Tra le più celebrate e prolifiche registe e produttrici americane di documentari, autrice innovativa e pluripremiata. La sua cinematografia affronta una molteplicità di temi individuali e collettivi, politici ed esistenziali, lavorando al progetto di rappresentare un mondo pieno di contraddizioni, mancanze irrecuperabili e consolidate idiosincrasie, offrendo allo spettatore un corto circuito spiazzante e disorientante. L'etica dello sguardo e l'approccio discreto e progressivo si accompagnano ad un apprezzabile aspetto formale e ad una ricchezza di soluzioni che non è mai ripetitiva giustapposizione di forme e immagini.
Origini e formazione
Figlia del noto e super pagato avvocato newyorkese Martin Garbus (tra le sue più celebri cause troviamo il processo Marvel e la difesa di Mel Gibson), nel 1992 Liz Garbus si laurea con lode presso la Brown University, una delle più prestigiose e selettive università del continente americano, divenendo poco dopo membro della Open Society's Center on Crime, Communities and Culture. Nello stesso anno muove i primi passi nella regia dirigendo uno degli episodi della serie televisiva di documentari, trasmessi dall'emittente HBO, America undercover, progetto corale a cui partecipa tra gli altri Oliver Stone, non a caso il regista più politico di Hollywood.
Il meritato successo
Sei anni dopo riesce finalmente a sfondare dietro la macchina da presa, raggiungendo un successo internazionale di pubblico e critica, con The Farm: Angola, USA, realizzato in collaborazione con Jonathan Stack. Affresco di un sistema arcaico di prigionia e detenzione attraverso i resoconti delle condizione di vita e di morte di sei dei detenuti del più grande carcere di massima sicurezza d'America, la regista riceverà la sua prima nomination all'Oscar. The Farm fa incetta di riconoscimenti, vince il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival, due Emmy Awards, il Premio per il Miglior Documentario del New York Film Critics Circle, Il Los Angeles Film Critics Association e il Santa Barbara Film Festival. In seguito a questo successo, nel corso dello stesso anno, fonda la Moxie Firecracker Films, una società di produzione indipendente, con il collega universitario Rory Kennedy con cui produrrà Street Fight, candidato all'Oscar nel 2006, e Ghosts of Abu Ghraib, vincitore dell'Emmy come migliore documentario nel 2007.
Nel 2002 ottiene la consacrazione definitiva con la regia di The Execution of Wanda Jean, mise en garde su come e quanto giochino nella giustizia criminale fattori quali la povertà, l'insanità mentale, la razza e la sessualità; dando luogo ad un'esplorazione indimenticabile di uno dei dilemmi moralmente e politicamente più controversi del sistema giudiziario americano: la pena di morte. Come già fatto in Juvies (2000) con Girlhood l'autrice ritorna a riflettere con estrema sensibilità e perizia sul sistema di giustizia minorile, esaminando i destini di due giovani ragazze, il loro percorso di redenzione e la grazia salvifica delle loro famiglie. In concorso al Tribeca Film Festival e al South by Southwest Film Festival, dove si aggiudica il Premio del Pubblico. LA Weekly lo definisce come "uno dei film più importanti del 2003". Nello stesso anno dirige l'intrigante The Nazi Officer's Wife con Susan Sarandon e Julia Ormond, avvincente storia d'amore tra un nazista ed un'ebrea, esplorando i temi di fede, famiglia e identità attraverso uno stratificato e ambiguo ritratto di donna.
Lavori recenti
Il 2006 è l'anno della collaborazione con Rosie Perez alla regia di Yo Soy Boricua, Pa'Que Tu lo Sepas! presentato al Tribeca Film Festival: proseguendo nella sua prospettiva di indagine storico razziale, analizza, col pretesto descrittivo dell'annuale steet parade portoricana di New York, il rapporto tra Stati Uniti e Puerto Rico attraverso le storie di comuni cittadini.
L'anno successivo, sulla scia del caso Terri Shiavo, Liz Garbus si sforza di trovare risposte lontano dai riflettori dei media in Coma, con un accesso senza precedenti al JFK Medical Center di Edison, nel New Jersey, racconta le storie emozionanti e spesso strazianti di quattro famiglie, la cura e il trattamento dei pazienti e il loro lento ritorno alla vita. Il biennio seguente è la volta di Shouting Fire: Stories From the Edge of Free Speech ovvero lo stato attuale della libertà di parola negli Stati Uniti post 11 settembre. Il 2011 si apre con la nomination dell'Academy Award per il film Killing in the name in veste di produttrice. Si tratta di un anno particolarmente prolifico in cui gira ben tre pellicole: There's something wrong with aunt Diane sul più disastroso incidente stradale d'America, Bobby Fischer against the world, sul migliore scacchista di tutti i tempi tra genio e follia, e Love, Marylin attualmente in post produzione, omaggio alla diva americana.