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Stardust, fantasy a basso costo

Ancora una volta i mondi di Neil Gaiman non trovano un'adeguata riduzione filmica.
di Gabriele Niola

Grandi attori, grandi fiabe ma pochi soldi

mercoledì 10 ottobre 2007 - Making Of

Grandi attori, grandi fiabe ma pochi soldi
Dopo Le cronache di Narnia, Il signore degli anelli ed Eragon e prima di La bussola d'oro arriva nelle sale Stardust, fantasy a basso costo che somiglia più a una fiaba per il mondo che mette in scena, con un cast di nomi importanti come Robert De Niro, Michelle Pfeiffer e Claire Danes, e che si basa su un racconto di Neil Gaiman, prolifico e acclamato autore di fumetti visionari e indipendenti.
E proprio dal budget e da Neil Gaiman e il suo tipico mondo fiabesco occorre partire per capire come mai Stardust sia un film dove il reparto solitamente più importante in questo genere di produzioni, gli effetti speciali, sia invece altamente scadente. Questo si riflette in un immaginario povero e già visto, preso in prestito di volta in volta da altri film fantasy, da altri universi immaginari (come quello di Harry Potter) o da precedenti riduzioni cinematografiche da storie di Neil Gaiman ("MirrorMask").
Problemi di budget investito in star e diritti sul soggetto e problemi di studi famosi e competenti come la WETA e la Industrial Light & Magic troppo occupati ed esigenti hanno portato il regista e la produzione a optare per una divisione del lavoro su più studi minori, che a loro volta hanno dovuto lottare per ottemperare a ciò che veniva richiesto mantenendo un livello qualitativo accettabile.

Set naturali per paesaggi innaturali
Il primo problema che si è posto è stato quello delle location, occorreva rendere al meglio l'idea di un mondo parallelo vasto e intricato, una terra al confine con il mondo reale ma altrettanto estesa. Non avendo a disposizione i consueti mezzi, l'idea giusta è arrivata dal regista Matthew Vaughn e poi è stata applicata dallo studio Double Negative.
Il punto era non avere delle riprese generiche o una macchina da presa che vola su campagne e boschi generati al computer, ma semplicemente ancorare la percezione del pubblico alla dimensione umana. Per fare questo la Double Negative ha optato per una serie di scene in cui il movimento della macchina partisse da riprese di esseri umani in carne e ossa su veri set e finisse nuovamente su di loro ma che avesse in mezzo tutti gli inserti in computer grafica utili a rendere la vastità del nuovo mondo. Sarebbe dunque stato nelle piccole transizioni che si sarebbe resa la vastità evitando grandi panoramiche.
Un buon esempio è il grande muro, ricostruito parzialmente sul set ma allungato fino a perdita d'occhio in postproduzione. Sarebbe stato opportuno poter contare su un'intera ricostruzione del paesaggio, in modo che fossero controllabili anche le luci e i colori, ma non era chiaramente possibile dati i problemi di budget, così ci si è dovuti appoggiare alla reale geografia e i reali scenari dell'Isola di Skye a largo della Scozia e dell'Islanda, dove erano i set.
Dopodiché per ottenere però un muro digitale che avesse la giusta prospettiva fino alla fine dell'orizzonte visibile e che fosse correttamente ancorato ai diversi movimenti del terreno, è stato necessario piantare sul set dei paletti verdi con una luce rossa in cima che fossero i referenti dei movimenti del terreno per i disegnatori in post produzione. A quel punto il muro non è stato ridisegnato metro per metro ma ben più semplicemente ne è stata creata una prima porzione di esempio che poi è stata ripetuta uguale all'infinito variandone la prospettiva e l'illuminazione.

Nuvole di cartapesta
Se la terra dava problemi, il cielo non è stato meglio. La sequenza in cui i personaggi si trovano tra le nuvole e viaggiano su di una nave attaccata a un pallone aerostatico infatti poteva sembrare più facile perchè il paesaggio doveva necessariamente essere tutto finto, ma in realtà non è stato così.
Infatti ci sono di mezzo le nuvole che, al pari di altri elementi come l'acqua, non sono affatto facili da ricreare artificialmente. Fortunatamente la Double Negative aveva un software proprietario, quindi creato e sviluppato da loro stessi, chiamato dnCloud, proprio per la gestione delle nuvole digitali. Un programma che avevano messo in piedi per il film Flyboys. L'unica differenza però era che in quel caso le nuvole fungevano da sfondo e l'azione era in primo piano, mentre in questo caso si trattava di mettere un vascello a navigare tra le nuvole, dovendone quindi rendere la grandezza, la varietà e le differenti maniere in cui rifrangono la luce nei vari momenti del giorno, per cui è stata richiesta un'ulteriore fase di sviluppo del programma.
Alla fine i creatori avevano a disposizione una lunga serie di tipologie diverse di brandelli di nuvola con le quali comporre di volta in volta le varie nuvole e poterle anche gestire più facilmente. Infatti molte e molto diverse dovevano essere le nuvole che contornavano continuamente il vascello, poiché ogni scena le avrebbe avute di sfondo. Eppure, nonostante si girasse su un set che era una ricostruzione di una parte della nave con un greenscreen (la parete monocolore che fa da sfondo e che va poi sostituita con l'immagine generata al computer) tutto intorno a 360°, il risultato non è convincente. Le nuvole suonano finte, la loro composizione non è realistica e solo i movimenti le ricordano.

Quando non puoi permetterti il 3D
Ma il peggiore dei trucchi purtroppo è uno dei più in evidenza, quello per il quale la stella Claire Danes si illumina a tratti dimostrando le sue reali origini.
Si tratta di un forte bagliore che dovrebbe rivestirla, essendo al tempo stesso glaciale (data l'origine spaziale) ma anche caloroso, poiché si genera unicamente nei momenti di forte empatia quando la ragazza patisce profonde emozioni.
Il problema fin dall'inizio era che solitamente simili risultati si raggiungono con tecniche di animazione in 3D abbastanza semplici e banali ma comunque le più adatte per creare elementi che si devono spargere in varie direzioni all'interno di una scena. Ma dato il basso budget lo studio LipSync Post, incaricato di risolvere il problema, ha dovuto optare per una soluzione 2D.
Ci sono dunque voluti almeno 150 versioni di prova con tecnologie diverse per raggiungere il risultato finale, 150 tentativi diversi di raggiungere a due dimensioni un risultato simile a quello da 3 dimensioni. Alla fine a prevalere è stata una tecnica efficace ma non particolarmente brillante che unisce un generico effetto di bagliore lenticolare misto a del disturbo con lampi animati creati con un software proprietario.
Benché dunque il risultato effettivamente sia raggiunto e in una maniera anche abbastanza fantasiosa, ciò che si vede sullo schermo è una triste luminescenza generica che sfoca leggermente la sagoma di Claire Danes con un effetto patinato simile a quello delle foto glamour degli anni '80.

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