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Film nelle sale: Quando l'uomo è affranto, i topi cucinano

Il topo-chef della Disney riscatta un'umanità sottomessa da drammi e responsabilità.
di Edoardo Becattini

Ratto di gusto (cinefilo)

venerdì 19 ottobre 2007 - Rubriche

Ratto di gusto (cinefilo)
Questa settimana la distribuzione dei nuovi film in uscita è particolarmente più contenuta e dislocata rispetto al consueto (probabilmente per controbilanciare quantità e qualità dei film presentati agli spettatori della Festa del Cinema di Roma). Già nelle sale da due giorni il titolo di maggior rilievo di questa settimana cinematografica, Ratatouille, giunto in Italia con un poco di ritardo rispetto alle sale degli altri paesi, ma forte di un marchio quale Disney-Pixar, nonché della potenza di un genere che in questa ancor giovane stagione sembra decisamente imporsi sugli altri, almeno stando ai riscontri al box office. Così, il quarto e probabilmente più atteso film d'animazione della stagione (dopo il terzo Shrek, I Simpson e Surf's up) propone una nuova declinazione di quello che ormai è il tipico rovesciamento fantastico delle storie Pixar: così, dopo giocattoli sensibili, pesci ansiogeni e logorroici, supereroi dalla vita ultra-mediocre e macchine più vitali e pensanti della stessa umanità, stavolta troviamo un ratto parigino (Remy) dotato di un palato raffinatissimo e di notevoli abilità culinarie, tanto da permettersi di insegnare l'arte del gusto a un giovane e maldestro inserviente (umano) di un importante ristorante francese. Lo scenario parigino, omaggiato come Città delle Luci e Capitale dello stile sofisticato, richiama un grande classico della storia d'animazione della Disney: Gli Aristogatti, che ha in comune con Ratatouille qualcosa di più che la semplice ambientazione. Infatti, se nel godibilissimo film animato del 1970 si omaggiavano i toni pastello della Belle epoque e le tonalità instabili del jazz, anche in questo film la Ville Lumière offre lo spunto a Brad Bird per unire il massimo dell'avanguardia grafica digitale con uno stile da cartone retrò (come aveva già realizzato con Gli Incredibili e Il gigante di ferro).

Da grandi remake derivano grandi responsabilità
È a suo modo anch'esso un rovesciamento delle strutture narrative del film di genere quel Molto incinta che arriva oggi nelle sale italiane dopo aver ottenuto un largo consenso di pubblico e critica negli Stati Uniti. Nel raccontarci la storia di Ben, lassista impenitente, e Alison, giornalista in carriera, e delle conseguenze inaspettate dell'incoscienza di una sera, il regista Judd Apatow (40 anni vergine) affronta il tema della gravidanza indesiderata mantenendo il tono sempre sul versante comico, ma elevandosi dalla superficialità e l'inconsistenza delle tipiche commedie del filone "teen-movie". Rilettura invece di uno dei più grandi classici del cinema western è Quel treno per Yuma diretto da James Mangold (Ragazze interrotte, Quando l'amore brucia l'anima). Distante esattamente dieci lustri dall'originale diretto da Delmer Daves, il nuovo Quel treno per Yuma si instrada su un doppio binario di attuali tendenze cinematografiche: la vera e propria febbre hollywoodiana per il remake, che tende a riadattare i classici più o meno datati di ogni genere (risale a una settimana fa l'uscita di Invasion con Nicole Kidman) e il rinnovato interesse per il genere western (come vedremo con L'assassinio di Jesse James). Così, in questa versione moderna sia per i tempi di realizzazione che nello sviluppo della narrazione, trovano molto più spazio l'azione pura e l'aspetto violento del selvaggio West, oltre che due divi quali Russell Crowe e Christian Bale. Il primo riprende il ruolo che fu di Glenn Ford, l'affascinante criminale Ben Wade, mentre il protagonista di Batman Begins è Dan Evans, onesto contadino dell'Arizona che, vessato dal padrone e desideroso di riscattare la propria terra, accetta l'incarico di scortare il prigioniero Wade nel viaggio fino a Yuma, dove sarà processato.

Venti oscuri dal Nord
Direttamente dalla competizione della Festa di Roma (e per lo stesso motivo, nelle nostre sale con un giorno di ritardo, da sabato 20), La giusta distanza è un dramma psicologico che prosegue sulla linea delle atmosfere rarefatte e del giallo a tinte fosche vista anche nei recenti successi de La ragazza del lago e La sconosciuta. La storia vede intrecciarsi sullo sfondo di un piccolo paese alla foce del Po le esistenze di una giovane supplente devota a cause di integrazione e cooperazione sociale, quella di un meccanico tunisino ben inseritosi nella comunità e quella di un ragazzo aspirante giornalista che assisterà con sempre più dedizione e trasporto alla storia che nasce tra gli altri due e alle sue drammatiche conseguenze. Il regista Carlo Mazzacurati è cineasta attento alle questioni sociali che riguardano l'immigrazione (Vesna va veloce), abile nel mettere in scena il dramma così come la commedia, ma soprattutto l'alchimia fra le due. Da segnalare la partecipazione di Fabrizio Bentivoglio, che già aveva recitato per Mazzacurati in La lingua del santo e A cavallo della tigre. Dal Nord ancora più profondo (precisamente dalla Svezia) proviene You, the living, film passato con buon successo dalla sezione Un certain regard dell'ultimo festival di Cannes. Si tratta di una commedia dai toni cinici e amari sulla sconsolata umanità piccolo borghese della provincia svedese che deve molto ai toni umoristici e surreali del finlandese Kaurismaki. Attraverso una serie di cornici fisse e una stilizzazione che ricorda quella dei tableaux vivants, il regista Roy Andersson descrive con cinismo e compassione la solitudine e le crudeltà di un gruppo di personaggi che abitano il mondo sentendosi disperatamente insignificanti.

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