Il titolo è di per sé evocativo. Gerico, la biblica città le cui possenti mura crollano al suono delle trombe dell'esercito di Giosuè, suscita immagini di assedio e di paura. Ecco allora che i creatori di questa serie made in Usa (che in patria è alla prima stagione e che quindi martedì sera arriva fresca fresca sui nostri schermi televisivi) si sono inventati una piccola Jericho e l'hanno collocata in Kansas. Cosa accade a Jericho? Nulla. O, meglio, tutto le accade intorno perché un attacco nucleare su vasta scala colpisce le maggiori metropoli degli Stati Uniti, risparmiando la cittadina e i suoi abitanti. I quali debbono riuscire a continuare a vivere, a conservare delle relazioni 'umane' tra loro e al contempo cercare di capire quanto sta accadendo a non troppa distanza dalle loro case e nel mondo.
La serie ha avuto ottimi riscontri di pubblico (11,8 milioni di spettatori per la prima parte della prima stagione) ma non altrettanti di critica. Perché tutto ciò? Perché la stagione è stata divisa in due parti intervallate da una consistente pausa. Questo ha fatto sì che, da un lato, i critici rilevassero troppi elementi sentimentali in una serie che avrebbero preferito più catastrofica e, dall'altro, il pubblico si affezionasse ai personaggi proprio per la loro umanità consentendo poi agli sceneggiatori di poter maggiormente 'stringere' sugli eventi di maggiore tensione.
Cosa accadrà da noi? L'11 settembre non ci ha evidentemente segnato come gli americani, ma un po' di sindrome da stato d'assedio sta penetrando nel mondo occidentale; quindi non è detto che questa isola di sopravvissuti alla distruzione non possa appassionare gli appassionati di serie tv.