La speranza di un'esistenza interrotta
Per volare non servono le gambe, servono le ali". La frase è del fisioterapista russo che ha curato il sottotenente Gianfranco Paglia e lo ha aiutato ad abbracciare la vita dopo anni di sofferenze. La storia la ricorderanno in molti perché è stata oggetto di attenzione da parte dei media nei primi anni Novanta: il 2 luglio 1993 a Mogadiscio il sottotenente Paglia scampa ad un attentato in cui perdono la vita tre soldati italiani in missione di pace, ma viene ferito da tre proiettili che saranno la causa della sua tetraplegia. Resterà paralizzato alle gambe e non riuscirà più a usare le mani. Il dolore è forte ma la forza dell'amore, sul quale la fiction Le ali di Andrea Porporati si concentra, è ancora più potente. Con il sostegno della compagna Giovanna, dell'amico fisioterapista e di un team di medici straordinari, Paglia recupererà l'uso delle mani e riuscirà a lanciarsi con il paracadute come faceva prima dell'attentato.
Dopo il viaggio nel mondo della mafia (Il dolce e l'amaro), Porporati affronta questa volta le dinamiche della guerra e le conseguenze drammatiche che comporta. Non si sofferma troppo sulle cause dell'attentato di Mogadiscio ma si focalizza sulla vita dei protagonisti di quel tragico avvenimento. Vuole raccontare come si può guarire un'anima disperata attraverso i sentimenti senza per forza raccontare una storia di eroi. Paglia, interpretato dal giovane Ciro Esposito (nel suo primo ruolo da protagonista), è un uomo qualunque, poco più che ventenne, senza esperienza ma con tanta voglia di vivere. E la sua vita diventa nella fiction il simbolo della speranza da non abbandonare mai perché, come dice la frase del medico russo, per volare serve l'anima, non le ali.