«I registi che mi hanno formato? Hitchcock e Kurosawa, in particolare. Tra gli italiani Visconti, Rossellini (Europa '51, Stromboli), i fratelli Taviani di Padre Padrone e Kaos. Senza dimenticare Resnais: Nuit et brouillard». Decisamente Gabriel Le Bomin non ha dei gusti troppo parigini. Nella prima metà degli anni '90 frequenta i corsi di "Ipotesi Cinema", la scuola di cinema diretta da Ermanno Olmi a Bassano del Grappa: «Ho cominciato a studiare e lavorare a "Ipotesi Cinema" in seguito ad un incontro in Corsica con il regista Mario Brenta, amico di Olmi. A Bassano ho imparato a desacralizzare la tecnica e a sviluppare la capacità di osservazione della realtà».
I frutti di quella fondamentale esperienza si vedono subito nella serie di cortometraggi a carattere storico-documentario che realizza a partire dal 1993, quasi sempre incentrati sulle problematiche della guerra: Rwanda, l'humanité nous appelle (1994) sulla guerra civile rwandese; La 2ème Guerre Mondiale et la France Libre (2000), un lavoro commissionato dal Presidente della Repubblica Chirac in occasione dell'apertura di un museo dedicato a Charles De Gaulle e alle Forze Francesi Libere. Realizza anche una ventina di documentari storici per il Musée du Service de Santé des Armées (1997) e per il Museo della Seconda Guerra Mondiale (2000), da ricordare in particolare La ligne Maginot. Ma Gabriel si interessa anche al ritrovamento del colosso di Tolomeo al largo di Alessandria d'Egitto (Le Colosse d' Alexandrie, 1999). Ha appena terminato Histoire de l'Armée Française, scandito in quattro capitoli (ciascuno di una cinquantina di minuti) che uscirà nel gennaio 2007 sulla Tv France 5. Ne presentiamo uno a Firenze.
Il cortometraggio di fiction Le puits (2001) costituisce una tappa importante del percorso creativo del regista. «È la storia davvero singolare di due soldati durante la prima guerra mondiale, un francese e di un tedesco che, senza capirsi (nessuno conosce la lingua dell'altro), decidono di fare la pace vicino a un pozzo dove cominciano a ritrovarsi tutti i giorni: si osservano, si studiano, prendono dell'acqua e se ne vanno senza mai scambiarsi una parola. Tutto procede bene sino al giorno in cui il soldato francese si addormenta e all'appuntamento ci va un altro...». Si sente che dietro questo breve film di fiction c'è un' approfondita documentazione storica: «Ho lavorato a lungo su documenti e documentari d'archivio, nutrendomi delle emozioni, delle impressioni e delle riflessioni che da essi scaturivano. Il lavoro sulle fonti storiche è stato di fondamentale importanza» racconta Le Bomin nell'intervista rilasciata ad Aldo Tassone, pubblicata più innanzi. Le puits gli procura numerosi riconoscimenti in festival europei e internazionali: New York Film Festival, Loches, Lisbona, Sète, Bilbao, Limoges...
Il successo di stima ottenuto da Le puits prepara la strada al lungometraggio Les fragments d'Antonin (2006), realizzato grazie anche al contributo della Fondation Gan pour le Cinéma e del GroupAma. «Come film d'esordio, Les fragments d'Antonin lascia senza parole», scrive Aldo Tassone. «Dai tempi di Resnais (Nuit et brouillard, Hiroshima mon amour) non si sono viste molte opere prime così originali ed emozionanti. Gli orrori della (grande) guerra di trincea rivista attraverso gli occhi sbarrati del "soldato Antonin Verset": il caos della vita in trincea e degli attacchi, lo shock delle esecuzioni dei disertori, la perdita dell'identità sono rappresentati con un'intensità sconvolgente, in un linguaggio frammentato che tenta con successo di restituire il delirio da "sindrome ossessiva" che colpisce il protagonista. Entriamo nel labirinto di una coscienza sconvolta, e questo viaggio interiore ci fa tremare le vene e i polsi. Si stenta a credere che l'autore di questo originale, straziante film epico-intimista sia un esordiente. Ha fatto bene Le Bomin a frequentare la scuola di Bassano del Grappa creata dal grande rosselliniano Ermanno Olmi».
Da France Cinema 06