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Jane Campion

Jane Campion è un'attrice neozelandese, regista, produttrice, scrittrice, sceneggiatrice, è nata il 30 aprile 1954 a Wellington (Nuova Zelanda).
Nel 2022 ha ricevuto il premio come miglior regia al Golden Globes per il film Il potere del cane. Dal 1994 al 2022 Jane Campion ha vinto 9 premi: BAFTA (2022), Critics Choice Award (2022), Directors Guild (2022), Festival di Venezia (1996), Golden Globes (2022), Premio Oscar (1994, 2022), Satellite Awards (2022). Jane Campion ha oggi 70 anni ed è del segno zodiacale Toro.

Qualcuna è perfetta

A cura di Fabio Secchi Frau

Si considerano maestri solo quelli che hanno una filmografia molto corposa a volte. Chi invece con pochi titoli ci fa ridere o piangere, o pensare, arrabbiare o dubitare, non viene considerato meritevole di questa settima nobile arte. Eppure, per Jane Campion, è obbligatoria una definizione: è un genio. Un genio dalle sembianze femminili e cattivo che ci rende migliori. Un genio che rischia di essere dimenticato proprio per la sua limitata produzione di "miracoli". Invece, la Campion è uno dei tanti grandissimi del cinema, al quale sta capitando di essere sottovalutata solo perché dirige ciò che sente esclusivamente come suo. È la meccanica del business e anche della Storia del cinema: se non sei Steven Spielberg e non hai diretto più di 20 film non meriti di essere ricordato. Invece, questa bella signora neozelandese se la cava con elogi e lodi in quello che è uno dei mestieri più difficili del mondo, portando la scostumatezza dei pensieri e delle vite in drammi di frustrazione e depressioni. Le sue protagoniste vengono innalzate a regine dalla loro generale condizione di persone tristi, perché vivono con l'incubo di conoscere il momento in cui improvvisamente vedranno la verità e dovranno prendere la decisione di perseguirla o meno, magari con il rischio di cadere nel vuoto. E la loro vita, in questo secondo caso, diverrà l'impietosa dimostrazione di un'esistenza dispersa. È lucida e tagliente quando riesce a non mostrarci il meraviglioso scontro che avverrà fra Nicole Kidman e John Malkovich in Ritratto di signora (1996), lasciandoci supporre che il viscido e ambiguo Osmond, padre affettuoso e illustre della giovanissima Pansy (interpretata in maniera lungimirante dalla nostra Valentina Cervi), avrà finalmente ciò che si merita da Lady Archer, impegnata nell'ultima scena, in una corsa verso la libertà da quei salotti asfittici e austeri, ma soprattutto ipocriti. Cosa c'è di più geniale di questo? Di più irresistibile. È intelligenza allo stato puro di una cineasta di razza che non frequenta molto spesso il cinema, ma che con molta introspezione psicologica si è avvicinata ai maestri europei, anche pittorici. Da qui parte la disciplina della messa in scena della Campion che conduce, per attitudine, lunghi discorsi in modo ellitico e amministra grandi spazi aperti con intatta originalità, assicurando cura e palpitazioni. Il suo cinema, a detta di molti critici italiani, è convenzionale. Stupidaggini. La Maestra (perché di Maestra si tratta, è bene dirlo forte e chiaro), le sue pellicole, i suoi personaggi sono pieni di soprassalti e i risultati di quest'arte sono opere ineccepibili, cinematiche, piene di quadri in controluce, dove si va e si viene fra il racconto in costume e i nostri giorni, dove si fa estrema attenzione all'equilibrio cromatico, che attinge figurativamente a suggestioni artistiche che sono la sua fondamentale dottrina. Per di più, si dà libero sfogo alla sessualità, espressa con gesti semplicissimi, dove un polpastrello che sfiora la carne in una calza bucata diventa eccitante come annusare una ciocca di capelli. Il sentimento recupera la sua centralità, assieme all'intensità della passione e del cuore che non lascia indifferenti gli spettatori, i quali si accoppiano con i protagonisti, in approcci carnali brucianti, umidi e sudati. Non c'è demerito. Non è vero che sono film troppo lambiccati, non del tutto riusciti. La Campion ci trasporta in universi femminili interessanti, fastidiosi per i ben pensanti che per i suoi titoli riversano solo ostilità e censure. Ci dispiace che molti grandi uomini che scrivono di cinema, non si accorgano del fatto che la regista sta confermando la sostanziosità e il coinvolgimento del suo operato. Non è una caduta plateale in trappole di un cinema banale e insulso, perché le sue capacità formali sono impeccabili e il corpus pruriginoso e voyeuristico dei suoi racconti trovano una conciliante soddisfazione in quello che è il suo stile. Spesso si è puntato sulla messa in scena di pratiche sessuali, consuete, modeste o perverse, ma questa è solo una parte di ciò che la Campion ha dato al cinema: ci ha regalato l'irrequietezza, lo spiazzamento, i frammenti di uno spirito insicuro, grottesco e sventurato, che sconfina in momenti di tenerezza legati all'evocazione di un dolce ricordo fotografato con povertà quasi improvvisata. E non è abbastanza per rendere questa regista una Maestra?

Il primo cortometraggio da Palma d'Oro
Nata a Wellington, in Nuova Zelanda, figlia della scrittrice Edith Campion e del regista teatrale Richard Campion, cresce assieme a sua sorella Anna (anche lei futura regista). Si laurea in antropologia alla University of Wellington nel 1975, poi si iscrive al Sydney College of Arts, ultimando la sua istruzione con la laurea nel 1979 e con un lungo viaggio in Italia, durante il quale apprenderà l'arte a Venezia e imparerà la nostra lingua a Perugia. È un momento felicissimo per la Campion, che tornata nel continente oceanico, inizia la sua carriera di regista durante i primi Anni Ottanta, quando frequenterà l'Australian School of Film Television and Radio School. Il primo esperimento cinematografico è il cortometraggio in Super 8 Tissues, proprio diretto durante questo periodo. Di seguito verrà il cortometraggio An Exercise in Discipline - Peel (1982) che le permetterà di vincere la Palma d'Oro al Festival di Cannes, Passionless Moments (1983) diretto con Gerard Lee, Mishaps of Seduction and Conquest (1984), A Girl's Own Story (1984) e After Hours (1984). I lavori per il piccolo schermo riguardano invece la serie tv Dancing Daze (1986) diretta assieme ai colleghi Ron Elliott, Peter Fisk e Geoffrey Nottage e il bellissimo film per la tv Le due amiche (1986).

Un angelo alla mia tavola
Nel 1989, finalmente debutta sul grande schermo con il bulimico Sweetie, anche se è con Un angelo alla mia tavola (1990), basato sulle autobiografie di Janet Fame "To The Is-Land", "Un angelo alla mia tavola" e "The Envoy from Mirror City" che sbalordisce pubblico e critica. La pellicola incentrata sulla salvezza di una poetessa attraverso il suo amore per la letteratura, che originariamente è conosciuta in Australia come una miniserie, viene riunita in un unico prodotto e presentato a varie manifestazioni vincendo il premio Elvira Notari, l'OCIC Award, il Filmcritica Bastone Bianco, il Gran Premio della Giuria e il Piccolo Leone d'Oro al Festival di Venezia.

Il capolavoro: Lezioni di piano
Lezioni di piano (1993) con Harvey Keitel, Sam Elliott, Holly Hunter e Anna Paquin, è il suo capolavoro. Un melodramma ottocentesco raffinato e suggestivo che vede come protagonista la muta Ada, vedova con figlia, costretta per motivi di matrimonio d'interesse familiare, a sposare uno sconosciuto, trasferendosi con lui in un'isola perduta in Nuova Zelanda. Innamorata del proprio pianoforte, potrà soddisfare il suo desiderio di suonarlo, solo facendo tutto ciò che un rozzo Keitel le chiederà. Finirà per innamorarsi di lui, tradire il neo marito fino a farlo uscire di senno. C'è genialità e originalità in quei dialoghi e in quei personaggi che si sono meritati a ex-aequo la Palma d'Oro al Festival di Cannes per il miglior film. La Campion dà vita a un contorno di magnifici sentimenti sessuali e romantici che riempiono l'isola dove la storia si svolge, facendo della sua Ada una guerriera silenziosa capace, come gli uomini, di lottare con sana cattiveria (ingrediente necessario nei suoi capolavori) contro l'odio, il rancore, il passato che ritorna, gli inganni, i cinismi. La regista stringe con orgoglio l'Oscar per la migliore sceneggiatura originale e, con una nomination come miglior regista, entra nella storia diventando la seconda donna a ricevere quella candidatura (la prima è stata la nostra Lina Wertmüller per Pasqualino Settebellezze nel 1975). Fra BAFTA Golden Globe e César entra definitivamente nel mito e diventa uno dei maestri di cinema.

Ritratti di signore
Nel 1996, si avvicina forse a colui che è il suo corrispettivo letterario, l'ottimo Henry James dal quale traspone liberamente il romanzo omonimo Ritratto di signora con Nicole Kidman e John Malkovich. È un film perfetto sotto tutti i punti di vista, così come è perfetto anche Holy Smoke - Fuoco Sacro (1999), ancora con Harvey Keitel nella parte del seduttore e ancora una volta vincitore del premio Elvira Notari.

Il ritorno dopo la pausa
Dopo anni e anni di assenza, la Campion torna sul grande schermo con il thriller erotico efficace e dalla livida fotografia In the Cut (2003), ripescando una dimenticata Meg Ryan protagonista di una storia di degrado morale, etico ed estetico che non piacerà a molti. Del film si discute moltissimo per i suoi nudi integrali e le scene di sesso esplicito, in pieno stile Campion fra l'altro, ma per molti non è un successo.

I film collettivi
Negli anni successivi, diventa giurata al Festival di Venezia del 2007, e lavora soprattutto in film collettivi: The Water Diary (2006), A ciascuno il suo cinema (2007) e Cinema 16 - World Short Films (2008). Un altro lungometraggio diretto è Bright Star (2009) che racconta una storia d'amore del poeta John Keats e con cui riconferma i salti di tono e di registro che sono tipici del suo cinema degli antipodi. Dopo molti anni, e dopo aver diretto la miniserie Top of the Lake, nel 2021 presenta alla Mostra del Cinema di Venezia il nuovo film, Il potere del cane, grazie al quale vince il premio Oscar per la miglior regia.

La carriera di produttrice
Ma la Campion è anche produttrice di numerose pellicole australiane, fra le quali spicca Soft Fruit (1999), sottolineando anche in questo mestiere che va molto più dell'apparenza e della commercialità.

La vita privata
Per quanto riguarda la sua vita privata, la Campion sposa nel 1992, l'aiuto regista Colin Englert. Dalla relazione, che poi terminerà con un divorzio, nasce prima Jasper, morto dopo 12 giorni dalla nascita, e poi Alice.

Ultime considerazioni
Di impianto classico, visionaria e originale, la Campion immerge lo spettatore in una dimensione profonda ed emozionante, piena di tocchi bizzarri e ossessioni amorose. Un modo di dirigere che è la zampata di una regista moderna sul cinema e sui suoi monumenti, omaggiando affettuosamente sofferenza e forza taumaturgica dell'immaginazione. Non si può negare la sensibilità che restituisce la catarsi agli animi affannati femminili delle sue protagoniste, eroine quasi greche albergate dal dolore e dalla sua cognizione. Quale altro regista ha così buone capacità nel tratteggiare caratteri e ambienti? Chi ne ha delineato meglio sogni, pulsioni, ossessioni, senza mai dimenticare la propria personale visione del mezzo tecnico che diventa femminile, ma mai femminista? Una donna che emerge dal nulla degli Anni Ottanta, abbastanza colta e intelligente da non cadere nella trappola dei facili schematismi intimisti, tentando di inquadrare personalità di essere umani al di dà dei loro insuccessi, del loro aspetto goffo, dei loro handicap, ma sempre tesi versi la realizzazione di un sogno che tormenta e attrae in una società contorta che li ferisce, li rende vulnerabili, li mette a confronto gli uni con gli altri. Ci ha trascinato a terra con le elementari pulsioni di Harvey Keitel e di Kate Winslet in Holy Smoke, ci ha appassionati con la figura nera di Holly Hunter e della sua bianca figlia Anna Paquin che ricordava vocazioni poetiche brontiane in Lezioni di piano, ci ha condannati a sognare impulsi vitali come quelli che abbiamo visto, con ferocia e una logica inconciliabile con l'anima. Jane Campion, insomma, ci ha resi migliori.

Ultimi film

Drammatico, (Francia - 2008), 103 min.
Thriller, (USA - 2003), 120 min.
Drammatico, (USA - 1996), 135 min.

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sabato 2 ottobre 2021
Pedro Armocida

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