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Horror Frames: My Name is Bruce, quando l'attore è il personaggio

Bruce Campbell interpreta se stesso in chiave autoironica.
di Rudy Salvagnini

Da Totò, Gianni e Pinotto agli horror
Bruce Campbell (66 anni) 22 giugno 1958, Royal Oak (Michigan - USA) - Cancro. Interpreta Bruce Campbell nel film di Bruce Campbell My Name Is Bruce.

martedì 25 maggio 2010 - News

Da Totò, Gianni e Pinotto agli horror
L'immedesimazione tra attore e personaggio che interpreta - nel senso che i due si fondono e sullo schermo l'attore compare come se stesso - è un fenomeno poco comune, ma non estremamente raro. Si verifica soprattutto con i film comici, quando la maschera e l'attore sono, o meglio sembrano, la stessa cosa. Stan Laurel e Oliver Hardy interpretavano sempre personaggi che portavano il loro nome. Naturalmente, la cosa non significava che quelli che comparivano sullo schermo fossero i "veri" Laurel & Hardy della vita di tutti i giorni, ma lo spettatore era invitato a pensare ci fosse un certo grado di immedesimazione tra di loro. Gianni e Pinotto sono stati un altro caso e, per restare in Italia, un fenomeno simile, anche se sostanzialmente solo nel titolo dei film, è avvenuto in Italia con Totò. In altri casi, attori e registi importanti sono comparsi come loro stessi in piccoli cameo o anche in ruoli più importanti, anche narrativamente: un esempio significativo che vale per tutti è quello della bellissima interpretazione che Fritz Lang dà di Fritz Lang in Il disprezzo di Jean-Luc Godard.
Nell'horror, questa circostanza si è verificata diverse volte in un'epoca ormai remota quando erano le star a essere il motivo di richiamo principale di molti film. Bela Lugosi e Boris Karloff erano considerati la personificazione dell'horror e quindi, in un momento di parziale decadenza del genere, sono stati proiettati direttamente nel titolo dei film per rafforzare questa identificazione: Bela Lugosi Meets a Brooklyn Gorilla o Abbott and Costello Meet the Killer, Boris Karloff (in Italia intitolato Gianni e Pinotto e l'assassino misterioso) sono esempi significativi. Che poi in quei film Bela Lugosi interpretasse un personaggio che si chiamava Dr. Zabor e Karloff ne interpretasse uno che si chiamava Swami Talpur non aveva molta importanza: il richiamo era all'attore che rimaneva se stesso qualsiasi personaggio interpretasse.
Negli ultimi decenni, gli effetti speciali hanno reso meno sostanziale la presenza di star specializzate nell'horror. Qualche personalità è però emersa ugualmente. Tra queste, Bruce Campbell, lanciato dall'amico Sam Raimi in La casa e poi in grado di ritagliarsi una buona carriera soprattutto nei B movies. Oltre ad aver scritto una simpatica autobiografia (If Chins Could Kill), Campbell ha voluto giocare con la rappresentazione che il pubblico ha di lui come attore di horror, interpretando un film nella parte di se stesso. Un se stesso visto in chiave autoironica, ma comunque non troppo lontano dalla realtà immaginata, un attore di serie B che si trova sorprendentemente alle prese con qualcosa che di solito deve fronteggiare solo sullo schermo. My Name Is Bruce, diretto dallo stesso Campbell, è quindi un film curioso sin dalla premessa.
Nella cittadina di Gold Lick, un paio di ragazzotti post punk litiga su Bruce Campbell: Jeff lo ritiene il più grande attore della sua generazione, il suo amico Clayton pensa invece peste e corna di lui e dei suoi film. I due vanno all'appuntamento notturno con due ragazze in un vecchio cimitero abbandonato. Lì, Jeff trova uno strano simbolo di metallo e, togliendolo dalla sua sede, scatena un mostro terribile che ammazza Clayton e le ragazze: è Guan-di, il vendicatore dei cento cinesi sepolti vivi un secolo prima nella miniera. Jeff riesce a fuggire. Nel frattempo, Bruce Campbell sta interpretando uno scalcinato B movie (Cave Alien 2) combattendo ridicoli mostri alieni. Il mondo approssimativo e caciarone dei film low budget è ritratto con la simpatica fedeltà di chi lo percorre da tempo: Campbell recita frasi assurde, incontra all'uscita dal set i suoi fan assurdamente adoranti che gli domandano sempre le stesse cose, parla con cinica amarezza con il suo agente, Mills Toddner, che non gli sa trovare film migliori. L'agente gli promette qualcosa di veramente sorprendente per il suo compleanno. Tornato alla roulotte dove vive, guarda in Tv un programma in cui di lui si dice che ha rovinato una promettente carriera con troppe interpretazioni in filmetti di nessun conto. Nel cuore della notte, Jeff bussa alla sua porta dicendogli che è stato accidentalmente liberato lo spirito di Guan-di, dio cinese della guerra, e chiedendo il suo aiuto. Quando Campbell glielo rifiuta, Jeff lo rapisce. Questo perché, fuorviato dalla confusione di ruoli tra fantasia e realtà, il fan sfegatato pensa che Campbell sia quello che, nei panni di Ash, combatte contro i demoni in L'armata delle tenebre. Portato a Gold Lick, Campbell pensa che quello sia il regalo a sorpresa del suo agente e sta al gioco, insegnando ai cittadini come fronteggiare il temibile mostro. Poi capisce che il pericolo è più concreto.

Una presa in giro dell'identificazione
Il film è una simpatica presa in giro del fenomeno di identificazione incoraggiato dal cinema e una modesta ma sincera riflessione sulla distanza tra l'iperbole dell'eroe cinematografico e le difficoltà della vita reale. Il tutto mescolato a un'ironia costante che rende ogni significato più soffuso e impreciso, lasciando spazio soprattutto a una benvenuta presa in giro totale. Infatti, che il mostro venga infine affrontato allo stesso modo in cui verrebbe affrontato in un film rappresenta forse un atto d'amore per il cinema di serie B, ma è soprattutto un modo per ironizzare sul "messaggio" del film. Forse alla fine, sembra dirci Campbell, gli horror di bassa lega sono didattici: trovandoci di fronte a un mostro sapremmo cosa fare.
Il gioco è divertito e divertente, con continui riferimenti ai film interpretati da Campbell. Jeff, il ragazzo patito di horror e di Campbell, è raffigurato come un tipico nerd sfigato e ossessionato: un ritratto bonariamente sarcastico del fan che vive la sua vita in modo vicario.
Molte cose sono fresche e azzeccate. Il film è contrappuntato da uno stagionato duo country che canta una ballata che presenta e riassume la situazione nel suo procedere. I richiami al country e al mondo di provincia così spesso teatro degli horror sono ripetuti e spassosi.
Gli aspetti horror sono trattati senza troppa serietà, ma con un discreto uso di effettacci gore e una certa attenzione alle atmosfere e alle scenografie per conferire un look macabro da film di serie B che è del tutto appropriato, essendo questo soprattutto un film di serie B autoreferenziale e autoironico. Svelto e vivace, My Name Is Bruce gira però a vuoto più di qualche volta a causa di una storia non sufficientemente articolata, basata in sostanza su una gag. Le cose migliori sono i dettagli, che per essere apprezzati in pieno richiedono una buona conoscenza della carriera di Campbell, del suo passato cinematografico. Anche il cast è ricco di riferimenti in questo senso. Ted Raimi, fratello di Sam, interpreta addirittura tre ruoli. La parte dell'ex moglie di "Bruce Campbell" è interpretata da Ellen Sandweiss, nel cast di La casa (è la ragazza che veniva violentata dall'albero). E ci sono altri reduci dai film di quella serie.
Un film esile, in definitiva, ma che si fa perdonare la sua inconsistenza per l'originalità del concetto di base e la bontà di molte delle sue trovate.

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