L'umanità dell'eroe
Eroi. In questo momento storico anche gli eroi si mettono in gioco. Sono trascorsi i tempi in cui uomini dotati di superpoteri erano invincibili e infallibili (e qui facciamo il passaggio da eroe a supereroe). I Superman, gli Spiderman, gli Hulk, i Capitan America, i Batman di una volta, quelli delle pagine dei fumetti anni'70 hanno cambiato pelle e si sono spogliati per rivelare le proprie debolezze che condividono con ogni umano. Heroes, la serie televisiva nata nel 2006 dalla penna di Tim Kring, è forse la migliore rappresentazione di insieme di cosa sia oggi la figura dell'eroe dai poteri straordinari. I protagonisti che scoprono i poteri di cui sono in possesso, prima di tutto sono umani che vivono questo stato come una diversità, una complessità, poiché non è da sottovalutare il fatto che una particolare attitudine possa essere più problematica che vantaggiosa (Nathan Petrelli non trova, ad esempio, assolutamente utile per la sua carriera politica la capacità di volare). Questa condizione di solitudine e di anormalità rispetto agli altri umani, è una sorta di malattia, di cancro, che può tradursi in forza (o in guarigione) solamente mediante l'aggregazione dei singoli e nel momento in cui questi singoli hanno un obiettivo comune: salvare il mondo ("Save the cheerleader, Save the world"). Da questo momento in poi Heroes passa dall'individualità alla coralità, dalla solitudine all'unione, dalla negatività alla positività. A questo punto nasce quindi la necessità di trovare un opposto, ciò che rappresenta il male, rappresentato da una persona sola, Sylar, capace di convogliare in se stesso tutti i poteri degli altri.

Il successo della serie
Le ragioni del successo della serie sono molteplici. La fantascienza in stile comics, prima di tutto, citata a piene mani da Isaac Mendez, il pittore predittivo, la vicinanza a noi di eroi umani e fallaci (e qui fa riferimento anche tutto l'ultimo cinema che utilizza i supereroi Marvel e DC Comics), i valori della famiglia, dell'amicizia e della tradizione, l'atmosfera apocalittica da fine del mondo che richiama in parte il cinema catastrofico, e la lotta fra bene e male (Stephen King ha scritto "L'ombra dello Scorpione" su un tema simile).

Il fascino della serie
La prima stagione di Heroes ha conquistato il pubblico televisivo di tutto il mondo, ma la struttura complessa che costruisce l'escalation fino allo scontro finale ha reso complessa la stesura della sceneggiatura della seconda stagione che ha avuto una notevole flessione dell'audience (dovuta anche allo sciopero degli sceneggiatori) costringendo l'ideatore della serie a scusarsi pubblicamente per la qualità non eccelsa dei nuovi episodi. L'inizio della terza stagione (andata in onda solo in America) infatti, costruita con notevoli salti temporali, evita totalmente un continuum vero e proprio della prima stagione per concentrarsi su un confronto sicuramente più distante da noi (l'elemento fantascientifico è più presente) sulla base di una sceneggiatura densa di citazioni colte e di personaggi ormai entrati nell'immaginazione degli appassionati.
Heroes ha il fascino e il potere di coinvolgere con la sua rete di personaggi, le cui maglie si allargano e si stringono, lasciandoci sospesi e attratti da vicinanza e diversità.