Impedibile caratterista, altrettanto raro nella bravura sopra il palco. Questo fu Sam Jaffe: una rassomiglianza terribile con Albert Einstein, ma uno sguardo truce dietro gli occhiali da vista.
Nato come Shalom Jaffe e, com'è facilmente intuibile dal nome, da una famiglia ebrea, fin da bambino apparve in produzioni teatrali yiddish, anche perché sua madre fu un'attrice di palcoscenico abbastanza nota. Dopo avere frequentato il City College di New York, si iscrisse alla Facoltà di Ingegneria della Columbia University, laureandosi a pieni voti. Insegnò matematica in quella stessa facoltà per molti anni, poi nel 1915, decise di dedicarsi alla recitazione (forse perché i geni materni ebbero il sopravvento) e così entrò nella compagnia del Washington Square Players, diventando particolarmente attivo a Broadway a partire dal 1918, anno in cui debutto nella piece "Youth" che rimase in cartellone fino al 1920. Sei anni più tardi, sposò Lillian Taiz, della quale rimase vedovo nel 1941. Fino alla metà degli anni Trenta, recitò in ben 21 drammi a Broadway. Attore di metodo, definito, fu particolarmente ricercato per la qua particolare chioma riccia che sembrava copiata da Harpo Marx.
Il suo esordio cinematografico è niente meno che con Marlene Dietrich nella pellicola storica di Josef Von Sternberg L'imperatrice Caterina (1934), seguita lo stesso anno da Resurrezione di Rouben Mamoulian, con Frederic March. Fortemente voluto da Frank Capra per la sua pellicola fantastica Orizzonte perduto (1937), nel 1939 venne diretto da George Stevens nel film d'avventura Gunga din. Desideroso di confrontarsi con altri generi, sarà: un sindaco per Henry Hathaway ne 13 Rue Madeleine (1947), un professore per Elia Kazan ne Barriera invisibile (1947) e un dottore ne Delitto senza peccato (1947) e La corda di sabbia (1949) di William Mieterle. Poi, nei panni del cervello di una gang criminale della pellicola Giungla d'asfalto (1950) di John Huston, otterrà l'inaspettata candidatura all'Oscar come miglior attore non protagonista, ma soprattutto la Coppa Volpi al Festival di Venezia come miglior attore.
Caratterista dalle mille risorse, dopo essere apparso ne Ultimatum alla Terra (1951) di Robert Wise, entrerà però nella lista nera del senatore McCarthy che segnerà in modo cruciale il resto della sua vita. La sua carriera verrà distrutta dal furore anti-comunista della politica di allora e Sam Jaffe venne ripudiato dai grandi Studios di Hollywood, anche se in realtà questo attore americano fu piuttosto liberale. A proteggerlo per tutto questo tempo, il produttore Julian Blaustein e il capo della 20th Century Fox, Darryl Zanuck. Con la caduta di questo regime anti-comunista Sam Jaffe, torna immediatamente alla ribalta: prima sposa l'attrice Bettye Ackerman nel 1956, poi recita per Henri-Georges Clouzot ne Le spie (1957).
John Huston lo ridirigerà ne Il barbaro e la geisha (1958) accanto a John Wayne, ma sarà William Wyler a inserirlo nel più grande kolossal di tutti i tempi: Ben Hur (1959) nel ruolo di Simonide. Con l'avvento della televisione, il salto sul piccolo schermo sarà automatico: "Bonanza", "Batman", "Alfred Hitchcock presenta...", "Due onesti fuorilegge", "Le strade di San Francisco", "La donna bionica" e "Love Boat". L'alternanza con il tubo catodico avviene con Una guida per l'uomo sposato (1967) di Gene Kelly, alcuni mediocri film dell'orrore inediti in Italia e la partecipazione a Pomi d'ottone e manici di scopa (1971), nel ruolo di un oscuro e quanto mai stregonesco librario di Portobelle Road.
On the Line (1984) di José Luis Borau e David Carradine, sarà la sua ultima caratterizzazione di un intellettuale, prima di morire di cancro.