Elio Vittorini ha lavorato come scrittore, sceneggiatore, è nato il 23 luglio 1908 a Siracusa (Italia) ed è morto il 12 febbraio 1966 all'età di 57 anni a Milano (Italia).
Figlio di un ferroviere, interrompe gli studi tecnici e, nel '24, va via dalla Sicilia per lavorare, come edile, nella Venezia Giulia. Inizia a collaborare, sin dal 1927, a varie testate; dipoi, entra in contatto con il gruppo di Solaria, per la quale pubblica il suo primo racconto. Nuovamente sulla rivista fiorentina, appare a puntate il suo romanzo d'esordio, Il garofano rosso (1933-34), ma le uscite vengono interrotte dalla censura. Nel 1938 si trasferisce a Milano: le proprie posizioni politiche, dall'iniziale fascismo di sinistra, divengono di radicale opposizione al regime, ciò che lo conduce nel 1945 ad iscriversi al PCI (ne uscirà nel '50). Intanto,Letteratura comincia a pubblicare, a puntate, Conversazione in Sicilia (1941), per molti la sua opera più importante. L'anno stesso vede la luce Americana, antologia di narratori statunitensi tradotti da lui e da altri scrittori: la prefazione incappa, ancora, nelle maglie censorie. Dopo aver preso parte attiva alla Resistenza, nel '45 fonda Il Politecnico e ingaggia una battaglia per liberare la letteratura da ogni funzione servile nei confronti dei partiti. Mentre licenzia diversi altri romanzi (Uomini e no, 1945; Il Sempione strizza l'occhio al Frejus, 1947; Le donne di Messina, 1949), prosegue nell'attività editoriale: per Einaudi inventa, nel 1951, la collana de I gettoni, ove - dimostrandosi, per dirla con Pautasso, rabdomantico scopritore di talenti - propone testi di Fenoglio, Tobino, Ottieri, etc. Nel 1957 compare Diario in pubblico, che vede raccolti suoi interventi militanti e politico-culturali; nel '59 dà vita, assieme a Italo Calvino, a Il Menabò, in cui s'avvia il dibattito sullo sperimentalismo letterario degli anni '60. Successivamente, si dedica alla direzione di collane editoriali per la Mondadori; il suo lungo silenzio creativo è, infine, interrotto dall'uscita postuma de Le città del mondo (1969), frutto d'una complessa gestazione principiata negli anni '50, da annoverarsi tra i suoi lavori più significativi. La posizione di rilievo che Vittorini occupa nella scena letteraria nostrana gli deriva non soltanto dal valore suo di scrittore; fondamentale, infatti, è il ruolo che egli ha rivestito nell'ambito del dibattito culturale dell'epoca. Se certe cose sue, infatti (per dirne una, Uomini e no), paiono oggi risentire del tempo trascorso, egli è certo un intellettuale che "ha dialogato con la storia, con la politica, con l'industria assumendosi tutte le sue responsabilità e cercando di contrastare o favorire e di combattere o di proporre a partire da convinzioni profonde e radicate" (G.Fofi). Non è un merito secondario: nel desolante scenario odierno, ad esempio, una simile funzione nessuno ha più desiderio di svolgerla. Laddove di un Vittorini - di tanti Vittorini -ci sarebbe, davvero, un gran bisogno.
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