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L'ultimo fronte della pubblicità: dai divi a...Dio

Fenomenologia del copy. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto il calciatore Andrea Pirlo sul set della pubblicità di Sky.

giovedì 25 agosto 2011 - Focus

Assistiamo al travolgente spot di Sky "Solo su Sky lo sport fa i miracoli". I modelli sono alcuni dei maggiori campioni dello sport, per lo più calciatori. Non è improprio dire che siamo a una nuova frontiera della pubblicità. Detto in termini concisi, semplici, come si fa appunto in pubblicità: il protagonista è dio. Se proprio devi perfezionare, ma è superfluo: l'indicazione, oppure il sospetto, oppure l'insinuazione di dio. Comunque dio. Alcuni dei personaggi, quelli più presenti, sono Eto'o, Totti, Piqué –da noi meno popolare, gioca nel Barcellona, ma... è fidanzato con Shakira- Pirlo, e altri. Non credo di dover molto descrivere, la campagna si è accaparrata pagine e paginoni dei quotidiani, dei magazine e ha invaso il piccolo schermo. I protagonisti guardano in alto, come se stessero per spiccare il volo, insomma una vera ascensione. Eto'o, camicione nerazzurro, sospeso nello spazio, in ascesa, si impegna in una rovesciata, sotto, il popolo (sono in dieci, non in dodici...meno male) alza le mani verso di lui, verso il miracolo. C'è anche una ricerca, chiamiamola estetica, o artistica: intorno a Pirlo, per esempio, hanno disegnato dei palloni con le alucce. E sullo sfondo si vedono rocce da dipinto rinascimentale, con fasci di luce che scendono dal cielo, insomma, un po' paradiso, un po' Sistina e un po' Caravaggio. Davvero tanto.

Perfetta
La campagna è ricca ed efficace, direi perfetta per il risultato. Chi l'ha studiata è davvero bravo. La creatività messa in campo è la più avanzata. Il copy ha scardinato l'ultimo fronte. Da tanto tempo la pubblicità si avvale dei modelli massimi, i divi per esempio, quasi tutti, da Brando a Newman, e poi Harrison Ford, Costner, la Loren, Hoffman, Di Caprio. Fra gli altri. In questi giorni campeggia un altro personaggio particolare. Tale mrs. Elizabeth Richards dà corpo a volto alla regina Elisabetta per un corso di inglese. Un altro bel fronte scardinato. Come dicono gli inglesi, dopo dio c'è la regina. E dunque perché fermarsi, perché farsi mancare l'assoluto.
E così il copy ha ingaggiato dio, il dio cristiano. Un copy musulmano, magari poco dedito al martirio alla rovescio, si sarebbe fermato a Elisabetta. Sappiamo. Dunque tutto efficace, travolgente, obiettivi raggiunti. Le polemiche ci sono state, le solite "istituzionali". I vescovi, "Avvenire" eccetera. Istituzionali e superflue, perché la pubblicità, come il cinema, più del cinema, sfugge a tutte le regole, codici, etiche, a tutto. È una categoria sui generis, super partes, super tutto.
Poi, poi c'è la cultura.

Medio
Il copy-medio –ci sono certo le eccezioni e non voglio irritare la categoria- è intelligente, soprattutto furbo, sa leggere il momento, non c'è dubbio. Ma quasi mai è un colto, un colto vero intendo. Però è un magnifico, campione del mondo, di simulazione di cultura. Il pubblicitario (medio) ha una cultura vasta, diciamo informazioni vaste, sa un po' di tutto, rimanendo alla superficie di tutto. Se gli dici "cubismo" ti risponde "ah sì, Picasso" ma non sa cosa sono "Les demoiselles de Avignon" o il 1906/07. Se gli dici "buon selvaggio" riesce a scovare Jean Jacques Rousseau ma l'informazione successiva, cioè "L'Émile ou de l'éducation", rimane occulta. Per il modello-dio naturalmente ci sarà stata dialettica. In pubblicità si sviscera tutto, e quando si è finito si sviscera di nuovo, e quando si è di nuovo finito si ricomincia per la terza volta, poi la quarta e così via. Non c'è dubbio che qualcuno avrà detto "ma irriteremo i credenti" e un altro avrà risposto "sono pochi, e pochissimi, forse nessuno, fa parte del target di Sky. Conosco l'argomento e, in un certo senso, ne sono un precursore. Alessandro Forte, protagonista del mio romanzo, e film, 7 km da Gerusalemme è un pubblicitario bravo e importante. E colto. Viene chiamato per lavorare su una poltrona "comoda". Lo invitano a improvvisare e lui ... improvvisa. "Se Bonaparte avesse potuto disporre di una delle vostre poltrone così comode, rilassanti, che creano la situazione ideale per il corpo e la mente... in quel di Waterloo..." Il pubblicitario lascia che sia il committente a concludere: "... non avrebbe perso la battaglia!"
Un giovane copy presente dice la sua: "Se Gesù, nell'ultima cena, avesse dotato il tavolo di dodici poltrone come queste, Giuda non avrebbe tradito". Alessandro lo guarda davvero male. Scuote il capo: "Questa è una deformazione facile e volgare. Voi, stupidi ventenni. Nessuna sostanza. Un millimetro di spessore. Tutto è buono per essere messo nella merda. Va'porella su va'pensiero. Una bestemmia per una vendita..."
Il risentimento di Alessandro non deriva dalla fede, infatti è un agnostico. Deriva dalla ... cultura. A parer suo, e mio, ci sono delle zone che occorrerebbe non toccare. Lasciarle franche.

Spot
Chi ha inventato quello spot è un ottimo professionista, ma chissà se è colto, la cultura può consentirti il sorriso, la dissacrazione, magari anche lo scandalo, ma ti avverte sull'orlo dell'eccesso, del cattivo gusto, dell'invasione inopportuna. Insomma Gesù lo lascerei stare. Non perché ci sono dei credenti risentiti, non per l'aspetto blasfemo, se possiamo chiamarlo così, ma per lui, che non è uno qualunque, forse è l'unico a non esserlo. Perché sfotterlo. L'ascensione rappresenta il momento del nostro nuovo status, è l'atto notarile della divinità, finisce l'esperienza umana e ne comincia una completamente diversa. Salverei questa nuova fase. Vera o solo raccontata è una vicenda talmente grandiosa, magari sublime, da essersi guadagnata la franchigia. Ribadisco, è l'unico non-qualunque, e forse è proprio dio. Ripeto, perché sfotterlo. Concedigli uno spazio franco. Lascialo stare, anche se ci rimetti qualche euro.
Un'altra domanda è: ma Gesù si sente sfottuto o è indifferente o magari ci ride sopra? La domanda non è impropria. C'è discrezionalità e c'è (non mi piace la parola che segue) relativismo. Dico che Gesù potrebbe persino rispondere che ci sono cose ben più gravi di uno spot come quello. Ma anche in questo contesto non lo tirerei in ballo. Restiamo a noi, all'umano, alla comunicazione e all'intelligenza. Lo ribadisco: si merita una zona franca.
Torno alla citazione precedente. In 7 km da Gerusalemme Alessandro ospita in macchina Gesù, gli porge una lattina di Coca Cola. Il Gesù sorseggia, il copy lo guarda incantato. Dice: "Dio, che testimonial saresti". Appunto, "saresti". Una possibilità, un'opportunità. Che rimanga tale. Spero di non aver offerto un altro spunto, ancora più avanzato, a qualche pubblicitario, colto o incolto che sia.

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