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Pascal Thomas

Pascal Thomas è un regista, sceneggiatore, è nato il 2 aprile 1945 a Montargis (Francia). Pascal Thomas ha oggi 79 anni ed è del segno zodiacale Ariete.

Originario di Poitou, poi emigrato nel Gâtinais, Pascal Thomas ha sempre professato il suo amore per la provincia, e non a caso vi ha ambientato i primi film (Les zozos e Pleure pas la bouche pleine) in contro-tendenza rispetto agli altri sessantottini. L'infanzia è segnata dal soggiorno in clinica da cui deriva forse la tendenza a vivere al presente, a non perdere tempo in cose inutili mentre ci sono tanti semplici piaceri da assaporare. Al Montargis di Fontainebleau, Thomas si rivela uno studente brillante ed indisciplinato: «ero un bravo studente, facevo degli affari con quelli che, stranamente, venivano chiamati i "dollari d'occupazione" che circolavano nel campo americano a Fontainebleau: vendevo chewing-gum, dischi, jeans...». Durante i suoi studi di Lettere alla Sorbona trova un piccolo lavoro estivo: usciere a «France-Soir». Nasce un primo cortometraggio, Le poème de l'élève Mikovsky (storia di un ragazzo innamorato della professoressa di geografia).
Subito dopo esce Les zozos (1972) che lancerà la moda dei film adolescenziali. Senza la minima preoccupazione per il clima rivoluzionario dell'epoca, il film si svolge in provincia e i due protagonisti pensano solo alle ragazze. Come per il giornalismo, Pascal Thomas entra nel cinema dalla porta di servizio: da dilettante illuminato (è un acceso cinefilo) e da provinciale dichiarato. La sua piccola casa di produzione si chiama, modestamente, "Les films du chef-lieu", del capoluogo. Impara girando e fa film come in sogno. Ha per co-sceneggiatore uno dei suoi professori di Montargis, Roland Duval. I suoi attori sono sconosciuti, reclutati tra gli amici. Vuole dei tipi originali: farà molti film corali, senza pescare nel serraglio degli attori celebri ma offrendo ad attori bravi - Bernard Menez, Daniel Ceccaldi... - uno spazio singolare, che tornano ad abitare di film in film.
Bernard Menez entra nel mondo di Thomas con Pleure pas la bouche pleine (1973), dove interpreta un babbeo di vent'anni che seduce Annie, sedicenne incapace di aspettare il ritorno del fidanzato (il Frédéric di Les zozos) partito per il servizio militare. Ancora il Poitou, l'estate, i giochi d'amore. Insomma un soggettino, non dei veri personaggi, ma un ritratto giusto e leggero di vita banale, venato d'ironia. Il quadro si amplifica con Confidences pour confidences (1978) in cui racconta quindici anni della vita di una modesta famiglia, tre sorelle che crescono tra la drogheria dei genitori a Courbevoie e il Poitou delle vacanze dai nonni. Ritratti calorosi, peripezie comiche o malinconiche e, soprattutto, quella "felicità di stare insieme" che costituisce la forza della famiglia: Thomas realizza qui quella che definisce «la più nobile aspirazione dei 'film del capoluogo', dipingere la società francese nei suoi differenti strati, mostrare come, in fondo, sopravviva a se stessa malgrado la frenesia di cambiare che la travaglia in superficie».
Elogio della provincia, elogio della famiglia, volontà di sostituire «lo spirito campanilistico con lo spirito di cappella»: Pascal Thomas è un tipo strano all'interno del cinema francese. Non ha sempre la mano felice: Le chaud lapin o La surprise du chef (1974-76) finiscono nella convenzionalità. Ma per lui il cinema è un'arte popolare, l'arte di catturare la vita: si tratta di «girare con semplicità delle cose semplici». È la forma che importa, non le idee. «Sono un autore di film, non un pensatore, mi sforzo di immaginare dei personaggi che si reggano in piedi, di farli parlare in modo adeguato come parlerebbero nella vita reale. Osservo molto i miei simili, cerco di restituirli fedelmente perché è una questione di onestà. Insomma, cerco di dare a tutto questo una forma interessante e possibilmente gradevole».
Reazionario, indipendente, ribelle ad ogni costrizione dello spirito e delle opere, circondato da un'aureola di salubre impertinenza (bisogna mantenere un po' di spazio per l'umorismo e il senso critico): Thomas non è un anarcoide di destra, come si potrebbe pensare. Il suo produttore cinematografico ideale può essere solo un mecenate, un ricco protettore delle arti che trovi i soldi e lasci carta bianca. Non avendolo trovato, Thomas ha conosciuto dei momenti difficili. Tra Celles qu'on n'a pas eues (1980), film a episodi in cui gli uomini evocano le loro sconfitte sentimentali, e Les maris, les femmes, les amants (1988), passano sette anni durante i quali il regista gira spot pubblicitari per sopravvivere e realizza dei film per la televisione, tra cui un adattamento di Marcel Aymé (La fabrique). Per il resto, cerca di rimanere fedele a se stesso: insonne, epicureo, perditempo, giocatore, collezionista di oggetti antichi e di istanti, divoratore di libri. Deciso e tenero, indisciplinato e gentilissimo, Thomas fa pensare a Planchet, il valletto di D'Artagnan, un personaggio a cui ha sempre amato far riferimento perché "trova tutto buono" e pensa che le sfortune e le fortune che ha incontrato abbiano composto "una vita non male".
La dilettante, bel successo dell'estate 1999, e Mercredi, folle journée! (2001), ridefiniscono ancora il ritratto di eterno ragazzo, curioso di tutto, irresponsabile e giocoso. La deliziosa Pierrette (Catherine Frot) di La dilettante è lui, come Martin, il padre complicato di Mercredi. Thomas ha almeno il coraggio delle proprie fughe e, soprattutto, quello che più importa, l'arte di trasformarle sullo schermo in belle scappatelle. Mercredi, folle journée! ha una partitura complessa, strutturata con grande consapevolezza (il montaggio è giusto sia nel ritmo generale che nei singoli raccordi) e, allo stesso tempo, affollata di personaggi e di imprevisti della vita che avanza... «Bisogna - dice il regista - che lo spettatore, resti del tutto sorpreso di trovarsi di fronte alla vita, più che ad un racconto».
Peccato che trascorrano quattro anni prima che il regista metta in cantiere un altro film: una nuova commedia ispirata questa volta a un giallo (riadattato e rimodernato) di Agatha Christie. Mon petit doigt m'a dit (2005), con Catherine Frot, André Dussollier, Geneviève Bujold, è uno scherzoso divertissement in cui, seguendo le grottesche indagini di due detective improvvisati (i Beresford), l'autore si prende amabilmente gioco di un genere. Pierre Lescure, ex presidente di Canal Plus, nei panni di un commissario di polizia è una delle tante chicche di questa fantasia poliziesca tutta da ridere.
Le grand appartement (2006) è una nuova conferma che la vena alla Billy Wilder non si è affatto esaurita. Questa brillante commedia sul denaro, i sentimenti e il cinema ha un ritmo indiavolato e momenti di autentica magia.
Da France Cinema 06

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