Nonostante quella sua aria da tranquillo bravo signore di mezza età, tanto english e con gli occhialini tondi da intellettuale, Ken Loach è uno dei registi contemporanei più graffianti del cinema mondiale.
L'impegno e la funzione sociale che i suoi film svolgono deriva tutta dall'attacco alla struttura e all'ideologia della società borghese-capitalistica che opprime chiunque sia da essa sfruttato, in particolar modo emigrati e disoccupati desiderosi di un senso di giustizia e di un ideale coerente alla loro dignità di lavoratori e di uomini. Tutti i personaggi tratteggiati da Ken Loach, nessuno escluso, sono carichi di tensione, di determinazione, di un riscatto che a volte avviene e a volte no, ma sempre e comunque dotati di una grandissima forza d'animo e di carattere che ne fanno degli individui attenti e responsabili verso gli altri, in netta contrapposizione con un mondo che diventa ogni giorno più egoista e indifferente. Allo stesso modo del suo cinema, Ken Loach ha sempre rifiutato di soccombere alla "tentazione hollywoodiana" e a quel suo meccanismo di sfruttamento. In effetti, è impossibile immaginare uno degli unici registi sociali britannici immerso in quel particolare mondo di red carpet e di prime con star.
Università, matrimonio, l'incontro con Garrett
Proveniente da una famiglia operaia, dopo aver studiato al St. Peter's College e poi ad Oxford (giurisprudenza), si appassiona al teatro e firma la regia di tutto il repertorio della compagnia teatrale scolastica e universitaria. Nel 1962 si sposa con Lesley Ashton (sua attuale moglie) dalla quale avrà 5 figli: Stephen, Nicholas (che morirà in un incidente stratale nel 1971), Hannah, James ed Emma. Lo stesso anno della felice unione entra nel mondo del network BBC, dove cura la serie Z Cars. Tre anni più tardi, dall'incontro con il produttore riformista Tony Garrett, realizza dieci puntate di Wednesday Play, docudrammi con un forte contenuto politico che raccontano storie di degrado sociale, alcolismo, disoccupazione e che fanno dimenticare la visione multicolorata e happy della "swinging London". È la prima impronta del suo cinema.
Una carriera impegnata
Il debutto cinematografico avviene nel 1967 con Poor Cow, cui seguiranno Kes (1969) e Family Life (1971), con i quali il regista comincia a imporsi all'attenzione della critica inglese per il suo linguaggio audio-visivo duro, asciutto, alienante e nevrotico, tipico di chi è immerso e/o prigioniero in una società borghese. Per vent'anni continua la sua carriera televisiva con documentari sugli scioperi, film tv come The Gamekeeper (1980) e pellicole che troveranno difficoltà nella loro distribuzione come Uno sguardo, un sorriso (1981).
Dopo aver firmato L'agenda nascosta (1990) con Frances McDormand, Mai Zetterling e Brian Cox (con il quale vince il Premio Speciale alla Giuria al Festival di Cannes), arriva il suo capolavoro: Riff Raff - Meglio perderli che trovarli (1991) con Robert Carlyle e Peter Mullan (che guarda caso saranno gli attori che maggiormente utilizzerà nei suoi film). Una storia comune che ha come fondale la politica drammatica della Thatcher, messa alla berlina da un umorismo pungente. Il film non può che vincere il premio come Miglior Film Europeo nel 1992. Altri premi conferiti sono il secondo Premio Speciale della Giuria a Cannes per Piovono pietre (1993) e il Leone d'oro alla carriera nel 1994.
Un cinema libero dalle convenzioni sociali
Maestro indiscusso di quelle storie piene di contraddizioni, di doppie vite che sfociano poi in casi estremi che portano addirittura a rompere ogni tipo di legame con la società di appartenenza, i film di Loach continuano ad attaccare ferocemente qualsiasi proiezione dell'elemento sociologico dell'Istituzione: la burocrazia del welfare (Ladybird Ladybird, 1994), le dittature (Terra e libertà, 1995, e La canzone di Carla, 1996) e l'apparato politico (My name is Joe, 1997). Ken Loach sta dalla parte dei clandestini messicani che passano il confine in California per lavorare in America (Bread and Roses, 2000), dalla parte dei disoccupati di Sheffield (Paul, Mick e gli altri, 2001) e degli adolescenti (Sweet Sixteen, 2002), descrivendo con una cura minuziosa la loro quotidianità del vivere. C'è poco da fare: dal cinema di Ken Loach, non si può scappare. Si entra nelle vite dei suoi personaggi, non spiandoli dalla finestra come molti registi fanno, ma entrando direttamente dall'ingresso, vivendo con loro, affrontando con loro il comune senso d'impotenza e la tanto bramata ricerca di una qualche utilità. Sono storie di uomini e donne impegnati, animati da una fede umana radicale e radicata nel cuore ancor prima che nell'ideologia, con un'onestà intellettuale che non si piega di certo alle regole del benestare e ai dettami della politica approfittatrice.
11 Settembre 2001, Tickets e la Palma d'Oro
È con questo scopo che si unisce prima a Mira Nair, Sean Penn, Amos Gitai, Inarritu e Lelouch nel film corale 11 Settembre 2001 (2002), che racconta, in piccoli episodi, le conseguenze di quel catastrofico giorno che ha cambiato gli assetti politici del nuovo millennio; e poi a Ermanno Olmi e Abbas Kiarostami in Tickets (2004), decisamente più leggero. Paradossalmente, si mette perfino dalla parte dei terroristi con il film che gli ha fatto finalmente vincere la Palma d'Oro a Cannes: Il vento che accarezza l'erba (2006) con Cillian Murphy, dove ci trasporta nell'Irlanda del 1919-22 durante la guerra civile contro l'Inghilterra dei Lords.
Dopo In questo mondo libero (2007), e Il mio amico Eric (2009) il regista torna, nel 2011, con una nuova vicenda umana e commovente: L'altra verità. Nel 2012 ha vinto il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes con La parte degli angeli. E dopo Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà, vince la Palma d'Oro al Festival di Cannes nel 2016 con I, Daniel Blake, film che racconta la storia di un falegname e di una ragazza madre in lotta contro la burocrazia per ottenere il sostegno economico previsto dal governo. Torna a Cannes tre anni dopo con Sorry we missed you, un'altra amara parabola sulla dignità del lavoro che si concentra sulla storia di una famiglia di Newcastle.
Nel 2023 presenta al Festival di Cannes il nuovo film The Old Oak.
Un regista "anti-patria"
Non amato in patria per evidenti motivi, è stato considerato un anti-patriota, la cosiddetta "mosca rossa" del reame, ma questo poco importa, perché quel suo genere storico-documentaristico (del quale è maestro) - dove si parte dalla storia del piccolo per arrivare alla rigorosa costruzione di un contesto alla ricerca di verità - piace moltissimo al pubblico e alla critica. Ci vorrebbero un regista così in ogni Stato: l'America ha già Michael Moore, noi ce la caviamo bene con il nostro Nanni Moretti.