo episodio non è reale, fa parte di un romanzo dal titolo "Il delitto gotico", firmato da chi scrive. Trattasi naturalmente di fiction, ma trattasi anche di... qualcosa di più. Il titolo del film tratto dal libro è più "pertinente": Per giusto omicidio. Certo siamo ancora dalla parti di Chisciotte. Come diceva Pasolini, perché fare quando è così bello sognare. È un privilegio di chi è scrittore, lo è davvero. Determini i destini, realizzi i sogni. In attesa di un'evoluzione, che gli scrittori veri si attestino su quella possibilità, su quell'auspicio. Non è molto, ma è tutta roba loro.

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