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Horror Frames: Smash Cut e l'omaggio a Herschell Gordon Lewis

Una figura singolare nel panorama horror.
di Rudy Salvagnini

Una scena del film Smash Cut di Lee Demarbre.
Sasha Grey (Marina Ann Hantzis) (36 anni) 14 marzo 1988, Sacramento (Brasile) - Pesci. Interpreta April Carson nel film di Lee Demarbre Smash Cut.

martedì 8 febbraio 2011 - Approfondimenti

Herschell Gordon Lewis, nato nel 1929 e tuttora attivo, è una figura singolare nel panorama horror. Da sempre attento all'aspetto commerciale del cinema, esordisce con le idee chiare: exploitation a tutto andare e basso budget per avere pochi costi da ammortizzare. Il suo primo film è The Prime Time (1959) e si inserisce nel filone allora imperante dei juvenile delinquents, tutti trasgressione e rock'n'roll. Si dedica poi agli innocenti nudies dell'epoca, ambientati nei campi nudisti per beffare la censura dell'epoca, mettendosi in coppia con il produttore David F. Friedman, un altro geniaccio dell'exploitation. Resisi conto che il genere erotico si era inflazionato, i due cercano presto qualcosa di diverso per attirare il pubblico. L'idea è quella di spingere il pedale della violenza come mai prima: una violenza eccessiva, sanguinaria, ma realizzata con effetti speciali così rudimentali da renderla ben poco credibile e quasi caricaturale. Il primo esempio è Blood Feast, un film sconnesso e girato in fretta, ma sicuramente diverso da quanto il pubblico aveva mai visto. Tra membra mozzate, sangue finto e dialoghi impresentabili, è nato un genere di cui Lewis è il padre: lo splatter. A rimarcare questa primogenitura arriverà col tempo anche il soprannome di Godfather of Gore. Naturalmente, Friedman e Lewis battono il ferro finché è caldo e producono un film dietro l'altro prendendo spunti ovunque. Persino dal musical Brigadoon di Vincente Minnelli, la cui idea di base subisce un trattamento sanguinario per Two Thousand Maniacs!, ambientato in un villaggio fantasma del Sud degli Stati Uniti i cui abitanti risorgono dall'aldilà ogni cento anni per eliminare in modo truculento quanti più nordisti possibile. Parodia e orrore vanno di pari passo, dato che Lewis si rende conto dell'impossibilità – con i mezzi risicati a sua disposizione – di affrontare le storie che racconta in modo realistico. Perciò inettitudine e spavalderia danno un sapore particolare a filmetti articolati su trame semplici e spesso derivative. Lewis si separa da Friedman e prosegue da solo alternando opere sarcasticamente violente a film per ragazzi e a diversi tipi di exploitation, come nel caso del terribile She-Devils on Wheels, un biker movie al femminile che se fosse bello per quanto è strano sarebbe un capolavoro (ma è ben lungi dall'esserlo).

Lewis passa al business nel campo della pubblicità
Dopo qualche anno, Lewis capisce che l'exploitation è alla fine e, invece di adeguarsi ai tempi e magari dedicarsi al porno come è capitato ad alcuni suoi colleghi (Doris Wishman e Roberta Findlay, per esempio), abbandona il cinema e si concentra sul business vero e proprio nel campo della pubblicità. Diventa un consulente di successo, scrive parecchi libri e dimentica il cinema. Non viene però dimenticato dal cinema e una nuova generazione di fans e di critici mantengono viva la fiammella del ricordo che con l'andare del tempo e l'avvento dell'home video arde sempre più intensamente. Molti registi lo considerano un loro maestro e ne seguono le orme con consapevolezza. Lewis alla fine ritorna alla regia e firma Blood Feast 2: All U Can Eat, sequel – a quasi quarant'anni di distanza – del suo primo splatter. Tutto è rimasto come allora, per lui, con solo molta ironia in più. Qualche anno dopo conferma la sua vitalità e, a ottant'anni, firma The Uh-oh Show.

Lee Demarbre, Smash Cut e gli omaggi a Lewis
Ci sono però anche i registi che realizzano remake dell'opera di Lewis – vale la pena ricordare 2001 Maniacs di Tim Sullivan – e quelli che lo omaggiano direttamente. Tra questi ultimi è da segnalare il canadese Lee Demarbre, un cineasta fattosi notare per titoli programmaticamente irriverenti come Jesus Christ Vampire Hunter. Demarbre ha diretto Smash Cut, una divertita e affettuosa celebrazione del cinema di Lewis, ottenendo un'altrettanto divertita adesione da parte di Lewis stesso che, con fare ironicamente serioso, apre il film con una sensazionalistica presentazione simpaticamente rétro e poi compare anche in un cameo. La trama si presenta assai semplice e lineare. Able Whitman è un regista di exploitation, ma i suoi horror a bassissimo budget non soddisfano il pubblico: crudi, schematici e rudimentali, soffrono di effetti speciali poco realistici, rifiutati dagli spettatori perché ridicoli (un po' come quelli dei vecchi film di Lewis). Whitman assiste amareggiato ai lazzi del pubblico incavolato alla proiezione del suo ultimo film, Terror Toy. Cerca di consolarsi in un locale notturno, bevendo, godendosi la lap dance e finendo col rimorchiare Gigi, una delle ballerine. Però Able ha bevuto, non è troppo lucido: si distrae alla guida e ha un incidente nel quale Gigi muore. Sconvolto, Able nasconde il cadavere nel bagagliaio, occultandone la scomparsa. Il giorno dopo, sul set del suo nuovo film, Able capisce improvvisamente che i suoi detrattori hanno ragione: il cadavere preparatogli dall'effettista è davvero "falso". Perciò ha una bella pensata e lo sostituisce con quello di Gigi, che riprende personalmente con la cinepresa. Ottiene così un perfetto realismo, ma, per restare all'altezza di quell'effetto e finire le riprese, è costretto a procurarsi altri cadaveri. Nel frattempo, l'azzimato investigatore Isaac Beaumond è incaricato dalla giornalista April Carson di indagare sull'improvvisa scomparsa di sua sorella Gigi.

Il tentativo di resuscitare lo spirito del cinema di Lewis
Lee Demarbre mostra sin dall'inizio l'intenzione di resuscitare lo spirito ribaldo e schematico del cinema di Herschell Gordon Lewis, usando le armi dell'ironia e dell'umorismo per darne un ritratto simpaticamente eccessivo. Le sequenze di Terror Toy sono emblematiche nel loro richiamare i difetti e l'ingenuo fascino dei vecchi film: la recitazione volutamente cagnesca e gli effetti speciali ridicoli sono rievocati con abilità e affetto. Tutto il film è un sentito omaggio a quella scuola di cinema, anche a livello estetico, con l'uso di colori accesi e di personaggi caratterizzati come macchiette, compresa una critica cinematografica che – a rappresentare l'intera categoria – fa ovviamente una brutta fine. Non manca un abbozzo di riflessione sulla scomparsa di quelle pellicole così sommariamente anticonformiste, la cui cattiveria è stata col tempo superata da quella della realtà e delle cui tematiche si è appropriato un cinema sempre più costoso ed anestetizzato. Ma è solo un abbozzo, nemmeno troppo giustificato: i film di Lewis non hanno mai preteso di essere nulla più che intrattenimento finalizzato alla realizzazione di buoni affari. Più divertente è cogliere i molteplici riferimenti cinematografici, sempre in prevalenza relativi ai film di Lewis. Per fare solo un esempio, l'investigatore Isaac Beaumond è una replica parodica di quello di The Gore Gore Girls di Lewis: solo che già quest'ultimo era la parodia di un detective e la parodia della parodia cade un po' piatta. Lo stesso si può alla fine dire dell'intero film, che vive sui suoi dettagli riusciti, ma manca della sostanza per reggere l'intera durata e col passare del tempo perde di brillantezza e diventa ripetitivo. Lo sorregge in parte la buona interpretazione di David Hess – indimenticato protagonista di L'ultima casa a sinistra – ancora in buona forma e sicuramente divertito nel proporre un altro personaggio eccessivo e sopra le righe. Divertente anche la presenza di un altro reduce di lusso come Michael Berryman (Le colline hanno gli occhi), nel ruolo di un produttore senza scrupoli più interessato alla propria vistosa parrucca che alla qualità dei film che produce. C'è anche Sasha Grey, giovane diva del porno, che tenta qui una strada diversa per comparire sullo schermo e se la cava discretamente.

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