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I Pirati dei Caraibi 3 segna il ritorno degli effetti dal vivo

Per realizzare gli effetti speciali del terzo episodio dei Pirati, Verbinski ha fatto ricorso a tecniche miste fondendo effetti digitali e accorgimenti in fase di ripresa.
di Gabriele Niola

Una reputazione da Oscar da difendere

lunedì 28 maggio 2007 - News

Una reputazione da Oscar da difendere
Se gli effetti speciali del secondo episodio della saga, Pirati dei Caraibi - La maledizione del forziere fantasma sono stati tra gli exploit più interessanti e innovativi degli ultimi anni, tanto da far meritare senza ombra di dubbio il premio Oscar a John Knoll e Charles Gibson della Industrial Light And Magic, quelli di Ai confini del mondo non sono stati da meno, anche se, essendo stati gli ultimi due capitoli della saga girati in contemporanea, molte delle componenti innovative del secondo episodio hanno costituito l'ossatura anche del terzo. Come ad esempio l'innovativo sistema di motion capture utilizzato per dare vita al personaggio di Davy Jones, la cui innovazione è stata consentire all'attore (Bill Nighy) di recitare sul set con gli altri attori invece che in uno studio davanti a un blue screen.
Tuttavia, oltre agli effetti da Oscar mutuati dalla lavorazione del secondo episodio, ci sono stati anche degli effetti molto importanti sviluppati esclusivamente per Ai confini del mondo, quelli che sono stati utili unicamente alla realizzazione di determinate scene in particolare. Come il titanico sforzo di ingegneri, tecnici e informatici che ha portato alla realizzazione della bellissima lunga sequenza della battaglia tra le navi nel vortice durante l'infuriare della tempesta (tutto ricostruito in un hangar), o la parte nello scrigno di Davy Jones, o infine il Bagliore Verde.

Il metodo Verbinski: effetti reali e ritocchi digitali
Gore Verbinski, il regista dei tre film, ha un approccio agli effetti speciali che non è frequente nel mondo di Hollywood, preferisce cercare di fare tutto quello che si può fare dal vero e poi utilizzare gli effetti al computer solo in postproduzione per rimediare a tutto ciò che era davvero impossibile realizzare sul set. Inoltre non ama nemmeno puntare su un'unica tecnica ma preferisce utilizzarne sempre di diverse, anche per ottenere il medesimo effetto, in modo che sia più difficile scorgere il trucco per il pubblico.
Un perfetto esempio di questa teoria mista degli effetti speciali è la sequenza in cui migliaia e migliaia di granchi cadono dal cielo sulle teste degli attori. Tutto quanto si sarebbe potuto fare al computer, ricreando i granchi in digitale sulle immagini degli attori che fingono di essere sballottati o di esserne colpiti.
Ma l'approccio Verbinski ha voluto che fosse applicata una tecnica differente, cioè che ci fosse sul set un corrispettivo reale di quei granchi, degli oggetti che cadessero effettivamente dal cielo per simulare la pioggia di crostacei in modo che le reazioni degli attori fossero più veritiere. Così è stato attrezzato un gigantesco contenitore con 175.000 palline di colore blu che rovesciate sulle teste degli attori hanno fatto da "controfigura" ai granchi, che poi in postproduzione sono stati aggiunti al computer.

Una ricostruzione degna di Cecil B. DeMille
Nonostante la fissazione di Gore Verbinski per la creazione di effetti visivi utilizzando quanto più possibile elementi reali, per la mostruosa sequenza della battaglia tra navi nel vortice della tempesta, non era proprio possibile utilizzare un set reale, non solo per le difficoltà che avrebbe comportato, ma soprattutto perché sarebbe stato impossibile avere il controllo che era necessario su tutti gli elementi. È stato allora necessario l'uso di un gigantesco set, un hangar nel deserto californiano, vicino agli studi della Disney, lungo 180 metri, largo 90 e alto 20, già utilizzato per ricostruire la parte di aeroporto utile a The terminal di Spielberg.
È stato in questo ambiente che in tre mesi di lavoro sono state ricostruite le tre navi che compaiono nella battaglia. Sotto ogni nave erano presenti delle torri elevatrici alimentate da pompe idrauliche che potevano sollevarle o inclinarle da un lato o dall'altro per simulare la presenza del mare. E, cosa più sorprendente di tutte, anche la pioggia che imperversa furiosa lungo tutta la sequenza era reale, realizzata con doccioni in grado di riversare a getto continuo e con diverse intensità le tonnellate di acqua utilizzata. Acqua che poi dei ventilatori contribuivano a far viaggiare in orizzontale o in obliquo, simulando il vento.
Questo ha fatto sì che tutta la troupe, non solo gli attori, fossero completamente bagnati dalle 8 del mattino alle 8 di sera. "Non lo chiamerei recitare, semmai sopravvivere", ha detto Orlando Bloom alla fine delle riprese e a lui ha fatto eco Keira Knightley raccontando come dovessero "correre su una pendenza del 15%, impegnati a combattere con la spada mentre cadeva una pioggia torrenziale, con tutta una squadra di macchinisti che veniva verso di te". Molto più romantica invece è stata la visione di Geoffrey Rush: "Il Maelstrom è un vortice biblico che ha origine all'inferno e noi lo abbiamo realizzato come probabilmente avrebbe fatto Cecil B. De Mille".
E solo una volta che è stato fatto tutto questo è toccato finalmente agli effetti speciali che hanno dovuto ricreare tutto il resto, cioè tutto ciò che esiste nell'atmosfera (oltre chiaramente allo sfondo), il fumo, gli effetti di vento, il fuoco dell'artiglieria, le comparse digitali e così via.

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