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Sky Cinema al RomaFictionFest

Il canale televisivo satellitare presenta i nuovi progetti in anteprima.
di Edoardo Becattini

Il ritorno della Banda della Magliana

mercoledì 7 luglio 2010 - Televisione

Il ritorno della Banda della Magliana
Criminali e Medici, romanzi e biografie. A uno sguardo superficiale, il listino dei progetti di Sky Italia parrebbe proseguire le attuali tendenze della serialità televisiva. In realtà, con un grosso investimento produttivo e la voglia di attestarsi ai livelli della grande narrazione delle tv americane via cavo, i progetti dell'azienda satellitare presentati questa mattina al RomaFictionFest si pongono un obiettivo ben più alto, a cominciare dalla seconda stagione della serie Romanzo criminale, che cerca di andare ben oltre la semplice constatazione di un prodotto italiano di grande successo. Con le parole del direttore di rete Nils Hartmann: "La serie rispecchia il brand di Sky Cinema che intende proporre storie innovative raccontate attraverso una sperimentazione dei linguaggi visivi e narrativi". Per Riccardo Tozzi, presidente di Cattleya, società produttrice della serie, "Romanzo criminale è stato un esempio straordinariamente riuscito di fiction all'avanguardia, qualcosa che viene già utilizzata come modello nei corsi di sceneggiatura delle scuole di cinema e che ha avuto un successo trasversale dentro e fuori dai confini italiani, per il suo linguaggio assieme sperimentale e popolare".
Stefano Sollima, regista di tutti gli episodi finora girati della serie (dodici nella prima stagione andata in onda fra 2008 e 2009 e dieci in quella che andrà in onda su Sky Cinema a partire da novembre), anticipa alcune delle svolte narrative: "La seconda serie parte esattamente da dove finiva la prima, con la morte del Libanese, il cui fantasma rappresenterà la colonna portante di tutto il futuro. Anche da un punto di vista affettivo, non potevamo separarci dal Libanese, così abbiamo pensato di renderlo la coscienza di uno dei personaggi, una sorta di Grillo Parlante. La sua uscita di scena ci ha permesso poi di ricostruire da zero un personaggio come il Bufalo e di creare un contrasto fra lui e Nanni per carcare di colmare il vuoto lasciato dal vecchio leader. Inoltre c'è il passaggio fondamentale agli anni Ottanta e al nuovo ruolo della donna nella società italiana, che abbia voluto rendere introducendo il personaggio di una spacciatrice di periferia che a poco a poco entra nel gruppo e compie la sua personale scalata. Posso poi anticiparvi alcuni degli eventi storici che si incroceranno con le vite della banda: la lista della P2 fa il suo ingresso sullo sfondo, così come il tentato omicidio di Roberto Rosone quand'era vicedirettore del Banco Ambrosiano o ancora i rapporti fra il Dandi e la Chiesa.

La Mala del Brenta
Da un'intera banda a un solo criminale, l'interesse di Sky a incrociare la cronaca nera italiana con l'estetica del gangster movie americano si fa avanti anche con un progetto dedicato a Felice Maniero, fautore di vent'anni di rapine, rapimenti, evasioni e omicidi nel Triveneto. Dietro al progetto di portare sul piccolo schermo la biografia del capo della Mala del Brenta, c'è la mano di Andrea Porporati (autore de Il dolce e l'amaro e di Sole negli occhi), che ha firmato la sceneggiatura di Faccia d'Angelo basandosi sulla biografia scritta dallo stesso Maniero assieme al giornalista Andrea Pasqualetto.
Andrea Porporati: Il nostro progetto prende le mosse dal romanzo "Una storia criminale", ma cerca di allargarne l'orizzonte. La storia della Mala del Brenta non è così nota: ha inizio più o meno negli anni della fine della Banda della Magliana e raggiunge il suo apice negli anni Novanta. Ha come lingua base il dialetto veneto, anche se assume molte delle caratteristiche tipiche della criminalità organizzata del Sud Italia. C'è una figura che giganteggia, un gangster imprenditore con idee grandiose che si trova a vivere nel momento di massima espansione economica del Nord-Est e che cerca di sfruttare il momento per intraprendere una crescita grandiosa fino ad utilizzare la violenza e il sangue. Quel che mi interessa raccontare è una sorta di incrocio fra tragedia classica e gangster movie, un percorso in cui il desiderio di potere e di successo divora il protagonista fino all'autodistruzione.

Il Rinascimento della corruzione
Fra i grandi progetti in cantiere, anche una grande coproduzione con l'Inghilterra che, contrariamente a quel che il titolo porterebbe a credere, non è l'ennesimo serial ambientato fra le mura ospedaliere. I Medici non sono infatti i dottori e le infermiere che combattono quotidianamente con la vita e la morte, ma la famiglia di nobili mecenati che detenne il potere nella Firenze del Rinascimento. Da Cosimo de'Medici a Lorenzo Il Magnifico, la serie sarà un dramma storico in otto episodi (che verranno girati fra Firenze e il Piemonte fra la primavera e l'estate del 2011) incentrato sugli intrighi di potere e le rivoluzioni artistiche del XV secolo con un occhio alla contemporaneità sul modello de I Tudor. Ne ha parlato Lorenzo Mieli, produttore italiano, e Derek Wax, dirigente della britannica Kudos Productions.
Lorenzo Mieli: Il progetto di coproduzione e la libertà che esso garantisce è alla base della modernità e dell'evoluzione del prodotto televisivo. Il progetto de I Medici usa elementi della contemporaneità per raccontare da dove veniamo: anche durante il Rinascimento, come oggi, si utilizzavano il denaro, l'arte e lo spettacolo per raggiungere il potere politico.
Derek Wax: Ogni anno un numeroso incredibile di turisti inglesi riempie Firenze, affascinato dalla ricchezza della sua arte e dalla sua storia. Noi abbiamo deciso di raccontargliela, a partire da tutti gli intrighi politici che si creavano a quel tempo alla corte dei nobili fiorentini. La storia della famiglia de' Medici è una storia incredibilmente moderna: una storia di vendette, di passioni e di artisti ribelli. Una storia di omicidi, repressioni e vanità che vogliamo raccontare in modo avvincente e realistico.

America on Sky
Oltre alla produzione italiana e alle nuove importanti collaborazioni internazionali, Sky si confronta sempre anche con il ruolo di "distributore" del piccolo schermo. In un momento in cui molte miniserie e film girati per la televisione americana vedono sempre più coinvolti autori e attori di grande prestigio, è giusto che la qualità offerta da queste opere riesca a raggiungere spazi alternativi a quello del grande schermo. Il palinsesto della prossima stagione di Sky Cinema vedrà così sempre di più convivere il cinema con la televisione grazie alla presenza di tre grandi produzioni americane, due delle quali vengono presentate proprio in questi giorni al festival. The Seawolf rilegge l'avventurosa traversata in mare del capitano Wolf Larsen di un romanzo di Jack London. You Don't Know Jack, in anteprima domani al multisala Adriano, importa il cinema in televisione attraverso il talento di Barry Levinson (Good Morning Vietnam; Rain Man) e la presenza di grandi premi Oscar come Al Pacino e Susan Sarandon per raccontare la vita di Jack Kevorkian e le sue ultime battaglie in favore dell'eutanasia. Infine, Temple Grandin porterà anche l'Italia a conoscere la vera storia di una donna capace di trasformare la sua condizione di autismo in un modo per sensibilizzare con gli animali e promuovere la tecnologia scientifica degli studi sul bestiame. Della sua storia e della sua protagonista, Claire Danes, che venerdì presenterà il film al pubblico del festival, ne parla il regista Mick Jackson (che, quasi venti anni fa, portò al successo Kevin Costner e Whitney Houston con Guardia del corpo).
Mick Jackson: Quella di Temple Grandin è una storia sorprendente ed emozionante. Temple Grandin è a tutt'oggi una delle scienziate più ammirate e riconosciute in ambito accademico, pur essendo una persona affetta da autismo. Temple è un'appassionata pensatrice, una donna dotata di un'intelligenza e una visionarietà fuori dal comune che le hanno permesso di uscire dalla gabbia dell'autismo, di sviluppare una certa empatia con gli animali e di utilizzare questa sensibilità per realizzare delle grandiose scoperte scientifiche. Il mio film è una storia sulle gabbie umane, su tutti quei preconcetti che nella vita ci impongono un solo modo di pensare e che inibiscono la creatività e l'evoluzione del pensiero.
Non avrei mai potuto fare il film senza Claire Danes. La vidi recitare a Broadway qualche tempo fa la parte di Christina Olson, la donna paralizzata del famoso dipinto di Andrew Wyeth, e la sua grande professionalità mi fece capire da subito che era lei l'unica persona adatta ad interpretare Temple Grandin. Diventare una donna autistica è stata per lei una grandissima sfida: gli attori solitamente sfruttano un'empatia innata per emulare gesti e sguardi, ma in questo caso doveva invece adattarsi ai modi di fare di una donna che simpatizza più con il suo bestiame che con altri esseri umani.

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