Rubino Rubini era il direttore del Corso di Cinematografia di impresa del Centro Sperimentale lombardo. Ed era molto altro. Faceva parte del Comitato scientifico del Centro stesso. Insomma lavoravamo insieme. Pochissimi professionisti hanno lavorato tanto e su uno spettro tanto largo. Rubini ha diretto film, pièce teatrali e documentari di ogni genere. E sempre nel segno della qualità assoluta. E in quello di una cultura larga e profonda, che non è proprio scontata per chi lavora sull'immagine. Era di Torino e lì aveva cominciato diplomandosi al corso di Regia teatrale del Teatro Stabile di quella città. Nel 1980 firmò la regia del film Grottesco, con Roberto Herlitzka, che sarebbe diventato famoso nel ruolo di Aldo Moro nel film di Bellocchio Buongiorno, notte. Rubini ha tutto esplorato, sempre, ribadisco, con qualità, spesso con grandezza. Negli anni Sessanta era in Argentina a documentare l'immane realizzazione della diga sul Paranà, allora la più grande del mondo. Recentemente era a Panama a riprendere l'allargamento dello Stretto. Roba gigantesca, roba da Rubino. Era grande appassionato di sport e naturalmente mise del suo nel documentarlo. Anche lì: grandezza. A chiamarlo fu nientemeno che la Ferrari, che gli affidò il suo filmato istituzionale Orme rosse, che il regista co-produsse con l'Istituto Luce e Cinecittà Holding. Produsse e diresse il "docu-colossal" Oro azzurro, sulle vittorie italiane dalla prima Olimpiade a quella di Seoul del 1988. Nell'era recente i grandi marchi usano, quasi tutti, schermi multipli per le loro presentazioni. Ebbene fu Rubini a inventare, negli anni Ottanta, quelle proiezioni su giganteschi schermi. Nel Centro era attivissimo. Ha portato gli allievi a riprendere in ogni zona della Lombardia. Inventava azioni creative, al limite persino del pericolo, come quando fece arrampicare gli studenti sulle guglie del Duomo. Sotto la sua guida gli allievi hanno bruciato le tappe. Fra i lavori istituzionali realizzati per Comune e Regione, si distingue il film sulla Biblioteca Ambrosiana, in occasione dei suoi quattrocento anni. Sempre e comunque "cultura". Mai niente di banale o convenzionale. Ma voglio raccontare un gioco nostro e privato. Più volte ci siamo incrociati al Centro Sperimentale, a insegnare. Gli dicevo "dai vieni dentro ad assistere, sei un esperto". E in aula, in azione frontale con gli studenti cercavo di metterlo in difficoltà. Col sorriso. Ma Rubino non lo coglievi mai impreparato, si trattasse della cultura di Weimar trasferita a Hollywood, o del rapporto fra libri e film o fra cinema e arti figurative. Riprendeva il filo della tua lezione senza neppure un mutamento di tono. Adesso non riprende e non insegna più. È una perdita grave.