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Film nelle sale: Eroi veterani e assassini efferati

Da oggi sui grandi schermi le attese novità da Oscar e il ritorno del combattente Stallone.
di Edoardo Becattini

Non è un paese per Rambo

venerdì 22 febbraio 2008 - Rubriche

Non è un paese per Rambo
Con un conto alla rovescia sempre più incipiente su una premiazione degli Oscar che ha garantito solo in extremis i rituali glamour che ne costituiscono l'essenza, arrivano nelle sale due opere molto attese sia dai più incalliti scommettitori sui risultati della premiazione, che dai numerosi devoti dei relativi autori. Accompagnato dal sontuoso melodramma glamour di Joe Wright Espiazione (già archiviato in videoteca) e dal più solido apologo de Il petroliere, diretto concorrente appena distribuito in sala, l'ultimo film dei fratelli Joel e Ethan Coen, Non è un paese per vecchi, è fra quelli che vantano il maggior numero di candidature e delle ben quotate possibilità di vittoria.
Il film è passato lo scorso anno al festival di Cannes, dove è stato accolto con calore (come sempre succede ai due Coen nel più importante festival europeo) ma senza alcun riconoscimento formale; così, i due brillanti cineasti di Minneapolis sperano di poter ottenere finalmente in patria gli allori che già da tempo l'Europa gli attribuisce (hanno infatti all'attivo solo una statuetta per la sceneggiatura ottenuta con Fargo più di dieci anni fa). Desunta da un romanzo del famoso scrittore statunitense contemporaneo Cormac McCarthy, la storia richiama curiosamente alla mente alcuni aspetti del film appena citato (così come altri motivi dell'intera filmografia dei Coen): con uno spostamento d'ambientazione dal candore delle fredde nevi del Minnesota al sole e i colori accecanti dei deserti del Texas e del New Mexico, Non è un paese per vecchi è un noir che ruota attorno a personaggi tanto bislacchi quanto assolutamente umani (anche lo straordinario killer sanguinario di Javier Bardem) e al topos dei soldi sporchi ma pur sempre lusinghieri per l'uomo qualunque.
Se per i Coen gli Stati Uniti non sono un paese per vecchi, per Sylvester Stallone non sono più neanche un paese per John Rambo. Non solo o non tanto per ragioni anagrafiche, ma soprattutto perché questo laconico e nerboruto reduce del Vietnam, da ventisei anni vero e proprio mito dell'immagine-azione del cinema americano, è ancora e sempre più un combattente stanco e disilluso, che vive un esilio volontario in Thailandia, lontano fisicamente e spiritualmente da un mondo tecnocratico e inaccettabile. Rendendo ancor più massiccia l'identificazione con il suo personaggio, Stallone ha scritto, diretto, prodotto e interpretato questo quarto John Rambo, facendo riscoprire dopo vent'anni la ferocia del suo eroe, una prorompente macchina da guerra capace di lanciarsi in un efferatissimo ed estenuante corpo a corpo con i militari birmani per liberare un gruppo di missionari fatti prigionieri dal regime.

L'anonimo mestiere degli assassini
Altra pellicola che potrebbe rivelarsi protagonista nell'imminente notte degli Academy Awards è l'ultima creazione del folle e unico immaginario dell'ultimo Leone d'Oro alla carriera Tim Burton: Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street. La storia di un barbiere presunto serial killer che operò a Londra ancor prima di Jack lo squartatore ha visto numerose gestazioni e immaginifiche revisioni: a partire da un racconto breve pubblicato su un giornale inglese nella metà del XIX secolo, nel 1973 il drammaturgo Christopher Bond ne fece una versione teatrale attingendo ampiamente da Il conte di Montecristo di Dumas padre e da questa sei anni dopo il compositore Stephen Sondheim ne creò una variante musicale. Da questa eccezionale componente di gore e musical, Tim Burton ne ha desunto una personale versione cinematografica senza tradire il suo spirito infantile ed espressionista e ritrovando per la sesta volta come protagonista il feticcio Johnny Depp. L'attore (candidato all'Oscar e già premiato col Golden Globe per questo ruolo) si è dimostrato quantomai eccellente nel dare voce, pallore, follia e tenerezza a questo barbiere assassino e assetato di vendetta.
Se la commedia musicale di Tim Burton vira alle cupe atmosfere horror-gotiche, la commedia dolceamara diretta dal semi-esordiente Frank Cappello Un uomo qualunque, assume toni critici e drammatici sull'alienazione della realtà aziendale americana. Nel film, un Christian Slater reso sapientemente e incredibilmente brutto e sgradevole è Bob Maconel, un grigio impiegato aziendale frustrato e asociale, che vive continuamente il sogno ricorrente di far esplodere la sua azienda. Come nella maggior parte dei film intenti a rovesciare l'american dream e la relativa etica del lavoro (ad esempio Cadillac Man o Un giorno di ordinaria follia), anche Bob deciderà di compiere un ultimo e definitivo atto di odio e follia verso i colleghi e verso se stesso, ma i suoi progetti si modificheranno in seguito a un imprevedibile tempismo della casualità.

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