Uno sguardo non solo contemplativo
Nella sezione "Ici & Ailleurs" è stato presentato il film di Elisabetta Sgarbi Non chiederci la parola dedicato al più antico Sacro Monte d'Italia: quello di Varallo Sesia. Elisabetta Sgarbi affronta il percorso delle cappelle che con le loro statue narrano la vita di Cristo con uno sguardo che è contemplativo ma anche teso a ridare vita a questa imponente opera del XV secolo.
Sin dalla prima cappella, dedicata all'Annunciazione, la regista ci offre la dimensione dell'orizzontalità dell'umano rapportata alla verticalità del divino inserendo nel loro fondersi i timori di una donna che diviene la Madre di Dio e mostrandoci da subito l'intenzione di penetrare il mistero e la dolcezza di questa sacra rappresentazione muta.
Le parole di autori come Eco, Vassalli, Testori (solo per citarne alcuni) si fondono talvolta con le musiche curate da Franco Battiato e da Frank B. Right dando origine ad atmosfere suggestive e intense. Ma è negli spazi in cui la parola muta dello sguardo della regista dà voce, grazie alla luce, al pensiero e alla preghiera degli artisti che scolpirono queste statue, che si coglie la profondità più carica di senso di questo film.
Si comprende allora che solo chi, come Elisabetta Sgarbi, concepisce il proprio essere regista come una ricerca continua sul significato e il valore di cui ogni singola immagine può farsi coagulo espressivo, possa offrirci un viaggio di questa profondità. Una salita verso il possesso di una preda singolare: una parola (quella delle statue) il cui suono è un silenzio che qui si trasforma in parola vista.