Folklore e romanzi danno spunto al grande schermo.
di Rudy Salvagnini
L'interpretazione astratta di Murnau
Se oggi i vampiri, nel cinema come nella letteratura, enfatizzano le loro caratteristiche romantiche innestando nell'orrore, generato tipicamente dalla loro figura, un sentimentalismo che spesso assume un carattere preponderante, non è sempre stato così. Nel corso dei decenni, la figura del vampiro ha riempito gli schermi così come, già da prima, aveva riempito le pagine di saggi sul folclore e di romanzi. E così come nella letteratura c'è voluto parecchio tempo per distillare da leggende anche antichissime il "personaggio" del vampiro in modo compiuto e organico - con il Dracula di Bram Stoker, dopo l'antipasto di Il vampiro di John Polidori - anche nel cinema l'avvio è stato piuttosto fuorviante e confuso.
Il vampiro più famoso dei primi anni del cinema è infatti una donna, che non succhiava sangue, ma "mangiava" uomini. Theda Bara è stata la vamp per eccellenza, interpretando il personaggio della vampira in A Fool There Was, quasi un secolo fa, come icona della donna predatrice e solo metaforicamente succhiasangue. Ma di lì a poco un vampiro propriamente detto avrebbe sfondato sullo schermo nell'immortale classico di F.W. Murnau, Nosferatu. Ispirandosi al romanzo di Stoker senza averne i diritti (con conseguenti strascichi legali), Murnau dà del vampiro un'interpretazione quasi astratta, la personificazione del male, che solo l'amore può vincere. Come altri capolavori dell'espressionismo (Il gabinetto del dottor Caligari in testa), il "mostro" sembra un presagio dei totalitarismi in ascesa. Lo interpreta Max Schreck - un attore sul quale sono fiorite bizzarre leggende urbane riprese ironicamente in L'ombra del vampiro con Willem Dafoe a rifare Schreck - come un essere totalmente repellente e malevolo.
Dracula diventa un'icona universale
Per arrivare a un'icona universale del vampiro bisogna però arrivare al 1930 quando a Hollywood la Universal produce la versione cinematografica della commedia che, ispirata al romanzo di Stoker, furoreggia a Broadway. Il Dracula diretto dall'esperto Tod Browning lancia Bela Lugosi come il vampiro definitivo, almeno per molti anni. Aristocratico, mitteleuropeo, affettato nei modi e sinistro negli scopi, il Dracula di Lugosi rappresenta un'immagine di riferimento per molti anni e ancora oggi è immediatamente riconoscibile. Che il film in sé non sia un capolavoro non importa. Sfonda al box office e lancia la golden age dell'horror. Diversamente da Nosferatu, Dracula è un vampiro che conserva tratti di umanità: l'immediato impatto visivo forse diminuisce, ma aumenta lo spessore del personaggio, la sua ambiguità.
Seguiti e imitazioni non si contano. Gli attori che seguono le orme di Lugosi - che già di per sé si ripete con piacere nel ruolo sino all'auto parodia (Il cervello di Frankenstein, ma, anche e soprattutto, Mother Riley Meets the Vampire) - sono parecchi. Tra loro emerge il grande John Carradine, gigione al punto giusto. Il fenomeno non è confinato agli Stati Uniti. Si distingue infatti tra gli altri, direttamente discendente dal Dracula lugosiano, un ciclo di horror vampirici messicani di apprezzabile fattura, iniziato con La stirpe dei vampiri, diretto da Fernando Mendez con l'azzimato ed elegante German Robles nei panni del vampiro.
Van Helsing e le lesbo-vampire
Dopo quasi tre decenni, però, la figura del vampiro, fiaccata da commedie e iterazioni senza fantasia, sembra aver esaurito la sua carica soprattutto con riguardo al suo scopo precipuo, quello di spaventare o almeno inquietare. La scossa arriva nel 1958 quando Terence Fisher dirige per la Hammer Dracula il vampiro, lanciando definitivamente Christopher Lee nel ruolo del titolo, mentre Peter Cushing, con una perfezione mai più raggiunta da alcuno, tratteggia la figura della sua nemesi, il cacciatore di vampiri Van Helsing. Fisher e Lee aggiungono al personaggio di Dracula una dimensione romantico-sensuale che appartiene alla tradizione letteraria, ma non era stata molto usata al cinema. Dracula diventa quindi un antieroe romantico che attrae e respinge le donne con il fascino del male. Non più semplicemente un essere malvagio, ma anche il motore del desiderio e della passione.
La lezione viene compresa in tutto il mondo e la figura del vampiro cambia radicalmente. Tra chi approfitta maggiormente del nuovo connubio tra orrore ed erotismo sensuale sono gli italiani con film come L'amante del vampiro o L'ultima preda del vampiro, dove Walter Brandi si propone come Christopher Lee de noantri. Viene anche approfondita la figura della vampira, che diventa centrale in un genere sempre più spostato verso una morbosa sensualità. Il sangue e la rosa di Roger Vadim si ispira a Carmilla, classico scritto da Joseph Sheridan Le Fanu, così come fa qualche anno dopo Camillo Mastrocinque con La cripta e l'incubo. Più tardi sarà compito della Hammer sfruttare a fondo il filone delle lesbo-vampire con Vampiri amanti e altri ancora. Riccardo Freda aveva anticipato in parte il fenomeno, in modo molto più casto, con I vampiri, ispirandosi però alla figura della contessa Bathory, vampira sui generis perché dedita a cure di bellezza mediante bagni nel sangue di giovani vergini. Il geniale La vestale di Satana e il mediocre La morte va a braccetto con le vergini riprenderanno la stessa ispirazione con esiti diversi.
Il vampiro nell'era moderna
Confinata prevalentemente in un'ambientazione gotica d'epoca, la figura del vampiro, anche se rinnovata, perde via via impatto e trova la necessità di una rivitalizzazione mediante il contatto con la modernità nervosa delle moderne metropoli. Il dittico Yorga il vampiro e Vampire Story mette così un vampiro ancora aristocratico e tradizionale interpretato da Robert Quarry a contatto con i tempi moderni, scettici e disinibiti per definizione. Anche la Hammer porta il Dracula di Christopher Lee nella contemporaneità - con 1972: Dracula colpisce ancora e I satanici riti di Dracula - ma è chiaro che senza un rinnovamento della figura del vampiro il mero aggiornamento temporale non può produrre effetti positivi.
Più interessanti, a titolo di curiosità, certe contaminazioni come Blacula che propone un vampiro di colore capace di suicidarsi per amore, dando quindi spazio a un romanticismo che prefigura svolte di decenni successive, come fa anche il coevo e ancor più sentimentale I diabolici amori di Nosferatu con Paul Naschy, attore valido ma non adatto al ruolo. Si segnalano anche bizzarre rielaborazioni a latitudini lontane, come i vampiri saltellanti del cinema di Hong Kong, esseri alieni e mostruosi protagonisti di parecchi film, tra cui il mirabile Mr. Vampire di Ricky Lau, capace di generare una serie.
Il ritorno del romanticismo
Il romanticismo ritorna ancor più con il Dracula di Badham, ma è accompagnato anche dal riaffacciarsi del vampiro mostruoso e maligno nel remake di Nosferatu a opera di Herzog e in Le notti di Salem, tratto da Stephen King. Il Dracula di Coppola e Intervista col vampiro di Jordan gonfiano ulteriormente l'aspetto romantico, arricchito nel caso del secondo film da una punta di perversione. Un vero aggiornamento ai tempi moderni si ha però con il fondamentale Il buio si avvicina di Kathryn Bigelow, che ci propone dei vampiri giovani e post-punk come, con esiti meno epocali, Ragazzi perduti. I vampiri perdono la patina aristocratica e diventano come noi. Perfettamente inseriti in un mondo che non crede in loro, diventano una società indipendente all'interno della società umana. In questo modo si creano le premesse per una convivenza più o meno pacifica come in La stirpe o in Perfect Creature.
Certo, a volte la convivenza resta apertamente conflittuale come nella serie di Blade, con il mezzosangue a combattere i suoi quasi parenti rimasti dalla parte del male. Ma il processo di umanizzazione dei vampiri è sempre più consistente e apre ai vampiri la porta di sentimenti diversi da quelli meramente predatori. Come una minoranza etnica, i vampiri cercano un loro spazio anche attraverso una difficile unione con gli esseri umani. La saga di Twilight prende elementi preesistenti - società dei vampiri, romanticismo - per creare un universo composito e articolato dove i sentimenti sono il motore dell'azione. Nel farlo utilizza anche i licantropi come avveniva nei vecchi patchwork come La casa degli orrori o più recentemente in Underworld e relativi seguiti. L'insieme piace più alle spettatrici in cerca di emozioni romantiche che agli appassionati di horror, ma l'importante è che abbia un suo pubblico di riferimento e rappresenti comunque una curiosa evoluzione di una figura, quella del vampiro, che ha sempre saputo mutare nel corso degli anni per mantenersi al passo con i tempi.