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Slow Food on Film – Seconda edizione

Torna il festival internazionale di cinema e cibo per dimostrare le contraddizioni della produzione alimentare industriale.
di Luisa Ceretto

Una kermesse di proiezioni, incontri, convegni e laboratori didattici

lunedì 11 maggio 2009 - News

Una kermesse di proiezioni, incontri, convegni e laboratori didattici
Si è appena conclusa a Bologna, la seconda edizione di Slow Food on Film, il festival internazionale di cinema e cibo, promosso dalla Cineteca di Bologna e da Slow Food.
Dal 6 al 10 maggio, più di un centinaio di pellicole sugli schermi del Cinema Lumière, hanno raccontato, testimoniato e documentato attraverso le immagini, l'urgenza di temi legati alla salvaguardia del mondo rurale e alla tutela della biodiversità agroalimentare, argomenti sui quali il movimento internazionale di Slow Food, sta conducendo un'opera ormai ventennale di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, grazie anche alla creazione di una rete internazionale di sedi locali e presidi.
Come ha spiegato Stefano Sardo, il direttore del festival, la manifestazione si pone il compito, attraverso opere provenienti da tutto il mondo, di mostrare il processo produttivo del cibo, evidenziando le contraddizioni e i problemi connessi alla produzione alimentare industriale sempre più inquinante, tesa a favorire l'aumento indiscriminato dei consumi, all'intensificazione delle monocolture, con un grave impatto sulla terra che, nel giro di una cinquantina di anni, si trova di fronte ad una grave emergenza ambientale.
Una kermesse di proiezioni, incontri, convegni e laboratori didattici che rendono Slow Food on Film un'occasione di conoscenza del precario stato di salute del nostro pianeta, delle tragiche conseguenze del progressivo impoverimento delle risorse della natura, ma anche un momento di scambio di esperienze e di proposte alternative alla "filosofia" delle corporation internazionali dell'industria agroalimentare occidentale e che costituiscono, oggi, esempi di una nuova produzione, biologica e stagionale, nel rispetto del diktat di Slow Food, del cibo buono, pulito e giusto.
Una manifestazione che, se ha preso il passo veloce dell'annualità, contravvenendo allo spirito slow della cadenza biennale, dell'alternanza delle rotazioni agricole, come ricorda sempre Stefano Sardo, resta tuttavia fedele a quei ritmi, alternando alle proiezioni, momenti di incontro che fuoriescono dalle strettoie dei ritmi festivalieri, di scambio culturale, come ad esempio la degustazione delle prelibatezze artigianali del cibo di strada, o di snack slow, in contrapposizione al junk food, al cibo spazzatura dei fast food.
Dare continuità alle proposte del festival
"Faremo di Slow Food on Film quasi un festival permanente – ha dichiarato Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca - lavorando di sponda con associazioni e con la didattica per dare continuità alle proposte del festival; e grazie a manifestazioni collaterali quali il Mercato della terra, che dall'anno scorso è diventato un appuntamento quindicinale con i produttori locali, terremo vivi questi temi".
"Pur partendo dal cibo si sono affrontati temi quali il clima, la biodiversità, la sostenibilità, la giustizia sociale, i rifiuti, la sovranità alimentare – ha puntualizzato Roberto Burdese, presidente di Slow Food -. Troppe volte le soluzioni a questi problemi sembrano lontane, ma vedendo questi film ti accorgi di quanto la lucidità di analisi degli autori venga in soccorso. Slow Food on Film infatti moltiplica le chiavi di lettura con le quali ci confrontiamo ogni giorno".
L'esordio alla regia di Gianni Di Gregorio, Pranzo di Ferragosto, è il titolo vincitore della sezione Best Food Feature.
Thé Noir di Serge Elissalde è il miglior cortometraggio presentato nella Shorts Competition. Una menzione d'onore è stata assegnata a Blooming in Spring di Ji-yeon Jung, per la tematica trattata, il rapporto problematico nell'età adolescenziale col cibo.
Per quanto riguarda la sezione Docs Competition, è stata attribuita la chiocciola d'oro a Food Inc. di Robert Kenner, un documentario d'inchiesta sulla prima fase della catena alimentare, alla ricerca delle origini del cibo industriale.
Imadsag - La preghiera di Sandor Mohi ha ottenuto il premio Doc under 35. Nella stessa sezione, a Uno degli ultimi di Paul Zinder e a Salt in the Scars di Fiorella Castanotto sono state riconosciute due menzioni speciali.
Alle sezioni competitive si sono accompagnate rassegne quali Un film nel piatto, dove la visione è seguita dalla degustazione di un piatto in tema con la pellicola programmata.
La sezione Focus d'autore ha proposto le opere di Giuseppe Taffarel, vera e propria scoperta di questa seconda edizione, e del documentarista Luigi Di Gianni, insieme alla riproposizione di un omaggio al cinema di Elio Piccon e la retrospettiva Il Mondo perduto, che mostra una civiltà in via d'estinzione e il rapporto indissolubile con la terra, e in particolare l'emigrazione dal dopoguerra alla fine degli anni settanta; infine un'appendice dedicata al cinema di cent'anni fa, Mondo perduto silents – cento anni fa, due programmi di film risalenti agli anni 1907-1909, provenienti dalle collezioni del British Film Institute.
Rispetto alla scorsa edizione, il festival ha proposto due novità, la rassegna notturna Food Nightmares, di "esorcismi cinematografici" per le paure da cibo industriale, che propone titoli come 2022: i sopravvissuti di Richard Fleischer e ancora The Stuff, il gelato che uccide di Larry Cohen e la rassegna Gustorama, proiezioni che chiamano in causa il gusto, oltre che la vista e l'udito con degustazioni in sala.
Terra Madre, un raduno mondiale tra tutte le Genti contadine
Ad inaugurare il festival è stata l'anteprima italiana di Terra Madre del maestro Ermanno Olmi, una produzione Cineteca di Bologna e ITC Movie, in collaborazione con Rai Cinema. Presentato in prima mondiale come evento speciale alla Berlinale 2009, il film è nelle sale italiane a partire dall'8 maggio, distribuito dalla Bim.
Prendendo il titolo dalla manifestazione biennale promossa da Slow Food, "Terra Madre", all'interno del Salone del gusto, di cui si è tenuta la terza edizione lo scorso ottobre, il film è un documento prezioso perché testimonia la chiamata a raccolta, nel corso della seconda edizione del 2006 a Torino, di mille e duecento comunità di contadini, pescatori, pastori e nomadi, per un totale di quattromilaottocentottantotto delegati, provenienti da centoventinove paesi.
L'eccezionalità e la portata internazionale di "Terra Madre" risiede appunto in quel "raduno mondiale tra tutte le Genti contadine", dove ciascun rappresentante, protagonista di una differente realtà rurale, ha potuto raccontare in prima persona la propria esperienza, denunciando le proprie difficoltà ed esprimendo la propria opinione.
Un'assemblea che ha eletto la Terra a propria sede, unendo soggetti diversi quotidianamente coinvolti in problemi di sostentamento attraverso la coltivazione, l'allevamento, la pesca. Un incontro di saperi e tradizioni, che si è trasformato in evento mediatico senza eguali, in quanto ha posto al centro dell'interesse il mondo contadino, sempre più ai margini della società odierna e puntualmente oscurato dai media, ridandogli oltre che la visibilità, la parola.
Un appuntamento di "grande intelligenza affettiva"
Ad introdurre la visione della pellicola, sono intervenuti l'autore, Ermanno Olmi, e il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, ideatore di "Terra Madre", a cui abbiamo rivolto alcune domande:

E' fondamentale che momenti salienti della manifestazione "Terra Madre", giunta alla sua terza edizione, siano confluiti in una pellicola, perché attraverso le immagini si comprende che non è solo un appuntamento di grande rilevanza internazionale, ma che realmente unisce nella stessa assise contadini, pastori, nomadi e pescatori, proponendosi come momento di scambio e di dialogo paritario. Com'è nata l'idea del film?
Noi avevamo la necessità di testimoniare anche dal punto di vista filmico questo evento e l'idea di coinvolgere Ermanno, è stata di Luciana Castellina, una comune amica, che ci ha messo in contatto. Direi che questa visione poetica che Ermanno aggiunge alla cronaca dell'evento, dà un contenuto più solido, anche se l'evento in sé sta assumendo proporzioni veramente incredibili, perché questo grande appuntamento è un appuntamento che io amo definire di "grande intelligenza affettiva". E mi spiego: questa umanità non si sente sola nei campi, nei villaggi perchè condivide, ha l'impressione di essere in una rete, di costituire una grande famiglia che ogni due anni si incontra per scambiare esperienze e per sentirsi parte di una comunità di destino, una comunità unica. Questo è il grande valore di "Terra Madre" e mi pare che il film, almeno nella prima parte, lo metta bene in evidenza, anche con quel messaggio finale molto bello del giovane americano, in occasione della terza edizione, svoltasi nell'ottobre 2008.
Dopo di che, nella parte successiva, il maestro Olmi ci richiama ai tempi e ai ritmi della natura, che sono tempi lenti, che stanno bene con Slow Food, hanno tempi slow...
Con questo strumento, "Terra Madre" riuscirà a comunicare in ogni parte del mondo quella che è in fondo la sua missione, un grande movimento di speranza, non vorrei, però, che passasse come "mondo dei vinti". Le comunità di "Terra Madre" sono attive, presenti e questo appuntamento dà loro un senso di appartenenza, li fa sentire meno soli, come afferma il pescatore nel film.

Nuovo Umanesimo, l'occasione per un ritorno all'etica
In un'intervista rilasciata a "Repubblica", Lei parla di ritorno alla terra e di Nuovo Umanesimo, come risposta alla crisi. Recentemente, secondo prospettive diverse, anche Rita Levi Montalcini ha parlato di Nuovo Umanesimo e, qualche tempo fa, il sociologo Edgar Morin, a proposito dell'attuale crisi economica mondiale, ha dichiarato che potrebbe essere l'occasione per un ritorno all'etica. Come può Slow Food, il movimento cui ha dato vita, oltre a tradursi nelle molteplici attività già avviate a livello internazionale, diffondersi culturalmente e raggiungere le giovani generazioni, imbevute di consumismo e facilmente manipolabili dai media?
L'impresa è ardua, ma avvertiamo che i giovani sono molto sensibili a queste tematiche e che l'opportunità di riflettere su questa crisi e sulle cause di questa crisi genera comunque interesse, curiosità e voglia di cercare vie di uscita, che non siano quelle classiche, che ormai da troppi anni hanno portato al depauperamento delle risorse dell'ambiente e della terra.
Considerati i tempi in cui ci tocca vivere, questa esigenza di Nuovo Umanesimo si interpreta proprio attraverso il riorientamento dei consumi, ovvero una loro diminuzione. Se il Nuovo Umanesimo incomincia a circolare come concetto, deve partire innanzitutto dai comportamenti individuali; in questo senso, anche la stretta valenza della pellicola, Terra Madre, non di denuncia, ma di riflessione, ci è utile, perché viviamo in un momento in cui è importante riflettere, prima di fare scelte avventate o di ricorrere alle vecchie medicine di un tempo.
Il malato è un malato che va preso seriamente, e quindi non si può con qualche panno caldo, pensare di tornare al bengodi di prima, che poi non era assolutamente un bengodi, ma una forma di egoismo, di avidità nostra, dell'umanità rispetto alla natura e alle sue risorse. Ecco quindi, cercare queste strade non significa necessariamente mortificazione. Può significare, anzi, maggiore felicità.
Abbiamo una componente mediatica potente, che spesso e volentieri è al servizio o è condizionata da una pubblicità che crea bisogni indotti. E' la creazione di bisogni indotti che è veramente una iattura, perché le tre caratteristiche del consumismo, la velocità, la creazione dei bisogni indotti e lo spreco, non si fermano se continuiamo a mettere sotto assedio, ad esempio, l'anima dei nostri bambini con tre o quattro ore di televisione al giorno, i quali ricevono messaggi che non sono in grado di decodificare, quindi assorbono, come fossero carte assorbenti. E spesso questi messaggi sono fasulli, come ad esempio, "il latte della Lola", perché creano un falso mondo agreste, che non è agreste, ma al servizio di un'industria spregiudicata, che ha ben poco a che fare con la nuova economia agricola.
Conoscenza e dialogo con altre culture
L' Italia è un paese schizofrenico: dall'immediato dopoguerra ha conosciuto un grande sviluppo industriale, eppure tutt'oggi vi permangono aree di forte arretratezza. Un paese che ha vissuto una forte emigrazione, che ha subito atteggiamenti di discriminazione da parte delle popolazioni dei paesi ospitanti, e che ora, purtroppo, a sua volta manifesta qui e là intolleranza nei confronti degli stranieri immigrati. Slow Food e "Terra Madre" costituiscono un veicolo importante di conoscenza e dialogo con altre culture, oltre che di riscoperta delle nostre radici rurali...
Basterebbe riflettere sul ruolo che hanno i nuovi contadini nella nostra economia agricola. Io vengo dalle Langhe piemontesi. Noi non avremmo la produzione del barolo, se non ci fossero diecimila macedoni nelle sole province di Cuneo e Asti, che garantiscono la produzione di questi vini. Il parmigiano reggiano, che è uno dei prodotti identitari, se non ci fossero gli indiani che accudiscono le mucche per la produzione del latte, non si potrebbe fare. Comunità maghrebine e anche polacchi stanno producendo la fontina in Val d'Aosta. Che senso ha non riconoscere a questi nuovi contadini la cittadinanza italiana, nel momento in cui garantiscono i prodotti identitari della nostra terra, che noi senza di loro, non saremmo più in grado di produrre? Questa riflessione basta e avanza per dire che a costoro va dedicato un approccio di maggiore attenzione, perchè sono loro a tenere in piedi la nostra economia agricola.

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