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Racconto di Natale: surviving Christmas

L'alfiere della tradizione della Nouvelle Vague torna in sala con un racconto di Natale semplicemente umano.
di Marzia Gandolfi

Natale con i tuoi
Catherine Deneuve (Catherine Dorleac) (80 anni) 22 ottobre 1943, Parigi (Francia) - Bilancia. Interpreta Junon nel film di Arnaud Desplechin Racconto di Natale.

martedì 2 dicembre 2008 - Incontri

Natale con i tuoi
È la Vigilia di Natale il giorno decisivo per la felicità sentimentale o per quella familiare, per riscoprire il senso racchiuso nei luoghi del passato, della memoria o dell'infanzia, per realizzare miracoli o ancora per ritrovare l'innocenza originaria. Dopo I Re e la Regina, Arnaud Desplechin, nuovo alfiere della tradizione della Nouvelle Vague, insiste sulle folie privée, sulla rappresentazione della famiglia come ambito di conflitto e dello spazio domestico come ventre materno che racchiude e comprende figli e nipoti. Con l'approssimarsi del Natale Abel e Junon Vuillard si organizzano per ricevere nella loro grande casa di Roubaix l'intera famiglia. Junon, colpita da una malattia genetica, ha bisogno di un trapianto di midollo osseo e di un donatore compatibile. Intorno al focolare domestico e alla malattia ancora latente della "regina" si riuniscono fratelli, sorelle e cugini che devono fare i conti col proprio passato, coi propri fantasmi, coi propri errori e con il loro non essere amati. Desplechin, indeciso se impaginare un dramma o una commedia, sceglie di situarsi nel mezzo, giocando il suo canto di Natale sul contrasto tra l'implosione, l'ipocondria e la freddezza dell'Elizabeth di Anne Consigny e l'esplosione, il discontrollo e l'impulsività dell'Henri di Mathieu Amalric. Il regista francese conduce con eleganza un racconto che riflette sulla ricerca della felicità (tra amore e vita) e di un'identità dentro il Natale che avvolge i personaggi con i suoi riti, le sue decorazioni, le sue struggenti canzoni, la partecipazione alla messa, lo scambio dei doni e la prolungata convivialità. L'evento Natale, tanto radicato nelle nostre vite e organizzato in formule consolidate, diventa l'oggetto privilegiato per la rappresentazione del legame emotivo e insieme la distanza fisica che sussiste fra i personaggi. Il Natale, foriero per i protagonisti di slanci inattesi e di "regali", è il luogo in cui parte e si chiude il racconto di Desplechin, carico di occupazioni umanistiche (pittori, poeti, musicisti, drammaturghi) e di una citazione cinematografica (La donna che visse due volte) che cita Hitchcock attraverso un prelievo "di note" puntuale.

Famiglie disfunzionali Arnaud Desplechin: Girando Racconto di Natale ho scelto volutamente un genere americano e ho lavorato all'interno dei suoi clichè. Volevo fare la versione francese di un film del "Ringraziamento". Trovo questi film terribilmente divertenti perché devi aspettare circa due ore prima di sentire la confessione liberatoria della madre (o del padre) al figlio. In quel confronto il genitore rivelerà al figlio di non averlo mai veramente amato. Che perdita di tempo. Perché non dirlo subito come ho fatto io nel mio film? I Vuillard si confessano tutto da principio così possono godersi il tempo che rimane, il peggio è già detto, è già passato. Volevo indagare di nuovo le tensioni che si stabiliscono tra gli individui e le loro famiglie. In Racconto di Natale c'è una risonanza de I Re e la Regina, si tratta sempre di rappresentare la famiglia e un sentimento forte come l'odio: l'odio di una madre per suo figlio nel primo, l'odio del padre per sua figlia nel secondo. La morale comune vuole che un padre e una madre dovrebbero amare incondizionatamente i loro figli ma la vita molto spesso smaschera le ipocrisie e smentisce quello che dovrebbe essere il normale sentire comune. Nei Vuillard ci sono cose imperdonabili e cose che non possono essere recuperate. Nei giorni natalizi, spesi nella provincia francese, ciascun membro della famiglia cercherà di ricomporre il proprio "nuovo mondo".

Il metodo Desplechin
Arnaud Desplechin: Ai miei attori non chiedo mai un risultato, domando piuttosto di provare, di scavare in tutte le direzioni. In alcuni casi la direzione può essere una sola e la soluzione trovata è sufficiente ad esaurire un carattere o una determinata situazione. Ma il più delle volte ci può essere un'altra e più interessante direzione, ci si può accorgere che invece di piangere in quella scena possiamo anche ridere. Voglio che i miei attori trovino dentro di loro il coraggio di sperimentare, di giocare come bambini. Così facendo ottengo sempre qualcosa di vero, di profondamente vero. Questo modo di procedere impedisce agli attori di ricorrere ai clichè. Quasi mai il realismo è vero e il suo modo di raffigurare il mondo è alquanto convenzionale. Potrebbe invece capitare più spesso di guardare un film non realistico e di trovarci dentro qualcosa di autentico su di te, sulla tua vita, sul mondo.

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