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Dario Argento, il sangue e l'inchiostro

Al via oggi pordenonelegge.it-Festa del libro che si chiude con Dario Argento.
di Roberto Pugliese

Natura e sostanza
Dario Argento (83 anni) 7 settembre 1940, Roma (Italia) - Vergine.

mercoledì 15 settembre 2010 - News

Natura e sostanza
La natura e la sostanza, essenzialmente visive e visionarie, del cinema di Dario Argento possono indurre a sottovalutare un aspetto e una dimensione del suo cinema che sono invece centrali: e che si riassumono nel suo confronto con la scrittura. Dove per scrittura si devono intendere le molteplici stratificazioni e potenzialità di questa pratica: che va dal lavoro della sceneggiatura al rapporto con le eventuali fonti letterarie, ma che comprende anche la possibile rielaborazione in forma narrativa (la "novelization") di alcuni suoi film e, naturalmente, la pratica critica che Argento esercitò negli anni '60 prima di passare dietro la macchina da presa.
Il quadro che ne esce è quello di un autore per il quale l'esercizio dello scrivere, del trascrivere e del descrivere, in sede di realizzazione precedono e presidiano saldamente la fase delle riprese e del montaggio, ai quali forniscono una griglia rigida e che raramente il regista modifica in corso d'opera. Ma poiché scrivere per Argento è (anche) un mezzo per dare ulteriore corpo e corso ai propri incubi e alle proprie visioni, ecco allora che in questa traiettoria si collocano le rielaborazioni romanzate dei propri film ("Profondo thrilling", Tascabili Newton, Roma 1994, "La sindrome", Bompiani Milano 1996), la manualistica e saggistica sul genere ("Mostri & C.", enciclopedia di horror e fantascienza in collaborazione con Domenico Malan, Anthropos Roma 1982, la prefazione a "Dodici racconti sanguinari", Ed. Profondo Rosso Milano 1976), identificazioni o allusioni metalinguistiche esplicite come la metafora della scrittura quale corridoio preferenziale per la follia incarnata nel giallista-assassino protagonista di Tenebre (anche il protagonista del suo film d'esordio, L'uccello dalle piume di cristallo, è uno scrittore) i saggi e gli interventi su autori amati e referenziali come Poe e naturalmente la palestra delle recensioni e delle interviste "a cuore aperto" pubblicate negli anni '60 durante la fase militante della critica cinematografica su "Paese sera".

Dimensione verbale e visiva
La dimensione verbale, dunque (non solo scritta ma anche parlata: Argento, vinta la propria proverbiale ritrosia, è un chiacchierone e un conversatore gustosissimo), si accompagna e si complementa con quella visiva, spesso preludiandola e prefigurandola.
Pochi ricordano ad esempio che l'opera d'esordio del regista, L'uccello dalle piume di cristallo (1970), è liberissimamente ispirata al racconto "Screaming Mimi" pubblicato nel 1949 dal giallista americano Fredric Brown (edito nel 2006 in Italia da Hobby & Work con il titolo "La statua che urla") e che aveva già avuto sullo schermo una (assai più fedele) traduzione cinematografica nel 1958 con lo stesso titolo ad opera del cineasta tedesco-americano Gerd Oswald (in quel cast con Anita Ekberg nel ruolo protagonistico che invece Argento affida al personaggio maschile interpretato da Tony Musante). Ed è interessante anche che all'interno di un percorso "di genere" si situi nel '73 l'incontro con Nanni Balestrini, poeta e scrittore della Neoavanguardia ed esponente del Gruppo 63, per Le cinque giornate, bizzarro ed unico – nel cinema argentiano – esperimento di devianza dall'horror-thriller all'insegna della controinformazione storica, nonché l'anno successivo romanzo edito da Bompiani. Bisogna aspettare il 1990 per ritrovare Argento in biblioteca, alle prese stavolta con un classico ed amatissimo scrittore come Edgar Allan Poe, in occasione di Il gatto nero, seconda parte del dittico poeiano conflittualmente realizzato in tandem con l'(ex)amico George A.Romero, che si prende invece in carico "I fatti nel caso di mister Valdemar". Più che una rilettura pedissequa del celeberrimo (e sfruttatissimo anche al cinema, da Ulmer a Fulci) racconto del 1843, Argento compie qui una sorta di trionfale crestomazia dell'immaginario poeiano, inglobando citazioni dirette o indirette anche da "Il crollo della casa Usher", "I delitti della via Morgue", "Il pozzo e il pendolo" e soprattutto "Il cuore rivelatore". Nulla più che una fonte d'ispirazione tecnico-scientifica è invece l'avvincente – e potenzialmente narrativo in sé - saggio della psicoanalista Graziella Magherini "La sindrome di Stendhal" (GEF Spa Firenze, 1989), che Argento ritrasformerà poi in romanzo autonomo desumendolo dallo script proprio e di Franco Ferrini per il film del 1996.

Ipertesto
Ma è il lavoro compiuto su un classico della letteratura fantastica d'inizio del secolo scorso, "Il fantasma dell'opera" di Gaston Leroux (1910), a svelare radicalmente la sostanza essenzialmente manipolatoria e anarchica del rapporto fra Argento e la scrittura come fonte. Alle prese con un autentico "ipertesto", dalle innumerevoli e più o meno rispettose versioni cinematografiche, Argento sceglie di prediligere il versante della favola tragica, dell'"amour fou", espungendo ogni orrorificità dal personaggio del Fantasma (che non è più un mostro sfigurato come nell'originale ma un bellissimo giovane biondo lungochiomato) e deviandola verso situazioni collaterali, sublimando l'orrido nell'eros e ricercando una cifra epica sinora del tutto estranea alle proprie corde. Nell'esplorazione sistematica dei "generi", anche letterari, non va poi sottovalutato il contributo tipicamente cronachistico di Carlo Lucarelli al copione di Nonhosonno (2001), anche se un nuovo esperimento di metamorfosi da pagina e (tele)schermo si profila di lì a pochi anni (2005) con Jenifer istinto assassino, l'episodio per la serie tv "Masters of horror" che Argento trae da una storia a fumetti di una decina di pagine pubblicata nel 1974 negli Usa sul testo di Bruce Jones e i disegni di Berni Wrightson, risceneggiata da Steven Weber che nel teleplay interpreta anche lo sfortunato e tragico ruolo del poliziotto protagonista, irretito nell'abisso di una Lolita mostruosa e cannibale. Anche l'altro episodio di Argento per la stessa serie, Masters of Horror: Pelts - Istinto animale (2006) ha un'origine letteraria, e precisamente da un breve racconto del '90 dell'americano Francis Paul Wilson, specialista in horror e fantascienza "a tema": in questo caso la violenta polemica ecologista e animalista contro l'industria delle pelli, che Argento vira in un efferatissimo e morboso tripudio del massacro.
Ce n'è a sufficienza, anche in una rapida carrellata, per concludere che la penna di Dario Argento è stata intinta più volte nell'inchiostro-sangue di un immaginario composito e irrequieto, plurale e cangiante, con poco spazio per l'esercizio accademico della "trascrizione" e molto invece per quello più empio e fertile della "dissezione" dei corpi, delle immagini e dei testi.

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