Francis Girod ha sempre raccontato il mondo mettendo da parte il coraggio e l'altruismo dei francesi, scegliendo volutamente il grottesco e il cinismo e ben attento a non inciampare nella retorica dei valori più tradizionali. Uno dei registi più politicamente scorretti che la Francia abbia mai avuto fra le sue file. Magniloquente ed eccessivo, agguerrito contro la visione sociale della sua patria, con le sue pellicole ha lasciato un messaggio sorprendentemente basico: il mondo è un incastro di paradossi, dove i valori ultratradizionali della nazione sono sì tanto decantati, ma poco seguiti e a volte anche traditi.
A otto anni, dopo la separazione dei genitori, Francis Girod partì con la madre per Bruxelles dove, adolescente, cominciò a lavorare come attore teatrale e per la radio. A 18 anni, lascia il Belgio e si trasferisce a Parigi. Lì, si iscrive a un corso di giornalismo.
Il debutto nella settima arte è come factotum nella commedia Les Culottes rouges (1962) di Alex Joffé, poi diventa assistente di Vadim per La calda preda (1966) con Jane Fonda e perfino con il nostro Francesco Maselli in Fai in fretta ad uccidermi... ho freddo! (1967). Sceneggiatore, ma soprattutto produttore, lo stesso anno offrirà il suo contributo al regista Jacques Rouffio per la sua prima opera Orizzonte rosso. A quell'epoca, lavorava anche come scrittore ("Dim dam dom" e "En toutes lettres" sono le sue opere migliori) e svolgeva il lavoro di critico cinematografico nella rivista "Le Nouvel Observateur".
Sceneggiatore, proprio insieme al suo vecchio amico Rouffio, del suo primo lungometraggio Il trio infernale (1974), una commedia corrosiva con i popolari Michel Piccoli e Romy Schneider, che gli permetterà di avere un grosso successo e proseguire con Tre simpatiche carogne (1976) con Depardieu, Piccoli e l'indimenticabile ex-Emmanuelle Sylvia Kristel (ma anche i nostri Riccardo Garrone e Orchidea de Santis), ma soprattutto con lo scandaloso La banchiera (1980), Il grande fratello (1982), Scandalo a palazzo (1983) e Discesa all'inferno (1986). Un universo filmico che usa dei soggetti scottanti come la colonizzazione, l'immigrazione, il pericolo del potere, l'adulterio, sempre provocando.
In tutta la sua carriera, ha diretto i più internazionali attori francesi: da Catherine Deneuve a Sophie Marceau, da Trintignant a Rochefort, fino a Serrault. Poi nel 1996, in Italia arriva il suo psicanalitico Transfert pericoloso, con Daniel Auteuil e Anne Parillaud, il film passa quasi inosservato. Molto attivo anche nella regia di film tv, è stato diretto a sua volta dal grande Bernard Tavernier in Legge 627 (1992), nel ruolo del padre della sposa.
Il suo ultimo film, prima che la morte con un infarto lo colpisse a 61 anni (mentre si trovava in una camera d'albergo), è l'inedito thriller Un ami parfait (2006) con Carole Bouquet, ambientato nel mondo dell'industria agro-alimentare.
Muore così il famelico mostro scatenato, capace di inghiottire eventi e persone e di rigettarle in un racconto grottesco che, sulla pellicola, diviene un piccolo gioiello filmico intriso di humour nero, popolato da personaggi spietati ma verosimili, a dispetto dell'uguaglianza, della fraternità e della libertà che rendono la Francia, lo Stato più democratico d'Europa... Per Girod, la sua nazione era "un monde grotesque".
