Quando agli inizi del 1913 Pauline Frederick accettò il ricco contratto offertole dalla Famous Players Film Co., la casa di produzione che vantava di avere più stelle di quante ve ne fossero nel firmamento celeste, l'attrice aveva già alle spalle una brillante carriera teatrale iniziata agli albori del secolo, e che l'aveva portata ad essere una delle più celebri protagoniste dei palcoscenici nordamericani. Desse Lasky, il patròn della Famous Players, aveva convinto la Frederick ad interpretare The Eternal City, un romanzo dell'inglese Hall Caine, divenuto anche una pièce di successo sui palcoscenici londinesi, con l'accordo che il film sarebbe stato girato a Roma. La troupe giunse in Italia nel tardo autunno del 1913; dopo aver ripreso una parte del film a Londra, a Roma si limitò ad una panoramica dei più storici luoghi, preferendo ricostruire tutta la parte che si svolge in Vaticano (che aveva negato il permesso per le riprese) negli studi statunitensi, confezionando in loco le divise delle guardie svizzere e tutte le scenografie sacre.
A rileggerne la trama, Eternal City appare un inenarrabile pasticcio con al centro una tale Donna Roma (Frederick), amante di un primo ministro corrotto che verrà smascherato da un leader socialista; non manca una guardia papale che diventa Papa, rifugiati politici e quant'altro. In Italia il film è rimasto ovviamente inedito, mentre in America riscosse un enorme successo e la Frederick accettò volentieri di interpretare Bella Donna (1915), un romanzo di Robert Hichens che Alla Nazimova aveva trasformato in lavoro teatrale e portato al successo tre anni prima. Il film avrebbe dovuto essere girato in Egitto, giacché la storia era ambientata in buona parte su sfondi sahariani; poi, a causa della guerra in Europa, la trasferta venne annullata e per gli esterni vennero utilizzate alcune zone desertiche della Florida. Attrice dalla gestualità sfumata, dalla recitazione limitata a melanconiche occhiate e un leggero fremito, Lubitsch la ricorda come una delle più pazienti e professionali attrici con le quali gli capitò di lavorare: «Il suo incedere solenne, il suo sguardo profondo ne facevano un'attrice tragica di passionale e straordinaria espressività». «La sua sensibilità emozionale - ricorda Kalton Lahue - la spingeva a dare il meglio di sé alla prima ripresa; ogni eventuale retake la portava a disperdere il calore recitativo, diminuendo la intensità del suo apporto».
Nel 1920, alla soglia dei quarant'anni, interpretò Madame X, quello che verrà poi giudicato il suo miglior film: tratto da un cupo melodramma di Alexandre Bisson, Madame X è la storia di una donna non più giovanissima, ingiustamente sospettata di tradimento dal marito e che andrà incontro ad una sempre maggiore degradazione, una vera discesa agli inferi fino alla straziante morte negli ultimi fotogrammi. Dopo questo film, Pauline ripeté più volte ruoli di mature signore predestinate a tormenti sentimentali, generalmente avviati al fallimento, ma non venne mai meno a quella sua recitazione dalle tinte attenuate, dalle lievi nuances. La si veda in Let No Man Put Asunder (Catene del cuore,1924) o nel bellissimo Smouldering Fires (La donna che amò troppo tardi, 1925).
Pur essendo attivissima durante tutti gli anni Venti nel cinema, la Frederick non abbandonò mai del tutto il palcoscenico, sul quale continuò sino alla morte, sopraggiunta in ancor giovane età, a raccogliere gli applausi di un pubblico che ne aveva fatto una delle sue beniamine.

Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.