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Il mestiere dell'attore a Giffoni

Filippo Timi e Alba Rohrwacher, così lontani così vicini.
di Gabriele Niola

Maschio e femmina, dinamico e tranquilla. Le due facce del cinema
Alba Rohrwacher (45 anni) 27 febbraio 1979, Firenze (Italia) - Pesci. Interpreta Beniamina nel film di Giorgio Diritti L'uomo che verrà.

mercoledì 22 luglio 2009 - News

Maschio e femmina, dinamico e tranquilla. Le due facce del cinema
In attesa dell'arrivo oggi di Milo Manara e Christina Ricci raccontiamo della curiosa esperienza regalata ieri dal festival di Giffoni. Alba Rohrwacher prima e Filippo Timi poi sono state ieri le due facce del mestiere dell'attore in Italia e certo più diversi non li si poteva trovare.
I due hanno portato reciprocamente una versione dimessa e una dinamica e istrionica del proprio mestiere. Alba reduce dalla difficile lavorazione dell'ultimo film di Giorgio Diritti ha raccontato delle difficoltà connesse alla ricostruzione di un evento tragico come la strage di Marzabotto.
Filippo Timi ha invece tenuto una lezione rumorosa, caotica e delirante capace di spaziare su mille temi ma sempre con l'idea di raccontare il lavoro di un uomo che diventa qualcos'altro e che cerca di comunicare dei sentimenti: "Le parole mentono sempre, il corpo mai!" è stato il mantra ripetuto per spiegare che al cinema come in teatro l'attore comunica con quello che fa piuttosto che con quello che dice.

L'indispensabilità di essere pazzi, ovvero profondamente se stessi
Incontenibile Filippo Timi: urla, sussurra, imita, scherza, gigioneggia e intrattiene il pubblico della sua masterclass spaziando dalla filosofia al suo lavoro da attore fino ai resoconti dai set dove ha lavorato. Non è certo un tipo remissivo, devia sulla religione, racconta di amori morti, ideali traditi e un passato squattrinato ma sempre per spiegare come faccia quello che fa e soprattutto perché.
"È facile fare un padre stronzo e nazista che picchia il figlio, ma per non respingere il pubblico devi trovare cosa c'è dietro, cioè non puoi essere sempre odioso altrimenti nessuno si immedesima; devi trovare una chiave per renderlo accettabile". Un compito non semplice per risolvere il quale è servito un lampo: "In una scena [di Come Dio comanda] in cui dovevo dire a mio figlio di darmi una testata mi venne l'illuminazione e cioè che tutto nasce dall'amore. L'odio di Rino viene dal fatto che non riesce ad esprimere il suo amore. Quando tanto amore è compresso può sembrare malvagio. In quella scena il padre vuole insegnare al proprio figlio come difendersi, che è anche una bella cosa, ma se quell'amore non riesce ad uscire e rimane represso per anni poi quando uscirà sarà carico di disperazione e magari farà anche male".
Al contrario la difficoltà più grande quando si è confrontato con la figura di Mussolini per Vincere è stato dimenticare il fatto che è anche una figura storica per arrivare all'uomo e poter diventare lui: "Anche con Amleto è così, devi renderlo uomo, devi immaginarlo innanzitutto che caga, perchè così lo metti alla tua altezza e da lì procedi". L'aiuto per Mussolini poi è stranamente arrivato da Elio Germano: "Elio mi ha raccontato di un libro sul narcisismo che stava leggendo e mi ha raccontato come anche il narcisismo dei dittatori si manifesti quando si guardano allo specchio. Non guardano l'immagine di sé ma quella che vogliono dare al mondo e anche intorno a loro vedono gli altri come immagini e per questo è più facile uccidere".
Ecco allora perché Filippo Timi arriva a dire che la pazzia è molto sana, perché è ciò che "ti costringe a conoscerti e a credere in quello che vuoi. Cioè se pensi che la chiesa vada dipinta di verde e ci credi contro il volere di tutti, quello è la pazzia. Essere profondamente se stessi".

Alba contadina tra i contadini
Di tutt'altro tono invece l'incontro con Alba Rohrwacher, molto più dimessa e tranquilla ma ugualmente determinata nel portare avanti la propria visione del mestiere dell'attore.
Tutta l'attenzione è stata centrata su L'uomo che verrà il nuovo film di Giorgio Diritti che uscirà tra poco e che racconta della strage di Marzabotto. Una lavorazione non facile.
"Girare non è stato facile innanzitutto per la sceneggiatura delicata e poi per i luoghi molto difficili da raggiungere. Senza contare l'emotività connessa a quello che facevamo".
Diritti infatti ha messo a recitare gli uni accanto agli altri sia attori professionisti come Alba ma anche Maya Sansa, sia attori non professionisti, gente del luogo e non e quindi anche superstiti: "Sono successe cose strane e dure, siccome molti avevano vissuto il dramma c'è stato anche chi si è scagliato contro gli attori vestiti da tedeschi o soffriva e non ce la faceva a stare sul set".
La ricostruzione dunque sembra particolarmente accurata, tanto che a 10 giorni dall'inizio delle riprese Diritti ha pensato di non girare il film in bolognese come preventivato ma di adottare il vero dialetto emiliano antico (operazione simile a quella che fece per Il vento fa il suo giro): "Ci ha chiesto se ce la sentivamo di recitare in un'altra lingua e a me è sembrato un atto di coraggio e di fedeltà che dà alla storia una forza ulteriore, per questo abbiamo studiato con Giorgio Monetti quest'altra lingua. E alla fine non rimanevamo nemmeno troppo fedeli alle battute tanto la musicalità ci era entrata dentro".
Attori professionisti accanto a non professionisti, veri contadini. Volti presi dalla terra accanto a facce da città, non si rischia il contrasto troppo forte? "Io sono una contadina in realtà, vengo dalla campagna. Poi certo il mio aspetto non è da contadina ma il bello dell'attore è lavorare su cose marginali come il modo di camminare e muoversi o anche trovare una parrucca che possa andare e colmare quel gap fisionomico".

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